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Room 109

24-09-2007

DUST EATER

"Dozen Of Cans"

Cover DUST EATER

(Autoproduzione)

Time: (39:05)

Rating : 6

Marco Grosso, autore che Darkroom Magazine ha avuto il piacere di intervistare qualche tempo fa, dà vita ad un nuovo progetto che esula totalmente dalle sue precedenti creature (per la cronaca Marco è anche la mente nascosta dietro ad Ouroboros, Apotheke, Mannequin, Mind Infinity e Alhambra). "Dozen Of Cans" è un lavoro incentrato sulla registrazione e manipolazione di suoni e rumori presi dalla vita quotidiana e dalla natura, un'operazione che è stata fatta già molte volte in passato, sin dalla fine degli anni '70 in ambito industrial e prima ancora con la 'musique concrète'. Nel caso di Dust Eater va innanzitutto sottolineato che il concetto di intrattenimento audio si perde in quasi tutte le tracce, e rimane unicamente il gusto per la sperimentazione: da questo punto di vista emerge a tratti il limite di un effetto 'sovrapposizione' tra i vari rumori, e la troppa carne al fuoco comporta dei rischi (ad un certo punto arriva il 'suono' di un asciugacapelli che strappa qualche imprevisto sorriso!). A mio dire l'effetto principale dell'opera è quello di riuscire a trasmettere il senso di caos e frenesia propri della vita moderna e di concentrare in un CD ciò che ci pulsa attorno quotidianamente, schiacciando e comprimendo insieme suoni meccanici e suoni naturali, rumori sia rilassanti che sgradevoli. Delle cinque tracce presentate, una è la cover della celebre "Shake The Disease" dei Depeche Mode, e questo brano di ben 17 minuti è probabilmente il più riuscito del dischetto: Marco elimina in modo pressoché completo i riferimenti al pezzo originale per creare un sound compatto (fatto che non avviene, purtroppo, negli altri brani), dal sapore amabilmente artificiale e dall'incedere inquietante e triste. L'ascolto dei restanti pezzi costringe invece ad una costante perdita dell'orientamento dovuta all'eccessivo accumulo di materiale spesso non ben dosato, sebbene in qualche occasione (in particolare nella prima parte di "Permafrost") affiorino interessanti e ispirati accostamenti sonori. Se da un lato l'ascolto di "Dozen Of Cans" risulta molto complesso, dall'altro rimane seducente l'ambizione di tutto il lavoro. Consigliato solo a chi ama la sperimentazione più estrema (a tratti anche fine a sé stessa) e gode di un'ampia apertura mentale.

Michele Viali

 

http://www.marcogrosso.cjb.net/