26-12-2019
FUTURE TRAIL
"Secrets Of The Mind"
(autoproduzione)
Time: CD (56:08)
Rating : 7.5
Arriviamo con un po' di ritardo a parlarvi del terzo album dei tedeschi Future Trail (che usciva verso la fine di febbraio), ma lo facciamo con piacere, poiché l'attesa per un nuovo full-length del duo formato da Mel (voce) e René (musiche), intervallata solo da un EP e qualche singolo digitale, durava ormai da dieci anni. Era infatti il 2009 quando usciva il valido "Breaking New Ground", album che segnava il passaggio dietro al microfono della singer Mel e che sembrava aprire una fase importante per l'act tedesco, che però mancò di replicare in tempi brevi. Desiderosi di recuperare il tempo perduto, i Nostri optano per l'autoproduzione (in sole 300 copie), tornando sul mercato con un lavoro convincente già dalla veste grafica e molto ben riuscito in virtù di un'elettronica che abbandona certe inflessioni EBM del passato per farsi più ricercata e filmica, grazie all'ottimo lavoro in fase di arrangiamento e costruzione delle melodie di René, perfetto per esaltare la voce algida ma tutt'altro che priva di passionalità di Mel. Archiviata l'introduttiva "Departure", l'album entra nel vivo con la groovy ed elegante "Age Of Dust", memore dei Kirlian Camera più recenti e subito in grado di mostrare la grande cura nei dettagli e nei suoni che caratterizza il songwriting, peculiarità che esalta soprattutto le ottime porzioni strumentali di un lavoro decisamente ben prodotto. Quella del duo è una scrittura che denota passionalità (l'intensa "Liberty", la raffinata "Natural Matters", la tesa "Whisper My Message" ed il morbido atto finale "Sad Life Plays A Melody", forte di ottimi orpelli sinfonici), grande eleganza (la già nota "Move And Turn", presentata nel 2017, e "Smart Window") e finanche sensualità ("Cut"), ma che non manca di sfoderare anche una certa energia (la penetrante "The Wildest Part", che vede Mel duettare col singer dei Vanguard, Patrik Hansson, e la solida ed incisiva "Shelter"), memore degli esordi del progetto. Bene anche il triste strumentale pianistico "Delight" ed una più soave "Lifespan" che piace per il suo groove educato, in un album che funziona nella sua interezza e che ci riconsegna un act in buonissima forma, pronto ad affrontare le sfide future con la giusta sicurezza nei propri mezzi. Bentornati.
Roberto Alessandro Filippozzi
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