23-02-2009
THE SPIRITUAL BAT
"Through The Shadows"
(Alchemisti Music)
Time: (43:52)
Rating : 6
Il ritorno in sala d'incisione di Dario Passamonti e Rosetta Garrì nasce dalla volontà di continuare il progetto che, nato nel 1992 con Matteo Bracaglia (ora impegnato con Atmosphere 0), ha scritto pagine di ottima fattura nell'ambito oscuro del rock italico. Manca la 's' finale nel monicker per logici motivi di rispetto nei confronti di ciò che fu nel passato (furono infatti 'Bats' nei momenti d'oro, in cui suonarono anche da spalla a Rozz Williams, all'epoca impegnato con il progetto Daucus Karota), ma anche per dare un'indicazione chiara: non sarà lo stesso progetto di allora, e non ha senso che lo sia. Qui nascono le prime ombre: se da una parte la voce di Rosetta diventa il fulcro con ottime tonalità e intonazioni (in passato fu batterista nell'ultima parte della vita dell'ensemble), il sound generale vira verso territori inaspettati, almeno per chi si attendeva una linea artistica più oscura. La scelta è quella di creare un suono che vive sul confine dark-wave classico con puntate frequenti in territori progressive di stampo pre-punk. Altre band nel tempo esplorarono queste possibilità, anche con ottime credenziali e risultati, ed in tal senso si ricordano i Breathless di "The Glass Bead Game", che tra Tenor Vossa e 4AD iniziavano un cammino 'indie' insieme a Pixies ed altre band del passato. Dischi che rimangono positivamente nell'immaginario, ma che negli anni non hanno avuto un riscontro di pubblico. Così suona "Through The Shadows" nelle sue lunghe cavalcate di chitarra senza risparmio da parte di Dario, unite ad interminabili sessioni di batteria tra il jazz ed il rock anni '70, il tutto unito alla voce (e un po' all'estetica) alla Gitane Demone di Rosetta. Il tema conduttore è in parte lo stesso nell'intera durata del disco: i momenti 'seventies' si amplificano nelle tracce in cui la collaborazione del Maestro Bruno Paolo Lombardi (membro effettivo della National RAI Orchestra), con il suo flauto, ci porta indietro di tanti anni quanti ne occorrono per incontrare un grande artista del passato, ossia Ian Anderson. Pagine di rock storico e indimenticato per gli amanti dei virtuosismi del flauto del leader dei Jethro Tull; rapportato alla nostra scena, il discorso appare però un po' scollegato, sebbene possa incontrare favori. Così le sessioni di soli strumenti (tra cui l'apporto tecnico alla batteria di Alessio Santoni) sono lunghe galoppate tra gli stessi e il flauto, generoso e virtuoso come in "Prague" e "Twins" (e presente pure in altre tre tracce unicamente strumentali). Nell'economia generale del disco il suono sopra descritto è protagonista, a parte sporadiche tracce in cui basta qualche ottimo giro di basso per riportare il sound su connotati più cupi; di buon impatto vocale e musicale "Silver Lakes" e la conclusiva "Sogno Tribale". Un disco più simile a tanti prodotti che gravitano intorno a circuiti sociali autogestiti, piuttosto che rivolto ad una platea di stampo classicamente 'dark'. La grande differenza tra la musica oscura e questo suono 'cugino' sta nella tecnica: se qui prevale, nel goth spesso è al servizio del pathos generale, in secondo piano per offrire suoni più intimisti e meno 'a pelle'. Merita una menzione invece la piccola riflessione poetica nel retro dell'artwork, parole scritte da Luigi Pacioni: "Quale strano destino è il mio... Quale stella malefica urlò la mia gioia... Quale potenza sconosciuta attentò alla mia vita? Tanto è il mio dolore che potrei riempirne le coppe del cielo! E le mie grida, se le lasciassi sfuggire, salirebbero fino alle vette più alte della Luna". Giusto per rammentare sempre che un buon disco non è fatto solo di musica...
Nicola Tenani
http://www.myspace.com/thespiritualbat/