28-07-2008
KLIMT 1918
"Just In Case We'll Never Meet Again"
(Prophecy/Audioglobe)
Time: (50:11)
Rating : 7
Un gentile e traslucido leit motiv di chitarra, rubato con scaltrezza allo shoegaze dei tempi che furono, ci introduce all'ascolto di "Just In Case We'll Never Meet Again", terzo tassello discografico dei Klimt 1918, indubbiamente il capitolo più sognante e nebuloso della loro (finora) breve ma intensa carriera, iniziata ufficialmente nel 2003 con la pubblicazione del primo full-length "Undressed Momento". La band dei fratelli Soellner, portavoce insieme ai concittadini Novembre del sempre più attivo panorama musicale romano, cerca in tutti i modi di non deludere le grandi aspettative generate dall'acclamato "Dopoguerra" (album del 2005 sospeso tra umori wave e folgorazioni simil-metal immerse in un mare di melodie romantiche e palpitanti), rafforzando l'orecchiabilità dei propri ritornelli (grazie anche alle prestazioni di un frontman di tutto rispetto) e sacrificando qualche buona intuizione ritmica del passato in favore di strutture più fruibili e di un appeal 'alternative' (non sono rari i rimandi a Dredg, Interpol ed Editors) ma discretamente radio-friendly, nel probabile tentativo di espandere la propria fama anche al di fuori dei confini, talvolta angusti, di quella scena che li ha supportati in tutti questi anni facendoli salire agli onori della cronaca internazionale. Nato come album-tributo nei confronti degli anni d'oro del rock e di tutti coloro che ebbero la fortuna di crescere in quel periodo di forte creatività (da notare a tal proposito il sottotitolo del disco, "Soundtrack For The Cassette Generation"), "Just In Case We'll Never Meet Again" finirà inesorabilmente per diventare un arma a doppio taglio per il quartetto capitolino, garantendogli l'allargamento della propria schiera di fan, ma tradendo, allo stesso tempo, la fiducia di tutti coloro che si auguravano di trovarsi tra le mani un vero e proprio masterpiece. L'ascolto prosegue infatti in maniera fin troppo tranquilla per gli standard ai quali i Nostri ci hanno abituati, tra spunti melodici mediamente buoni ("Skygazer", "Ghost Of A Tape Listener") e pochissimi brani realmente emozionanti ("Just An Interlude In Your Life" su tutti), assestandosi spesso su evitabili punti morti, soprattutto nella seconda metà dell'album, piena di autocitazioni, forzature ed episodi privi di mordente che sembrano presagire il definitivo affievolimento dell'ispirazione di un tempo. Credeteci, considerati i loro notevoli trascorsi, sarebbe piaciuto anche a noi acclamare a gran voce i Klimt 1918 come la rock band italiana più promettente del momento, ma, trovandoci di fronte ad un disco buono ma tutt'altro che impressionante, dobbiamo rassegnarci a rimandare la prova del nove al prossimo lavoro in studio, sperando che i Nostri sappiano ritrovare una volta per tutte la dinamicità e la convinzione degli anni passati. Quello che vedete qua sopra - purtroppo - appare come un voto fin troppo basso, se rapportato alle effettive potenzialità compositive ed espressive di questi musicisti...
Marco Belafatti