16-03-2009
ATARAXIA
Il Giardino d'Evnyssien
Teatro Cittadella, Modena, 07/03/2009
di Nicola Tenani
foto Valentina Bonisoli
SETLIST:
Evnyssien
Efestia
Celtico (titolo provvisorio)
Shelmerdine
The Bay Is White In A Silent Night
Siqillat
Scarborough Fair
Klethra
Migratio Animae
Fila La Lana
The Ocean Green
Patac (titolo provvisorio)
Gloomy Sunday
La Reine Des Hommes Aux Yeux Verts
I Rituali
Siqillat
Siamo solo nei primi giorni di marzo, la natura è pronta per l'annuale risveglio dall'inverno, eppure in un piccolo teatro di Modena un giardino è già fiorito. È il giardino di Francesca Nicoli e dei suoi rami sbocciati ad impreziosire il microfono, i vocalizzi che come petali acuti escono dalle sue labbra, le dita di Vittorio Vandelli che arpeggiano come steli mossi dal vento le corde delle sue chitarre... Sono gli accordi di tastiera di Giovanni Pagliari che, uniti alle mille percussioni di Riccardo Spaggiari, compongono il quadro totale di questo giardino perfetto, enfatico, surreale. Ed il popolo degli ATARAXIA era nel Teatro Cittadella: 150 persone che non si accontentano mai dell'avere già visto gli emiliani dal vivo perché sanno che non sarà mai come la volta precedente, che ogni live è cosa a sé, che l'immaginario di Francesca è talmente fervido dopo quasi vent'anni di carriera discografica che vale ancora la pena percorrere le autostrade italiane (e non) per farsi trovare pronti a rivivere nuove emozioni, nuovi viaggi. Un pubblico eterogeneo da molte parti d'Italia (ed anche d'Europa) era presente in sala, composto da fans ed amici. Prima di addentrarci nel piccolo racconto di una serata indimenticabile è doveroso ringraziare chi, insieme agli Ataraxia, continua a credere che eventi di livello superiore possano ancora essere organizzati in terra emiliana: Elisabeth e tutto lo staff de La Rose Noire hanno trovato nuovamente la forza per donare al proprio pubblico un evento fortemente voluto. Tempi difficili per mettersi in gioco dal punto di vista organizzativo, tanta latitanza per un live che avrebbe potuto avere molte più presenze di pubblico, eppure La Rose Noire non si culla sul ricordo del Castello Del Vescovo o di Villa Sorra e valuta che su un palcoscenico debbano salire come sempre i grandi artisti. Un palco vuoto può essere riempito da scenografie elaborate e simboliche: a tutti loro i complimenti nostri, sia per lo spettacolo offertoci che per la disponibilità nell'accoglierci. Il live è stato l'ennesimo viaggio in cui Francesca ha guidato il pubblico nella scoperta del nuovo lavoro in allestimento, opera che si concretizzerà nel nuovo full-lenght inedito nella seconda parte dell'anno, presumibilmente in settembre (nella setlist pubblicata, oltre a qualche probabile piccola lacuna sui pezzi del prossimo album, noterete alcuni titoli ancora provvisori). Mettete da parte il ricordo di "Paris Spleen" ed in parte quello di "Kremasta Nera": il nuovo lavoro si permea di celtismo e suoni ambientali tra l'etnico ed il mistico, complice la grande gamma di suoni che Riccardo con le sue percussioni riesce a proporre. È stato rapido l'inserimento di Spaggiari nell'ensemble, ed album dopo album la sua preziosa collaborazione ha dato personalità ad un suono che di ciò ha bisogno. Il sound di Ataraxia, apparentemente semplice per la sua immediatezza, è in realtà complesso: nel nuovo album, dal nome ancora indefinito (forse sarà "I Giardini Di Evnyssien", ma non è certo...), le percussioni sono ancora di più fondamentali, sia che siano tamburi, elementi di batteria classica, simil-bohdran o campane tubolari, campanelli ecc... Fin dal primo brano del live, "Evnyssien", il profumo di un'ennesima evoluzione stilistica è considerevole: magie che portano l'ascolto verso mondi immaginifici, territori che solo la voce di Francesca, meno greve e più eterea del solito, può raggiungere. Il corpo della musica è sorretto dalle atmosfere oniriche di Giovanni alla tastiera, mentre Vittorio è il solito 'mostro' di tecnica e trasporto nell'arpeggio delle due sei corde, elettrica e classica. Poi un brano da "Kremasta Nera", "Efestia", piccolo omaggio di delicatezza vocale e strumentale: insieme a "Klethra", dal sapore 'druidico' e sabbatico nell'invocare gli alberi, ed al doloroso sentore gotico di "Migratio Animae", sono stati i tre momenti estratti dal succitato album. All'interno dell'esecuzione dei brani live, anche un doveroso elogio all'arte di Vittorio con due estratti dal suo disco solista, "A Day Of Warm Rain In Heaven": "The Ocean Green" e "The Bay Is White In A Silent Light" sono state l'ottimo tributo ad un album che forse in troppi hanno già dimenticato e degno di essere ripreso in considerazione, e chissà che Vandelli non ponderi un altro episodio personale... Francesca ha in sé l'arte della sfida e, credendo nei propri mezzi vocali illimitati, nella prima parte dei bis richiesti ha osato un brano che più di un'artista goth del passato ha interpretato: "Gloomy Sunday". Già esaltato nella sua dolorosità da Diamanda Galás, sensuale nella voce meccanica di Lydia Lunch, virtuoso nelle corde di Gitane Demone, ed anche l'interpretazione della Nicoli è stata molto personale. Per l'uso di toni gravi Francesca risulta più vicina alla Galás, e per quanto agli opposti (la Nostra solare anche nel suo essere 'gotica', l'americana maledetta fino in fondo), queste due grandi artiste si ritrovano nelle tonalità basse. Con una differenza: Diamanda rimane statica in "Gloomy Sunday" nel portare la song su connotati drammatici fino in profondità con l'uso dell'immobilismo vocale, mentre Francesca, nei suoi tradizionali picchiettati di voce, ha dato prova che le grandi dark-lady non sono solo straniere. C'era bisogno dell'ennesima conferma? Altra cover nella parte centrale del concerto: "Fila La Lana" di Fabrizio De Andrè vive di due momenti interpretativi, dove la voce di Francesca conduce la prima parte della canzone su toni allineati con la tradizione cantautoriale, in parole povere simile all'uso della voce di Stefania degli Ianva, per poi tornare sulle sue tonalità alte classiche, intervallandosi in continuazione nelle due tecniche, e De Andrè è stato ampiamente onorato. La riproposizione di questo brano avrà la sua finalità nel disco nuovo, come pure "Scarborough Fair", traditional song nata nel folklore della Scozia resa famosa dal duo Simon & Garfunkel. Il resto del concerto è vissuto nella presentazione del nuovo album. Se avrà la stessa intensità con cui è stato eseguito dal vivo, vestirà tutte le caratteristiche per candidarsi tra i migliori dischi di sempre degli Ataraxia; il mio augurio è di ritrovare le stesse sensazioni 'a pelle' che on stage hanno ipnotizzato la platea. Percussioni a volte frenetiche, come in "Siqillat" (proposta ben due volte anche come ultimo bis), a volte più dolci e plasmate nei suoni 'acquosi' delle campane tubolari, come in "Celtico". Tastiera evocativa nel creare piccoli mantra sonori, chitarra esaltata nella tecnica da Vittorio, ma l'abbiamo già detto... Tra i bis finali un piccolo spazio anche per "Paris Spleen", con il brano "La Reine Des Hommes Aux Yeux Verts". Quasi due ore senza fiato: il pubblico può solo assistere e 'subire' un live degli Ataraxia, indagando fra le proprie emozioni, subendo il misticismo di una Nicoli a volte fasciata dalle nebbie del nord celtico, a volte direzionata nel vocalizzare toni dai colori e dai sapori d'India. Per poi trovarsi nell'ingresso del teatro a chiacchierare amabilmente con loro, perché essere popolo degli Ataraxia vuol dire avere a che fare con amici che portano le tue immaginazioni sonore sul palco, ed è piacevole poi commentarle insieme.