30-07-2018
CANAAN
"Images From A Broken Self"
(Eibon Records)
Time: CD (52:02)
Rating : 8.5
Ad un anno e mezzo dal precedente ed apprezzato "Il Giorno Dei Campanelli", il combo lombardo guidato dal mastermind Mauro Berchi torna con la nona fatica in 22 anni di attività discografica. La formazione (stavolta a quattro) prosegue nel solco del precedente album, tornando però all'impiego della lingua inglese per i testi, tutti racchiusi nel booklet incluso nella confezione - come al solito di alto livello grafico - in cartonato apribile a sei pannelli. Il suono si mantiene quindi aderente ad un'elettronica filmica ed industriale ascrivibile all'ampio filone della cosiddetta 'ambientronica', come sin dal principio mette in chiaro "My Deserted Place", song che nella seconda parte si fa più intima e minimale, evidenziando una natura dualistica comune a molte altre tracce. "The Story Of A Simple Man" è infatti una dolente ballad sospesa che muta in uno scenario cupo e industriale, così come alle dolci melodie della mesta "Words On Glass" subentrano ritmi macchinosi e distorti. "A questa normalità preferisco la follia" dicono i Nostri dall'interno della confezione del dischetto, ancora una volta cantori di un reale e profondo disagio nei confronti delle dinamiche relazionali del mondo odierno, che si traduce bene nella mestizia dal lento incedere di "Hint On The Cruelty Of Time". "I Stand And Stare" spinge con forza verso atmosfere industriali, laddove l'onirica "Of Sickness And Rejection" affonda fra le nebbie; l'apice in termini di pathos, dolore interiore ed enfasi drammatica è però "The Dust Of Time", picco massimo dell'opera, cui seguono una più tesa "Adversaries" e l'intimo minimalismo cosmico di "That Day". La matrice elettro-ambientale si fa più sofferta in "A Tired Sentry", laddove la cinematica e pulsante "Worms" vira verso l'industrial ambient, mentre tocca alla dolcemente suadente "Through Forging Lines" far calare il sipario, rincarando a dovere la dose di mestizia. Sempre brutalmente veri e dolorosamente intimi, i Nostri condividono ancora una volta il proprio malessere e sconforto con la consueta maestria di chi padroneggia pienamente tanto l'elettronica quanto la strumentazione classica, riuscendo a tradurre in suono quelle emozioni da cui la massa tenta invano di fuggire costruendosi illusioni su illusioni. E ancora una volta, come sempre in passato, gli spiriti affini potranno trovare nell'Arte dei Canaan qualcosa di autentico da cui trarre un barlume di giovamento, sentendo di non essere i soli a sentirsi fuori posto in questa profonda disillusione.
Roberto Alessandro Filippozzi