15-10-2007
IANVA
"L'Occidente"
(Antica Fonografia Il Levriero/Audioglobe)
Time: (22:54)
Rating : 9.5
È uscito finalmente uno dei dischi più attesi della stagione: il precedente album "Disobbedisco!" sembra aver già segnato un'epoca, e tutti attendevamo di scoprire con curiosità cosa Mercy e i suoi sodali sarebbero stati in grado di creare nel nuovo lavoro. Personalmente, già prima di ascoltare "L'Occidente" avevo la convinzione che l'ensemble genovese si sarebbe riconfermato ad altissimi livelli: data la caratura sfoggiata in precedenza, sia sul fronte testuale, che tecnico e compositivo, era impossibile qualsivoglia passo falso. E già ad un primo ascolto appare evidente come per Ianva la creazione di un brano non sia un problema d'ispirazione ma una questione di capacità, e queste ultime erano già un dato di fatto dopo la pubblicazione del mini "La Ballata Dell'Ardito" nel 2005. Quattro brani compongono il quadro denso e incisivo di "L'Occidente", toccando principalmente il tema della nostalgia di idee e realtà passate (ma non superate), alcune forse irrimediabilmente perse, altre ancora vive ai margini di una società che ha ormai "di sacro giusto l'osso del culo". Musicalmente tutte le tracce si propongono con lo stile inconfondibile di Ianva, che mescola in modo magistrale e straordinario la tradizione rock alla vena popolare italica e agli arrangiamenti neoclassici. Il brano che dà il titolo all'EP è quello che rimane più ancorato alle melodie del precedente "Disobbedisco!" e fa il punto su ciò che rimane dell'Occidente, descrivendo in modo perfetto i nostri limiti e la nostra epoca di decadenza, ma con un velo di speranza e tenacia che si traduce in un'ultima difesa morale contro "il vento che verrà". La successiva "Santa Luce dei Macelli" è interpretata da Stefania d'Alterio e ci conduce in quei retaggi del passato che ancora vivono in luoghi remoti: la musica ci trasporta in una truce manifestazione di sofferenza, ultimo esempio di un concetto di sacro ormai perso, in cui i segni delle credenze vengono incisi prima nel corpo che nella mente. "Il Sereno E La Tempesta" è un magnifico pezzo strumentale dalla vena malinconica: tutt'altro che un momento di passaggio, questo motivo si impone come il migliore del mini-album a livello musicale ed è in grado di trasmettere tutta la profondità dell'immagine usata in copertina. La chiusura è affidata alla cover degli Strawbs "The Battle": esempio massimo di come reinterpretare un brano altrui, mantenendo la linea melodica di base, ma ristrutturando gli arrangiamenti e cambiando di netto il testo. Il risultato finale è un pezzo totalmente diverso dall'originale, capace di far ripercorrere all'ascoltatore i passi salienti della carneficina del Monte S. Gabriele, avvenuta nel 1917 durante la prima guerra mondiale. Nel complesso di un brano impeccabile dall'andamento eroico svettano momenti di precisione storica espressi con piglio poetico, su tutti la descrizione dell'armamento dei primi Arditi (pugnale ai fianchi e 'confetti'). La musica rimanda alla struttura dei grandi cantautori italiani del passato, con un giro 'circolare' di chitarra acustica e le strofe narranti che si susseguono in crescendo pur mantenendo la medesima melodia, alterata solo dall'enfasi della voce. L'artwork del CD è l'ennesima emozione (complimenti a chi l'ha ideato e realizzato!): creato rifacendosi allo stile dei manifesti d'epoca del primo novecento, rende in pieno l'idea di perdita, lontananza e nostalgia che caratterizza la musica. Ottima anche l'immagine potente che sovrasta il CD: due pugni che spezzano la catena (ennesimo grido di dissenso da parte di chi non ha "più voglia di fare il possibilista"). Al di là della grandezza globale di questo breve gioiello, svetta e sbalordisce la bellezza dei testi: nessuno al giorno d'oggi in ambito musicale è in grado di usare la nostra lingua con la facilità, lo smalto e l'incisività che mostrano Mercy e Stefania D'Alterio. Le metafore, il lessico e i riferimenti che si susseguono nelle tre liriche non sono mai usati a sproposito, mai viene fatto uno sfoggio inutile, ma piuttosto viene messa in mostra una padronanza senza pari che riesce a toccare i sentimenti e le sensazioni più recondite, adattando in modo superbo alla musica una lingua difficoltosa come la nostra. Un lavoro passionale e definitivo che ha il solo limite di finire troppo presto: chapeau!
Michele Viali
http://www.illevriero.it/ianva/discografia.asp