25-02-2008
WE WAIT FOR THE SNOW
"Lullabies From Our Dreams"
(Final Muzik)
Time: (48:25)
Rating : 7
Andrea Penso, mente del progetto ambient Selaxon Lutberg, dà vita, insieme a Simone Zuccolin, ad un nuovo e interessante nome: We Wait For The Snow. Le atmosfere malinconiche legate alla natura e all'interiorità permangono anche nel nuovo act, ma vengono sviluppate in modo diverso e sicuramente più innovativo rispetto a quanto fatto con Selaxon Lutberg: questo CD d'esordio racchiude una sorta di poetica delle piccole cose quotidiane, ottenuta grazie a tutto un complesso di suoni e rumori sviluppati a partire da oggetti non musicali, usati come percussioni o come sottofondo. In sovrimpressione si delinea l'ossatura dei brani tramite una melodia tenue creata con una strumentazione acustica (a base di chitarra, flauto e fisarmonica) o elettronica, la cui peculiarità è di avere sempre una morbidezza sonora che trasmette un leggero brivido di malinconia. Tra i momenti migliori spicca la ballata acustico-negativa con venature neofolk "Forgotten Lovers": un brano che guarda indietro a tutta una tradizione musicale del passato, ma in grado di dare emozioni forti grazie anche a un'interessante resa lo-fi; "Centre Of Wood" (a mio parere il momento più elevato dell'album) si adagia invece su di un tema armonico insistente e deprimente capace di ricordare i suoni di "Sleep Has His House" dei Current 93, e ciò la dice lunga sulle finalità dell'album. Accanto ai rumori generati da oggetti svetta senz'altro l'uso della chitarra acustica, segnata da un'esecuzione minimale e in grado di produrre momenti di angusta malinconia (in "...Ancora Qui" e "Old Dead Man's Lullaby") e passaggi dalle fattezze più improvvisate ma pur sempre ambientali, come "From Our Dreams pt.I" e pt.II. "Lullabies From Our Dreams" si propone in tono volutamente dimesso, lontano dai rumori della modernità, chiuso tra le mura di un'antica stanza che ispira silenzio, sicurezza e protezione. Forse in assoluto il lavoro più intimista dell'anno che ci lasciamo alle spalle.
Michele Viali
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