18-05-2015
INTO THE MIST
"Graveyard Of Stars"
(Mislealia Records)
Time: (59:39)
Rating : 7
Questo trio gothic rock/darkwave romano nasce solo nel 2013, ma basta un ascolto al sound proposto per capire che i suoi membri (MassAnder alla voce, LilAngel alla chitarra e SaintAngel al basso e programming) sono gente con un background - sia in fatto di ascolti che di esperienza sul campo - ben radicato nella musica goth degli anni '80 e '90. Del resto influenze dichiarate come Fields Of The Nephilim, Sisters Of Mercy, Mission, Love Like Blood, Joy Division e Nosferatu non lasciano spazio a grandi dubbi, ma va riconosciuta al trio una certa abilità nell'evitare il puro anacronismo, nonché una buona padronanza degli strumenti ed una compattezza già invidiabile, quest'ultima maturata anche grazie al debut eponimo di fine 2013. Con questa nuova fatica sulla lunga distanza, nuovamente edita dalla giovane ma intraprendente Mislealia, i Nostri si dimostrano più versatili rispetto all'esordio, rifinendo il proprio stile senza stravolgere le coordinate sonore del genere, sempre con l'onestà intellettuale di chi crede fino in fondo a queste sonorità. "The Day They Die" mostra subito il buon impatto goth-rock che la band sa sfoderare, pur contenendo sempre l'impeto in una coltre nebbiosa e notturna, laddove "The Crystal Empire" evidenzia il lato più drammatico e dolente di un sound che sa far scorrere il pathos. La teatrale "Unhappy", con le sue ottime vocals ed una mirabile progressione a base di sottile elettronica, è uno dei due gioiellini dell'opera assieme ad "Out Of The Mist", toccante song con validi arrangiamenti sinfonici, capace di un crescendo d'intensità davvero rimarchevole. Bene anche il velo strumentale che accompagna la voce (spesso ispirata all'inarrivabile Carl McCoy nel corso di tutta l'opera) nella teatralissima "HMHNS" e le buone strutture fra chitarra graffiante ed elettronica di "Where The Time Ends", così come la conclusiva traccia bonus: un omaggio ai Chameleons, segnatamente con una buona cover più suadente ma decisa di "Home Is Where The Heart Is". Qua e là non mancano brani più canonici ("All Mankind Will Dance Meanwhile", "All You Did Will Be Dust") o più spigolosi ("Wail Of The Sun", "Instants Of Forever") che non funzionano bene come il resto, segno di come il trio debba puntare ad un songwriting globalmente più arioso e snello, lavorando sulla scorrevolezza degli arrangiamenti e, possibilmente, sfruttando di più le molte opportunità offerte dall'elettronica... Il bilancio di quest'album, peraltro ben prodotto, resta comunque positivo e ci mostra un act in rapida crescita, da tenere d'occhio per gli amanti di certe intramontabili sonorità.
Roberto Alessandro Filippozzi
https://www.facebook.com/pages/Into-The-Mist/1402727150044692