04-08-2017
FIRST BLACK POPE
"Post Mortem"
(Advoxya)
Time: CD 1 (53:23); CD 2 (56:48)
Rating : 8
Nonostante i buoni riscontri di critica non siano certo mancati, ai veneti FBP piace fare le cose nei tempi che più ritengono congeniali, il che ha portato ad un'attesa di circa tre anni e mezzo prima di poter ascoltare l'atteso terzo album "Post Mortem". Un nuovo step che porta in sé una significativa ridefinizione del suono dei Nostri: entra infatti di prepotenza la chitarra, dura e distorta, che va ad amalgamarsi alla spietata harsh-EBM tipica della band irrobustendo l'intero sound, al punto che gli stessi protagonisti parlano senza mezzi termini di 'industrial metal'. Un'ibridazione non certo rivoluzionaria, ma portata avanti dai FBP nella maniera migliore: il suono, infatti, non si piega a logiche metal smaccatamente guitar-driven cui abbinare ritmi sintetici e tastiere, ma sfrutta piuttosto la durezza e la ruvidità della sei corde per accrescere il potenziale di fuoco di un'elettronica possente e muscolare, senza che per un solo istante si rischi di smarrire la bussola. Forti di una concettualità ormai distintiva, i tre picchiano più duro che mai, e dopo aver dato fuoco alle polveri con due bordate brutali e potenti come "Walking Corpse" ed "Human Sacrifice" sferrano subito un colpo da k.o. come la tagliente "Fallen Star", esemplare nel suo fondere ottime melodie ad una grande incisività e senza dubbio fra i picchi dell'opera assieme ad "I Invoke", glaciale e dilaniante nelle sue ferali cadenze lente e pesanti. Messa da parte la maggior raffinatezza a livello di produzione del precedente opus, il trio esprime oggi ancor meglio la propria ferocia, fedelmente guidato dalle vocals laceranti del frontman Skar (sempre una spanna sopra alla concorrenza per efficacia e capacità interpretative). A schegge danceable come la spietata "The Curse Of The Dying" o la riuscita cover del classico dei Killing Joke "The Wait" si alternano atmosfere meno accese ma ancor più suggestive come quelle della granitica "Genetic" e della sofferta "Complete Control", al pari di quelle più lente e cadenzate degli altri due picchi del dischetto: la sinistra e sulfurea "The Sentence" e l'inquietante "Collector", ulteriori esempi di come l'act nostrano tema ben pochi rivali quando si tratta di dar vita ad autentici incubi cyber-horror con la dovuta efficacia. Chiudono l'album la feroce bordata "Brand New Hell" e la dolente "Sad Ending", sorta di requiem electro dalle intriganti strutture industrial-ambientali. L'edizione in nostro possesso è quella doppia (in jewel-case come quella a disco singolo, ma fornita di slipcase), ed il secondo CD ci offre ben otto remix dei brani dell'album (tutti realizzati da act italiani), oltre ai quattro pezzi del demo del 2006 "Advent". Fra i remix - tutti apprezzabili per un verso o per l'altro - si segnalano in particolare quelli firmati da Templezone (ossia lo stesso Giorgio Ricci, membro dei FBP, che rende più scarna "Genetic" con la classe che gli compete), Moreno Padoan (che rende ancor più tetra e orrorifica "I Invoke", sfruttando anche macchinose derive IDM), Bahntier (estrosi e creativi nel rileggere "Brand New Hell" con ottimi spunti breakcore) ed Harmize (più agile, glaciale e danceable la sua rilettura di "Walking Corpse"), mentre i pezzi del demo, oltre al recupero in sé, tornano utili per valutare la grande crescita della band, che già all'epoca, sebbene sicuramente più acerba, era avviata sulla strada giusta in termini di incisività e varietà di soluzioni, tra furiose esplosioni ("Confession"), macchinazioni 'sick' dal retrogusto sinfonico ("Birth A.D."), ariose costruzioni ("Necrosexlover") e scenari lugubri ed orrorifici ("Corpus Christi"). Con chitarre o meno che sia, la scena harsh-EBM ha senza alcun dubbio più bisogno dei First Black Pope che dei molti act mitteleuropei appiattiti sui soliti schemi sempre uguali a sé stessi, ed un disco del livello di "Post Mortem" è qui per ribadirlo con tutta la forza necessaria. Al top del settore per efficacia e credibilità.
Roberto Alessandro Filippozzi
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