12-01-2009
AT THE FUNERAL OF MY VIOLET RABBIT
"Scrutando Tra Ruggini Post-Industriali"
(Autoproduzione)
Time: (50:03)
Rating : 8.5
Sul finire del 2007 facemmo la conoscenza del progetto At The Funeral Of My Violet Rabbit, e già allora, con l'uscita del secondo CDr "Al Funerale Del Mio Coniglio Viola", vi segnalammo l'artista triestino Morgan come uno dei nomi nuovi più interessanti del panorama ambient nazionale... Nel frattempo ci sono state un paio buone di uscite su compilation (la nostra, sempre scaricabile gratuitamente nell'apposita sezione, e l'ottima "Nikolaevka" della Palace Of Worms), e pian piano questo one-man-project dal curioso monicker ha cominciato a farsi conoscere nella cerchia dei seguaci delle sonorità oscure, senza però rimediare un adeguato contratto con alcuna etichetta di settore... Di qui la necessità di optare nuovamente per l'autoproduzione, che nel caso specifico consta di un CDr splendidamente confezionato in formato A5, con un bellissimo artwork a tema curato ancora una volta dall'artista Aaron Nagy. "Scrutando..." è da considerarsi un album ufficiale a tutti gli effetti, come tiene a farci sapere il suo creatore, ed anche stavolta dobbiamo rifarci alle sue stesse parole per introdurre degnamente l'opera: "L'intento del nuovo album è quello di rappresentare la sporcizia che pian piano si ammonticchia negli angoli delle strade, nella nostra vita e nelle nostre menti, arrugginendole. Si colloca in un futuro prossimo dove la non razionalità e l'ipocrisia avranno distrutto il nostro stile di vita attuale riducendoci a banchettare con gli avanzi di un'era industriale che ci avrà sterminato. Niente bandiere, schieramenti politici o ideologici, solo il naturale istinto di autoconservazione potrà strapparci alla fine, rendendoci pazzi, disillusi, persi tra i corpi carbonizzati dei nostri cari a guardare un sole nero levarsi all'orizzonte. Trascineremo i piedi per le strade ricoperte di cenere, guardando la nostra immagine deforme riflettersi in una pozza d'acqua sporca. Le urla strazianti dei viventi ci faranno sobbalzare e rabbrividire più di quanto possa fare la vista di un cadavere di una bambina. Forse tutto questo non accadrà mai o, forse, è già accaduto." Parole che introducono alla perfezione il nuovo lavoro, che si apre con le cupe trame ambientali di "1983", dove un campionamento del Führer si rivela funzionale al feeling ricercato dal brano stesso; "Skeleton Boy" parla anch'essa il linguaggio della dark ambient, base ideale per il suggestivo sussurrato di Morgan, prima che il pezzo si animi con beat e melodie tenui, squarciate da una voce distorta estremamente severa. Il songwriting si rivela nuovamente ricco di soluzioni flebili ma efficaci, che parlano di un profondo disagio sempre sottovoce, delineando perfettamente il quadro d'insieme fornitoci dallo stesso Morgan, disperata testimonianza di chi ha saputo cogliere quel qualcosa che la stragrande maggioranza degli individui non coglie o nasconde a sé stessa, fingendo che non esista: nascono così momenti che toccano profondamente come la plumbea "Cheyne Stoke Breathing", le cui tenui melodie fluttuano con infinita leggerezza, oppure "Blind Monkey In A Cage", capace di pulsare lievemente come un respiro che si spegne... Fra la pioggia di ruggine emerge un suono dolce, appena prima che l'incedere si faccia macchinoso e sinistro: è "Life and Death Of Ludwig Kristiansen", piccolo gioiello seguito degnamente dal tenue manto elettronico di "L'Esodo Dei corpi Senza Nome Pt. 1", brano dal feeling quasi liturgico. La chiusura è affidata alla struggente "Voice Of Hibakusha", fra note di violino, sussurri e samples vocali sempre ottimamente integrati: tutte caratteristiche importanti all'interno di un suono che Morgan ha sviluppato con personalità, rifinendo con indubbia classe uno stile assolutamente ammirevole grazie all'ottimo lavoro svolto in fase di produzione. Quello di At The Funeral Of My Violet Rabbit è un suono già maturo, pregiato, capace di emozionare e ricco di sbocchi creativi: Morgan ha scelto la difficile ma onorevole strada della ricerca di uno stile il più possibile personale e slegato dai logori cliché del settore, ed ha vinto la propria sfida, anche se paradossalmente (o forse no) nessuna label sembra essersene accorta... Forse il destino non riserverà mai pienamente all'artista triestino i riconoscimenti che merita (noi ci auguriamo l'esatto contrario, ovviamente), ma ciò non intaccherà di una virgola l'inconfutabile valore oggettivo della sua arte.
Roberto Alessandro Filippozzi
http://www.myspace.com/atthefuneralofmyvioletrabbit