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Room 108

15-04-2009

ETHEREAL FOLK FESTIVAL

ARGINE + Corde Oblique + Ashram + Edo Notarloberti + Maurizio Monaco

Cover ETHEREAL FOLK FESTIVAL

Roma, Stazione della Birra, 03/04/2009

di Federico Francesco Falco

foto Federica Del Gobbo

La finestra verso l'infinito per l'artista: una tela bianca. Posta sul palco come fosse seduta ad attendere, tra il vociare degli ospiti in sala che lentamente prendono posizione. Lei resta sorniona, ad attendere che il pittore MAURIZIO MONACO si affacci in essa. L'esperimento affascinante del festival sta proprio in questo. Il veder nascere un'opera ispirata dalla musica che verrà eseguita dalle performance (una quarantina di minuti ciascuno) delle band. Due telecamere fisse ne riprendono le evoluzioni man mano che il colore veste la tela fino a quadro compiuto, proiettandolo su due maxischermi posti ai lati del palco, e persino l'uomo impugnante il pennello è sul palco, come vero musicista aggiunto alle quattro band d'esibizione. Con sfumature abbastanza diverse tra loro, a garantire un corretto bilanciamento della proposta. EDO NOTARLOBERTI è il primo a salire sul palco, rappresentante il vero collante del festival, essendo parte integrante di tutte e quattro le performance. Apre le danze con il suo progetto solista, esibendo con orgoglio svariati brani dell'ottimo "Silent Prayers". Dosando gemme di leggiadro pathos strumentale devoto alla musica classica. Dalla serenità degli assalti solisti della ottima "The First Was A Death Woman" e l'approccio più solenne della carica "Marianna Y La Melancholia". La formazione presenta una chitarra ritmica che si fa apprezzare in fase di raddoppio sulle soluzioni soliste, dando spessore e varietà alle esecuzioni: ne è il monito la dolcezza della title-track (in riferimento all'Olocausto). Edo è decisamente in forma, dona una performance di gran ardore, a farne le spese è l'archetto del suo strumento, consumato progressivamente come ogni passione vissuta con foga. Cordialmente, prima di ogni pezzo, lo introduce con l'accuratezza di come andrebbero presentati degli ospiti a cui stringer la mano. Tra le novità appare l'energia di "Sincopato", brano su cui aleggia una pulsante linea di basso, insinuata tra l'alchimia degli archi con il pianoforte, vera struttura portante del progetto. Il set termina brillantemente con applausi scroscianti per il calore di "Dark Tango" e dopo aver visto il misticismo della danzatrice del ventre Maria Mashiscia esibirsi; lei tornerà sul palco in ausilio anche per le altre tre performance, ogni volta con vestiti particolareggiati per l'occasione (tra cui ricordiamo un raffinato abito con ali da farfalla). È il turno di destare il microfono, perchè tra le note di "For My Sun" esordiscono gli ASHRAM. Forti della discreta estensione vocale di Sergio Panarella (che come di consueto accompagnerà anche con un'acustica diversi brani ), si scambiano sguardi in un palco che sembra così immenso per sole tre persone, ma un unico pentagramma riempie spazi e sa avvolgerli tra l'armonia di "Sweet Autumn". Il pubblico dimostra di gradire a più riprese, e non è molto difficile ad esempio scorgere il labiale di "Forever At Your Mercy" nei volti di chi ascolta. Il trio conferma l'ottimo affiatamento oramai rodato da un numero imponente di live alle spalle, spesso guidato dalle aperture eteree di Luigi Rubino (nonostante l'impianto luci sembri dargli qualche problema in termini di visuale) di efficace preparazione classica, sublimata dall'ottima prova acustica del locale. Il cuore dell'esibizione è composto dalle dame "Elisewin" e "Elizabeth", sempre eleganti senza bisogno di trucco alcuno. La prima risalta soprattutto per la sua resa vocale, egregiamente bilanciata tra pathos e melodia riecheggiante proprio la scuola partenopea. Il congedo è affidato ad una cruda versione di "Nevermore Sorrow", senza uso di riverbero, con efficacia. Seguono i CORDE OBLIQUE, che nell'attuale presente sono l'espressione più pura del concetto primordiale di folk, basato su uno scheletro compositivo di chitarra classica. Adagiato su uno sgabello con aria serafica, Riccardo Prencipe è il motore (oltre che unico compositore) dei brani, e presenta proprio in questa occasione estratti dall'ultima release "The Stones Of Naples", a tratti con un piglio più ispido negli arrangiamenti, come nel caso di "Venti Di Sale". Segnale di una line-up finalmente stabile che permette anche una maggior personalità nei riadattamenti, grazie agli innesti del bassista Umberto Lepore e la personalità della giovane Claudia Sorvillo. Quest'ultima artefice di una discreta prestazione, stilisticamente vicina alla Gerrard solista più che alla versione Dead Can Dance (che di solito è maggiormente inflazionata dall'ambiente wold music/folk in generale), addizionata ad una sapiente presenza scenica. Anche i confronti con l'esordio ("My Promise" meno etnica che sul disco) e con l'acclamato "Volonta d'Arte" sono soddisfacenti: occasione per soffermarsi sulle sfumature più ethereal scivolando sulle sei corde con leggiadria ("Cantastorie" e gli ottimi passaggi di registro di "Casa Hirta"), con tanto di duetto parallelo con Luigi Rubino, che torna sul palco per una incantata "Before Utrecht", coi due che svelano essere stata composta a quattro mani poco prima di partire per l'Olanda stessa. Ovviamente nemmeno la loro fatata performance fa mancare doni per gli ascoltatori, ossia ben due cover: la prima direttamente dal nuovo disco, una versione di "Flying" degli Anathema vicina allo spirito del loro "Hindsight" (ma con la presenza di una parte di violino decisamente più corposa e liberamente solista), e la conclusiva lisergica "Kaiowas" dei Sepultura dei tempi che furono, con l'aggiunta di una ricercata sezione di cori effettati della vocalist, prima di salutare la platea. Stavolta assieme ad Edo è anche Alessio Sica a rimanere on stage: agli ARGINE spetta il ruolo di headliner simbolici del festival. Onore che meritano, essendo la più longeva formazione e quella che ha visto i natali artistici di Edo, come lui stesso dichiara. Tornata ai riflettori dopo un lungo digiuno, e senza una voce di supporto al leader Corrado Videtta. Il vocalist bilancia bene la scaletta tra richiami al passato (e a quella spettacolare esibizione "Roma" , immortalata su CD a inizio millennio) più intrisi di spoken-words crepuscolari e una seconda parte con il piede sull'acceleratore, con anticipazioni dell'attesissima nuova release. Il futuro appare veramente roseo ammirando un appeal quasi 'smithsiano' nel songwriting, "Risveglio" sembra davvero il titolo adatto per sancire questo graditissimo ritorno. Cronologicamente vicina c'è anche la pregevole ballad "Umori D'Autunno" (non del tutto inedita, già presente nello split), tra le migliori esecuzioni assieme alla versione più dinamica del grande classico "Vene D'Acero", ove il loro tocco post-punk è decisamente più marcato, con un timing di batteria marziale. Uno degli acuti più brillanti di una sezione ritmica di livello, che merita una menzione per la sempre più 'disintegrationizzata' "I Nostri Occhi", preda del corposo giro di basso di Michele De Finis, così sapientemente retrò con il suo stile ben splettrato. Dalle labbra di Corrado sfugge una "Buonanotte" che torna rapidamente alla base; c'è infatti tempo per far salire nuovamente sul palco Riccardo Prencipe per suonare "Eventi" (dal primo disco delle Corde Oblique), e l' affettuosa formazione all-stars prosegue quando è il turno anche per Luigi Rubino, pronto ad interpretare una vera chicca per gli appassionati degli Argine: la catartica versione di "Solitudo" al piano (direttamente da "Rifrazioni"). Entrambe rappresentative del bel clima che aleggia tra le band e in una serata dedita all''amicizia, l'introspezione e la melanconia. Quest'ultima soggetta ad una riflessione di Alfredo: "non è negativa, perchè è comunque il ricordo di un evento felice che abbiamo vissuto", e se tanto mi da tanto, è una sensazione che avvertiranno sicuramente parecchio gli spettatori della serata in futuro.