01-02-2020
VLAD IN TEARS
"Dead Stories Of Forsaken Lovers"
(Echozone)
Time: CD (64:13)
Rating : 7
A poco più di due anni di distanza dal precedente "Souls On Sale", il quartetto d'origine italiana e d'adozione tedesca torna nel roster della Echozone - che già pubblicò l'album del 2011 "Welcome To Vladyland" - per rilasciare il suo settimo full-length (ottavo se conteggiamo anche il demo-CD del 2006 "...After The End..."), confezionato in un bel digipack a sei pannelli completo di booklet. Lo stile della band non muta nella sostanza, proseguendo su quel sentiero che ha in buona parte mitigato le inflessioni gothic per concentrarsi su di un alt-rock dalla robustezza metal, come la graffiante opener "We Die Together" sottolinea col suo buon impatto. Siamo come sempre in quei territori cari a gente come HIM, To/Die/For et similia, quindi più adatti ad un pubblico giovane anziché agli ascoltatori più scafati ed esigenti, ma va detto che i Vlad In Tears sono decisamente abili nello sfruttare determinati stilemi (per quanto ammiccanti questi possano sembrare), passando con buona disinvoltura dalla sfrontatezza rock di "Tonite" ai toni drammatici dell'appassionata "Sleep Love Sleep". Ai momenti più misurati come "Every Day It's Gonna Rain", "Heavy Rain" e "Tears Won't Fall" risponde l'impatto garantito da una "Dead" piuttosto dura (ma ben fornita di buoni ricami) e dalla scoppiettante "Feel No Pain", a riprova di un songwriting ben assortito e capace delle giuste varianti. Esaurite le dieci nuove tracce, l'album si completa con ben sette brani in versione acustica (alcuni dei quali già presentati nei recenti singoli digitali), tutti ripresi dal repertorio della band ad eccezione della sola "Man In The Box", apprezzabile cover del celebre pezzo degli Alice In Chains: sette momenti ben riusciti - con una prevalenza di riletture basate sul piano - che mettono in luce le buone qualità esecutive dei Nostri, efficaci anche quando l'irruenza elettrica viene messa da parte. Non un lavoro rivoluzionario (in un genere comunque sempre molto difficile da innovare), ma più che abbastanza per confutare il buono stato di salute di un act che sa come attrarre i propri potenziali estimatori.
Roberto Alessandro Filippozzi