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10-12-2007
RICCARDO PRENCIPE'S CORDE OBLIQUE
Autentiche volontà
di Marco Belafatti
In una scena sempre più rigogliosa come quella ethereal/folk italiana, il nome di Riccardo Prencipe è da anni assoluto sinonimo di garanzia. Certo, la sua proposta, un tempo nota al pubblico per il monicker Lupercalia ed oggi traslata nel nuovo e valido progetto Corde Oblique, ha ben poco di 'oscuro' al suo interno, ma è talmente intrisa di mediterranea malinconia, suggestioni e fascinazioni arcane ed in grado di evolversi nel tempo fino ad incorporare in un unicum musicale mille diverse sfaccettature (Corde Oblique è in effetti un vero e proprio 'ensemble' guidato dal buon Riccardo) da meritare di essere colta un po' da tutti, proprio perché essa non si indirizza verso un pubblico snob ed elitario e non mira ad essere complicata a tutti i costi. Quella che è iniziata come una piacevole chiacchierata sulla più recente pubblicazione in casa Prencipe, il magnifico "Volontà D'Arte", s'è presto riempita di spunti di riflessione sul ruolo e sul valore dell'arte nella società contemporanea, sugli antichi tesori racchiusi tra le nostre terre, sugli azzardi e le scommesse che mantengono viva la creatività degli artisti. La volontà d'arte può ancora destare interesse nel genere umano? Ecco la testimonianza di uno dei suoi più validi portavoce...
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Prima di parlare di Corde Oblique, credo sia necessario fare un salto nel passato. Tutti sappiamo che, sia in veste di musicista che in quella di performer, hai parecchi anni di attività alle spalle. Lupercalia, la tua prima incarnazione artistica, è un nome oggi sparito nel nulla, il cui suono richiama tutt'oggi alla mente note di passionalità ancestrale, arcaica e rituale, musica nelle sue forme principalmente devota ad Ataraxia e Dead Can Dance. Dopo che questo progetto è sfumato la tua ispirazione è confluita totalmente in Corde Oblique, ma nel tuo nuovo progetto il retaggio di Lupercalia è solo uno tra i tanti tasselli che lo compongono. Vorresti raccontarci questo passaggio e le ragioni profonde dietro ad esso?
"I dischi che vengono alla luce proseguono la loro esistenza come organismi autonomi e parlanti; il fatto che un album esca sotto il nome di Lupercalia o Corde Oblique conta solo nella forma, non nella sostanza. Provo a fare un esempio pratico per rendere l'idea: dal mio primo album strumentale ('Soehrimnir' del 2000) al secondo album ('Florilegium' del 2004), usciti come Lupercalia, c'è molta più differenza di quanta ce ne sia tra 'Florilegium' e 'Volontà D'Arte', usciti sotto due denominazioni diverse (rispettivamente Lupercalia e Corde Oblique). Faccio un altro esempio forse più esplicativo: tra il primo disco degli Anathema e l'ultimo c'è un abisso, il nome è lo stesso, ma ad ascoltarli sembrano due gruppi non solo diversi, ma - direi - di due opposte intenzioni. Il passaggio di nome è dovuto a due ragioni: 1) il concetto di festa pagana in auspicio di fertilità che si cela dietro al monicker Lupercalia non è una cosa che sento preponderante, come invece sentivo nel passato. 2) dal primo al secondo album dei Lupercalia c'è stato un certo stravolgimento, sia per quanto riguarda la line-up che per quanto riguarda il mio feeling compositivo: sentivo che non aveva più senso concepire la cosa come una 'band', ed ho deciso di impostarla come progetto solista. Una 'band' compone musica in modo corale, il 90% della musica e dei testi dei Lupercalia erano invece esclusivamente miei. Sentivo inoltre il desiderio di collaborare con voci e musicisti di diverso tipo. Le strade erano due: mantenere il nome Lupercalia e dichiararlo un progetto solista, oppure cambiare nome, soprattutto per rispetto verso gli ex-membri dei Lupercalia, con i quali continuo a restare in ottimi rapporti, anche di amicizia vera e non solo sul piano formale."
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Dopo due dischi pubblicati con questo nome, hai deciso di iniziare una nuova avventura. Da quando ho cominciato a seguirti mi sono sempre chiesto cosa si celasse dietro al monicker da te adottato, invero veramente elegante. Vorresti togliere a me e ai lettori di Darkroom Magazine questa curiosità?
"A differenza del monicker precedente, cercavo un nome che identificasse il mio strumento (la chitarra classica); oltre a ciò, volevo una definizione che non racchiudesse necessariamente un significato, ma solo un'idea formale, un concetto stilistico. I miei studi mi hanno portato a pensare che non conta necessariamente il significato di una cosa, ma la forma in cui questa è espressa.
Quando un chitarrista classico imbraccia la chitarra, le sei corde si dispongono in senso trasversale: da qui l'idea delle 'Corde Oblique'."
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Fino ad oggi hai pubblicato, in totale, quattro dischi, tutti usciti per etichette diverse. Quali ragioni stanno dietro a questo vagabondaggio contrattuale? Sei soddisfatto dei rapporti instauratisi con le varie etichette o hai qualche sassolino nella scarpa da toglierti? E cosa ci dici sulla tua scelta di approdare alla corte della rinomata label francese Prikosnovénie?
"I rapporti con le varie label sono sempre stati ottimi, a volte più formali (come nel caso della World Serpent), altre volte anche amichevoli (come nel caso di Equilibrium Music e Ark Records); ovviamente le piccole tensioni possono capitare, ma si è sempre trattato di cose irrisorie. In ogni caso, ciò che più conta è l'essere rispettosi e pretendere rispetto. Per fortuna non sento sassolini nelle scarpe, ho sempre detto con estrema franchezza tutto ciò che avevo da dire e credo che lo stesso sia stato fatto da parte delle persone che hanno lavorato con me. Ho sempre firmato contratti per album singoli, ragion per cui mi sono sempre sentito libero di cambiare: credo che ogni etichetta abbia dei punti di forza e dei punti di debolezza, dei vantaggi e degli svantaggi... non esiste l'etichetta ideale. Purtroppo esiste invece il luogo comune secondo cui i proprietari delle case discografiche (anche quelle indipendenti) si arricchiscono sulle spalle dei musicisti: a mio avviso è solo uno stupido pretesto per non comprare i dischi e scaricare musica. Posso assicurare a tutti che le etichette indipendenti fanno sforzi economici non indifferenti (così come li facciamo noi musicisti) e che nessuno si lamenta del fatto che andare a mangiare fuori oggi costa il triplo di prima, mentre CD e libri sono oggi le uniche cose veramente economiche. Ammiro le persone che portano avanti questo lavoro, poiché senza le case discografiche la gente non avrebbe modo di conoscere la musica; purtroppo questo genere non gode di una distribuzione pari a quella delle major, e francamente non me ne faccio una ragione. Il mio cruccio è comprendere perché spesso le major puntino su prodotti di basso livello concettuale, condendoli e improfumandoli nel migliore dei modi. Purtroppo l'origine del 'male dell'arte' sta nella fruibilità del semplice, nella poca pazienza che abbiamo nell'ascoltare la musica, relegata ormai a sottofondo dei nostri spostamenti in auto, dei servizi che facciamo in casa, delle docce, dei momenti di passaggio della nostra giornata... per questo non è facile vendere musica che abbia una struttura meno primitiva di strofa e ritornello. La logica del cliente che ha sempre ragione ha mandato in cancrena l'arte, il cliente va anche educato!"
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Cominciamo finalmente a parlare nello specifico di Corde Oblique, una vera e propria 'Bottega degli artisti del suono', come tu stesso hai definito il tuo progetto. Passando dal debutto "Respiri" al nuovo album "Volontà D'Arte", ritroviamo alcuni dei tuoi vecchi collaboratori e ne troviamo di nuovi. Immagino che questa 'apertura' nei confronti dell'attuale scena ethereal e neofolk sia dovuta ad una tua volontà ben precisa di donare il maggior numero di sfumature possibile alle tue composizioni. Vorrei sapere se gli artisti con i quali hai registrato il brano hanno partecipato alla composizione o si sono visti semplicemente commissionare un motivo da interpretare, e se c'è qualche nome che avresti voluto coinvolgere e, per le più svariate cause, ha dovuto declinare l'invito.
"Nella maggior parte dei casi preferisco scrivere il brano ed assegnarlo ad un esecutore. Credo che la scelta dell'esecutore sia fondamentale. Non mi risulta che personaggi come André Segovia, Maria Callas o John Williams siano noti per aver scritto delle musiche, quanto per il modo in cui hanno impreziosito musiche altrui. L'ingranaggio è fatto di due rotelle: mente e braccio. Se la mente è acuta, ma non ha un braccio agile, la cosa non ha senso, e viceversa. Privilegiare uno dei due momenti sarebbe stupido: per questo non ho remore nel dire che ci sono ospiti che, pur non essendo coinvolti nel lato compositivo, hanno dato tantissimo al brano che hanno eseguito. In altri casi mi sono trovato a collaborare con artisti che invece mi hanno chiaramente detto di non sentirsi adatti nel ruolo di esecutori, e mi hanno chiesto esplicitamente di poter cantare una melodia nata sì dalla mia parte strumentale, ma composta da loro. Credo che la cosa più importante sia assecondare il sentire delle persone con cui si collabora. So perfettamente che se ho un brano ben definito al 100% non posso rivolgermi ad una determinata voce, ma devo cercarne un'altra. Così come so che se in un brano voglio necessariamente avere un timbro di voce di un certo tipo, devo farla sentire a proprio agio e cercare una diversa sinergia. I miei ospiti spesso sono rimasti stupiti dal fatto che, nel momento in cui non sono io a scrivere una parte, riconosco nei crediti il loro contributo compositivo; la stragrande maggioranza dei musicisti non riconosce a dovere i contributi compositivi degli ospiti che collaborano ad un disco, e questa per me si chiama frode. I co-autori dei brani sono sempre segnalati nei crediti dei miei album: in quest'ultimo lavoro quattro brani sono stati scritti da me in collaborazione con alcuni ospiti, il resto è opera esclusivamente mia. In questo CD ho dovuto, per necessità di cose, operare una scelta: gli ospiti erano veramente tanti e non ho potuto invitare nuovamente tutti i musicisti presenti in 'Respiri', anche se spero di farlo col prossimo album, perché voci come quella di Alessandra Santovito (Hexperos) e Corrado Videtta (Argine) mi sono davvero mancate. Un progetto che avevamo in mente era una collaborazione con Valentina degli Iridio: per mancanza di tempo, distanza e sovrabbondanza di brani, non se n'è fatto nulla, ma spero di riparare col prossimo album."
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Anche l'aspetto visuale del tuo progetto è fondato su collaborazioni importanti. La grafica dei tuoi lavori è sempre curatissima e la copertina del tuo nuovo disco è veramente suggestiva. Potresti parlarci di questo aspetto della tua Arte?
"Occupandomi di storia dell'arte, non posso che considerare l'aspetto visivo dei miei album alla pari di quello sonoro: per questo la scelta delle foto è stata sempre molto meditata da parte mia. Ho avuto il piacere di collaborare con fotografi del calibro di Kenro Izu e Achim Bednorz (noto per le foto di molti libri d'arte della Taschen), i quali sono stati gentilissimi nei miei riguardi, ma, oltre ai nomi noti, ciò che a mio avviso conta è la qualità: ci sono fotografi della mia città che hanno un potenziale nient'affatto inferiore a quelli sopraccitati, mi riferisco ad Angelo Antolino e Lucia Catalano, che hanno entrambi qualità a mio avviso non ancora riconosciute a dovere. Purtroppo si sa, l'Italia è esterofila: vedo che spesso gli organizzatori spendono fior di quattrini per chiamare gruppi dall'estero che urlano e fingono di suonare tastiere mute, mentre i nostrani sono senza date. Tutto ciò è l'onta della cultura italiana e l'orgoglio dell'incultura. La copertina di 'Volontà d'Arte' mi è stata gentilmente concessa da una fotografa napoletana di nome Manuela Pace."
"Purtroppo l'origine del 'male dell'arte' sta nella fruibilità del semplice, nella poca pazienza che abbiamo nell'ascoltare la musica, relegata ormai a sottofondo dei nostri spostamenti in auto, dei servizi che facciamo in casa, delle docce, dei momenti di passaggio della nostra giornata... La logica del cliente che ha sempre ragione ha mandato in cancrena l'arte, il cliente va anche educato!"
(Riccardo Prencipe)
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Potresti spendere due parole sulla voce presente nella maggior parte dei brani dei due dischi di Corde Oblique? Come avrai sicuramente capito, sto parlando di Caterina Pontrandolfo... Trovo che questa cantante abbia un timbro veramente impressionante: le sue corde vocali non si limitano a produrre una semplice sequenza di suoni, ma creano un filo conduttore tra la sua anima e quella dell'ascoltatore...
"Concordo pienamente con te: Caterina ha dato molto ai miei brani, e spero continuerà a dare ancora tanto. Il fatto che sia un'attrice non può che contribuire al miglioramento dell'interpretazione, entrando pienamente nel testo e sentendolo nel profondo: è come una mimesi sonora, un'empatia con le note. Tengo inoltre a dire che circa un anno fa ebbi il piacere di assistere ad uno spettacolo scritto e diretto da lei, dal titolo 'Madri', ed è stato tra i pochi spettacoli teatrali a cui ho assistito che mi ha veramente dato i brividi per l'intensità e la bellezza di ogni suo nesso."
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Non vogliamo però dimenticarci degli altri protagonisti di "Volontà D'Arte"... La voce che ha cantato "Casa Hirta", ad esempio, mi era fino a poco tempo fa sconosciuta. Floriana Cangiano merita davvero di essere scoperta dal pubblico italiano, ha un timbro delicato ed etereo e allo stesso tempo riesce a comunicare emozioni con un impatto devastante. Vorresti presentarcela?
"Floriana è stata una bellissima conoscenza fatta poco prima di un concerto a Itri. Ha cantato anche al festival di Clisson, in occasione del quale abbiamo presentato il CD al pubblico francese. Questa donna è una vera professionista, ha una forza nei live davvero grande e soprattutto riesce ad infondermi grande sicurezza, e devo dire che dal vivo si ricrea quell'affiatamento di gruppo che è bello sentire. L'ho conosciuta quando il CD era già in fase di mixaggio ed ero rammaricato di non averla incontrata prima, in modo da scrivere un brano anche per lei. Iniziai quindi a cercare una soluzione per aggirare l'ostacolo. 'Casa Hirta' era in origine un brano strumentale: ne parlai col fonico, riarrangiai il tutto, scrissi testo e melodia la sera prima di portarlo a Floriana, ed il risultato è tra le cose di cui attualmente vado più soddisfatto. Le cose più belle nascono da strani incidenti di percorso, ma soprattutto sono le azioni istintive, le scommesse azzardate quelle che pagano di più. Nel prossimo album Floriana canterà diversi brani, e speriamo che questa nostra collaborazione continui a produrre risultati del livello di 'Casa Hirta'. Ho già scritto un nuovo brano per la sua voce, dal titolo 'Barrio Gotico', e non vedo l'ora di presentarlo dal vivo."
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Tutte le voci, così come gli strumenti, hanno dato man forte per costruire il sound attuale di Corde Oblique. Il regale violino di Edo Notarloberti, sempre più presente nei tuoi brani, ha ormai sancito il proprio sposalizio con le corde della tua chitarra. Non credi?
"Lo sposalizio tra le nostre corde era già sancito ai tempi di 'Florilegium'; subito dopo le registrazioni del CD cercavamo un nuovo violinista, e la scelta cadde su di lui. La cosa impressionante di Edo è il suono, il suo violino è di una corposità invidiabile. Può capitare che, ascoltando concerti, chi scrive musica possa desiderare uno strumentista per qualche sua qualità particolare. Da quando collaboro con Edo non ho mai invidiato il violinista a nessun gruppo, quartetto od orchestra! Un altro aspetto impressionante è che solitamente i musicisti hanno una predilezione o per l'aspetto esecutivo, o per quello compositivo, mentre Edo è grande in entrambi e soprattutto ha confidenza con qualsiasi strumento: percussioni, pianoforte, chitarra e chi più ne ha più ne metta. So inoltre che ha appena concluso le registrazione del suo album solista, e non vedo l'ora di ascoltarlo."
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Dal punto di vista innovativo si rivela fondamentale l'ingresso in pianta semistabile delle percussioni (ad opera di Francesco Paolo Manna) e della fusione di queste con la batteria di Alessio Sica degli Argine...
"Francesco ed Alessio sono delle ottime persone, oltre che dei grandi musicisti. La fusione della batteria con le percussioni etniche è risultata di grande efficacia. Francesco adopera svariatissime percussioni (tra l'altro ne possiede una quantità immane); tra le più belle ci sono senza dubbio i tamburi iraniani a cornice, che creano atmosfere uniche. Mi piacerebbe davvero poter avere sia Alessio che Francesco nei live, ma purtroppo le restrizioni dei cachet non permettono di allargare l'organico, e dal vivo solitamente non posso chiamare più di quattro musicisti. Avendo la possibilità, sarebbe anche bello invitare Catarina Raposo dei Dwelling o Alessandra Santovito degli Hexperos."
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Il concetto su cui si basa l'intero album è sintetizzato nel vocabolo tedesco 'Kunstwollen', il quale rimanda alla teoria dello storico d'arte Alois Riegel, secondo la quale ogni epoca ed ogni luogo avrebbero una loro volontà d'arte ben precisa. Come mai hai deciso di riportare alla luce questo pensiero, e quali sono fondamentalmente i punti in comune tra Riccardo Prencipe ed Alois Riegel?
"Voglio che la musica sia un modo per riscoprire quelle intuizioni geniali che spesso restano adombrate dal tempo. Purtroppo i libri di storia dell'arte restano sempre più relegati nelle torri d'avorio, mentre la musica è un qualcosa che entra ancora nelle case di molti (per fortuna). Operare un'osmosi tra il mio lavoro di storico dell'arte e quello di musicista credo sia la via più giusta: se non impregniamo le cose che facciamo della nostra vita, esse rischiano di risultare false, non nostre. La cosa che più mi intriga è rendermi conto che le grafie dell'arte mutano a seconda dei secoli, delle zone geografiche, come muta la calligrafia degli uomini. Reputo tutto ciò un aspetto molto seducente: le grafie inconsapevoli identificano lo scorrere della cultura dell'uomo, nel tempo. Per quanto riguarda l'ultima parte della domanda potremmo anche riderci sopra, nel senso che stiamo paragonando quello che è stato un pilastro della storia dell'arte (della cosiddetta scuola di Vienna) con la colonnina di una bifora, ma speriamo di crescere..."
"Purtroppo i libri di storia dell'arte restano sempre più relegati nelle torri d'avorio, mentre la musica è un qualcosa che entra ancora nelle case di molti (per fortuna). Operare un'osmosi tra il mio lavoro di storico dell'arte e quello di musicista credo sia la via più giusta: se non impregniamo le cose che facciamo della nostra vita, esse rischiano di risultare false, non nostre."
(Riccardo Prencipe)
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Qual è, invece, la vera volontà di Riccardo Prencipe? Cosa miri a trasmettere, nel cuore e nella mente di chi ti ascolta, con la tua musica?
"Ciò che più mi affascina è donare sensazioni, ma soprattutto contribuire a dare valore a quei luoghi che, oltre ad essere parte del nostro patrimonio culturale, sono di una bellezza commovente; prima di scrivere musica scrivevo poesie in versi, sonetti e rime di vario tipo. Diffondere gli scritti in versi è cosa alquanto difficile oggi; trovo che invece la musica sia una via ideale per far circolare i miei scritti: la musica su una poesia è un po' come lo zucchero per una medicina."
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"Volontà D'Arte" segue per caso la struttura di un concept? E, in ogni caso, di cosa hai trattato nei testi?
"Non è un concept in senso stretto, ma diciamo che il filo conduttore che accomuna ogni brano è la storia dell'arte, intesa come selezione della bellezza che la Storia ci ha tramandato, perché la bellezza vera non è mai fine a sé stessa. L'arte, esprimendo una nuova bellezza, presume sempre una nuova moralità."
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Come già accaduto per "Respiri", la maggioranza dei brani nascono dall'emozione che ti lega ad alcuni borghi medioevali e città a te particolarmente care. Da dove hai tratto ispirazione questa volta e quali emozioni ti sei voluto portare con te in questo viaggio?
"I brani che ho dedicato ai luoghi più cari questa volta sono ben sette.
1- L'anfiteatro di Pozzuoli, di poco posteriore al celebre Colosseo romano dell'80 dopo Cristo, ma molto meno noto di questo; conservato in maniera invidiabile, quasi tutti i sotterranei sono infatti intatti e l'atmosfera che vi si respira è stupenda.
2- Casertavecchia, borgo medievale ancora abitato, e ancora vivo in tal senso, con i camini che spargono fumi densi nel cielo, con un mastio federiciano e i resti di un castello incredibilmente evocativi; in tal senso sarebbe produttivo rivalutare certi luoghi con spettacoli e rievocazioni storiche, come ad esempio si fa da decenni in Umbria e Toscana. È in questo borgo che abbiamo scattato la foto che si trova sul retro del CD.
3- Utrecht, cittadina olandese in cui ho suonato varie volte; città che mi è entrata nel cuore a ventitre anni (la prima volta che ci ho suonato) e che mi ha fatto capire quanto quella società stia avanti sotto alcuni punti di vista, città che preferisco di gran lunga ad Amsterdam per il suo carattere meno turistico e soprattutto per il suo duomo, in gran parte conservato integro (cosa rara per le chiese olandesi, in gran parte ricostruite).
4- Pozzuoli ('My Harbour'), la città in cui vivo da sempre e in particolare il borgo di Rione Terra (Dicearchia, la Pozzuoli antica e oggi disabitata); la Pozzuoli in cui vivevano mio padre e i miei nonni. I luoghi di mare sono un viaggio continuo.
5- Napoli ('Kunstwollen'): questo testo mette in luce i molti modi (spesso contrastanti) in cui sento l'altra mia città (Napoli) e cerca di mettere in luce la sua volontà d'arte.
6- Cuma. Un antichissimo insediamento della Magna Grecia (tra le prime colonie greche in occidente); il luogo in cui Petronio ambientò il suo 'Satyricon'. È un luogo che vivo da quando sono nato, la sua bellezza paesaggistica non teme confronti.
7- I mosaici pavimentali della Villa del Casale di Piazza Armerina. Meraviglia che si trova nel cuore della Sicilia; mi ci sono recato quest'estate in macchina, raggiungerla dalla costa palermitana è stata un'esperienza indimenticabile: dopo chilometri di arsura e di terra deserta si arriva in un luogo indimenticabile, centinaia di metri quadrati di mosaici su pavimenti. Il modo di raffigurare le cose prefigura la morte dell'arte romana e già sente il Medioevo sotto pelle: da brivido."
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La musica mediterranea è diventata, con Dead Can Dance prima e con Ataraxia poi, oggetto di culto tra i musicisti neofolk. Come mai, secondo te, il fascino di queste suggestioni arcane ed autentiche non si è ancora esaurito, a discapito di una musica 'oscura' sempre più propensa al rumorismo ed all'alienazione?
"Con tutto il rispetto, credo che al nome dei Dead Can Dance (irraggiungibili) non si possa affiancare quello degli Ataraxia. Detto questo, credo che la musica mediterranea non perderà mai il suo vigore, semplicemente perché non è un ramo secco: la sua fertilità è prepotente e robusta. Anche la musica oscura propensa al rumorismo può essere fatta in modo intelligente: pur suonando attualmente una musica fatta esclusivamente di strumenti reali non nutro alcun tipo di pregiudizio verso la musica elettronica, poiché alla fine resteranno in piedi le buone idee, e non i mezzi con cui le si realizza."
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A questo proposito, vorrei estendere un attimo il discorso alla scena musicale per definizione 'neofolk/ethereal' del nostro paese: in molti ancora percepiscono l'Italia come un paese spezzato a metà, anche per via di tradizioni musicali. Non credi che questa dovrebbe andare oltre i luoghi comuni che vorrebbero la musica composta nelle regioni Nord associata solamente a sentimenti quali freddezza e solitudine (ricorrenti nelle produzioni scandinave), e quella del Sud al tipico temperamento e ad una passionalità mediterranea quasi distruttiva (concetto che ricorre, per fare un esempio, nelle opere di Giovanni Verga, soprattutto nella novella 'La Lupa')? Secondo me c'è ancora qualcosa che ci accomuna tutti quanti e che va oltre tutte queste piccole divisioni: le acque sono state smosse da artisti riusciti ad andare oltre ai limiti geografici ed agli stereotipi, le cui canzoni racchiudono un po' la personalità di tutta l'Italia. Mi riferisco ad esempio ad Ataraxia, ma anche l'operato di Hexperos ed All My Faith Lost... non è da sottovalutare. Vorresti soffermarti un attimo su questa situazione ed esporre ai lettori le tue considerazioni?
"L'Italia, più che essere un paese spezzato a metà, è a mio avviso una realtà multipolare, un caleidoscopio con diversi pregi e difetti. Per quanto riguarda il tuo discorso diciamo che, come ho accennato sopra, apprezzo le persone e i musicisti che riescono a cercare il 'proprio suono', a vibrare con la propria cultura, sicuramente impregnandola di tanti altri ingredienti, ma giocare a fare i nordici è ridicolo: è come se un tedesco volesse comporre musica napoletana."
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Vorrei ora soffermarmi un attimo sul brano "Atheistic Woman", quello che ritengo il più atipico tra tutti quelli da te composti. La voce di Simone Salvatori (Spiritual Front) gioca sicuramente un ruolo fondamentale nella resa finale, ma trovo che la canzone si allontani dal tuo classico stile, essendo essa molto più fruibile rispetto alle altre. C'è del vero nella mia affermazione?
"Credo che il mio album sia nel complesso molto fruibile: da giovane credevo che 'fruibile' fosse un sinonimo del termine 'negativo', poi ci sono stati musicisti del calibro di Michael Nyman e Yan Tiersen che mi hanno insegnato che si può fare musica di qualità pur essendo semplici. Ci sono molti brani dei Carmina Burana (quelli antichi, non quello stravolgimento di Orff che personalmente reputo di dubbio gusto) strutturati in maniera semplicissima, eppure sono assai efficaci e di indubbia qualità. Fare i 'complicati' riesce bene a molti, riuscire a comporre un brano semplice è invece più difficile che scriverne uno pieno di cambi di tono e di tempo ogni minuto (cosa che facevo da teenager). Quanto al resto, credo che la voce di Simone Salvatori (che trovo davvero enfatica e bella) sia in effetti spiazzante, nel senso che rompe la monotonia, dando un tocco di diversità ad un CD fatto di voci eteree."
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Anche "Kaiowas", cover dei Sepultura, merita una menzione particolare. Come ti è venuta l'idea di coverizzare un brano metal? Non pensi che molti puristi possano storcere il naso di fronte ad una simile scelta?
"La creatività è fatta di azzardi, se i puristi vogliono storcere il naso lo facciano pure (ma sono sicuro che i più intelligenti non lo faranno). Questo brano ha per me un significato assai profondo, sia per la gente a cui venne dedicato che per aver scatenato delle nuove sensazioni in un disco piuttosto estremo ('Chaos AD'). Dare nuove possibilità di espressione ad un genere evitando di farlo impaludare (anche a rischio di non essere compresi da tutti): è questo che fa la differenza tra i grandi e i piccoli musicisti."
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Divago un attimo e ti chiedo: che musica ascolta oggi Riccardo Prencipe?
"I miei momenti musicali variano molto a seconda del periodo, per 'oggi' intendo gli ultimi mesi: Anathema, Anathema, Anathema. Credo stiano avanti, e non di poco."
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A pochi mesi dall'uscita del disco hai già avuto modo di portare il tuo nuovo repertorio su diversi palchi, nonostante in Italia sia alquanto difficile sponsorizzare certi tipi di musica. Quali sono state le reazioni del pubblico? Sono previsti altri appuntamenti?
"Una cosa che mi fa piacere è suonare in situazioni assai diverse, da palchi piuttosto grandi ad altri molto piccoli. Spesso i più piccoli, e soprattutto quello che ruota attorno ad essi, riescono a dare tanto a chi sa prenderselo: a volte danno molto di più di un bel camerino e di un mixer di ultima generazione."
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Dove ti sei proposto di arrivare con "Volontà D'Arte" e quali progetti ha in serbo per te il futuro?
"Sono due domande a cui è difficile rispondere: diciamo che in questo senso non posso che avere un ruolo da spettatore, anche se sicuramente molto partecipe; non nascondo che sono soddisfatto del mio lavoro e qualcosa me lo aspetto, ma in Italia la realtà di questa musica è davvero dura, quindi sono consapevole che la scalata è ripida... D'altronde sono al quarto album, e certe cose le capisci già al secondo."
"Da giovane credevo che 'fruibile' fosse un sinonimo del termine 'negativo', poi ci sono stati musicisti del calibro di Michael Nyman e Yan Tiersen che mi hanno insegnato che si può fare musica di qualità pur essendo semplici. Fare i 'complicati' riesce bene a molti, riuscire a comporre un brano semplice è invece più difficile che scriverne uno pieno di cambi di tono e di tempo ogni minuto (cosa che facevo da teenager)."
(Riccardo Prencipe)
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Tutti sanno che la tua ispirazione è sempre vivida... Hai già composto del nuovo materiale? Qualche anticipazione da offrirci?
"Sì, in effetti ho quasi un'ansia continua di produrre, è un mio istinto primario e spero che non finisca, perché questo è il mio terrore: sentirmi un ramo secco. Ogni volta che finisco un album ho l'ansia di superarmi con quello successivo, altrimenti non ha senso inciderne uno nuovo, ma so che non è detto che questo accada sempre. Ho già composto sette tracce nuove: diciamo che mancano alcuni arrangiamenti, ma testi, melodie vocali e armonie sono già ormai definiti. Purtroppo incidere un album in modo professionale è un investimento economico non indifferente, e se la gente ricambia col download o masterizzando i CD, il lasso di tempo tra un album e un altro non può che aumentare. È inoltre appena uscita una compilation della Prikosnovénie ('La Nuit Des Fées') con un mio nuovo brano ('Klara'), che ho inciso in Francia. La parte vocale è stata arrangiata da Mihaela Repina, cantante dei Pinknruby (uno splendido duo londinese), e con lei le collaborazioni sicuramente continueranno."
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Siamo in chiusura: nel congedarci, ti chiediamo di lasciarci con una traccia che possa aiutare chi ti ascolta ad avvicinarsi nel migliore dei modi alla tua Arte...
"In primis ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi danno forza e voglia di fare con le loro reazioni alla mia musica, sentire le impressioni da parte delle persone è il vero danaro per noi musicisti. Spesso si ha l'impressione di vivere in un mondo catatonico in cui nulla suscita più reazioni, ma solo indifferenza. Invito tutti i lettori a visitare le mie pagine web: www.cordeoblique.com e www.myspace.com/cordeobliqueunofficial. Grazie anche a te per questa intervista, fatta di domande intelligenti e non banali. Vi lascio con una citazione di Italo Calvino a cui sono molto legato, è tratta dalle 'Città invisibili':
'L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abbiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce fatale a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio'."
http://www.cordeoblique.com
http://www.prikosnovenie.com/