29-03-2010
ADAM KULT
"Harsh Is Dead"
(Autoproduzione)
Time: (62:19)
Rating : 7.5
Dopo aver rilasciato il debutto eponimo nel 2007 sotto l'egida della Fear Section, divisione della Out Of Line capeggiata da Chris Pohl (Blutengel), i vicentini Adam aggiungono la parola 'Kult' al proprio monicker - onde risolvere problemi di omonimia e diritti vari detenuti da un'altra band - e tornano sul mercato con l'atteso follow-up, scegliendo di realizzarlo in proprio. Una scelta non certo avventata, poiché il trio nostrano si è costruito negli ultimi anni una solida reputazione che, a quanto pare, sta già dando i suoi frutti in termini di vendite, visto che la prima tiratura dell'album è andata presto esaurita. Forte dell'esperienza maturata sul campo, la band capitanata da Jeez torna quindi in pista con un lavoro dal titolo emblematico: "l'harsh è morto", come strillano spesso parecchi addetti ai lavori... Noi ci limitiamo a constatarne l'agonia, causata da troppi progetti senza né arte né parte, ma ci pare eccessivo decretarne la morte, poiché, oltre a lavori entusiasmanti ("God Of Hell" di The Retrosic, ad esempio, non è mica uscito quindici anni fa...) e newcomers che sanno il fatto loro, esistono fortunatamente progetti in grado di leggerne i dettami con forza ed efficacia, anche senza apportare modifiche a canoni consolidati. E qui sta il punto: anche gli Adam Kult non apportano grosse innovazioni all'harsh-EBM che ben conosciamo (pur facendo buono sfoggio di una sezione ritmica più agile e meno quadrata), ma di ciò se ne fregano, gridando il loro odio ed il loro disprezzo con più forza di prima, puntando tutto (o quasi) sulla propria furia sonora, esaltata da una produzione più corposa e piena rispetto all'esordio. Niente ricercatezze e soluzioni raffinate, dunque: solo la voce rabbiosa di Jeez, i vorticosi giri di tastiera di VdivA ed il drumming freneticamente danceable di Vulcan, componenti tradotte al meglio nelle nove canzoni (cui si aggiungono ben sei remix) che compongono "Harsh Is Dead", con picchi d'eccellenza rappresentati da momenti muscolari, furibondi e dinamici come "This Is Not America", "Let The Beat Take Control" e "F**k Them", tutti forniti di un groove capace di scatenare l'inferno sul dancefloor. Bene anche la cover di "Shut Your Mouth" dei cyber-metallers Pain, resa ovviamente in forma più danceable, mentre fra i remix si segnalano la stupenda rilettura industriale, macchinosa ed apocalittica di "F**k Them" ad opera di CeDigest, quella più trance-oriented di Nydhog per "Sky Raper" e l'ottima chiave melodica e pacata elaborata da Promised Eden per "This Is Not America". Un lavoro più maturo e solido del suo predecessore che accantona varianti e soluzioni fuori dagli schemi per sferrare un assalto di grande efficacia che, ne siamo certi, non farà prigionieri.
Roberto Alessandro Filippozzi
http://www.myspace.com/adamkult