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31-05-2014
ARTCORE MACHINE
Lavorazioni industriali
di Roberto Alessandro Filippozzi
Sulle nostre pagine abbiamo dato il meritato spazio alle gesta di questo duo di Rovigo, formato da quei Moreno Padoan e Roberto Beltrame che già avevano militato assieme nel progetto BEMS in assetti di formazione più classicamente 'rock'. Smessi i panni, rispettivamente, di singer e bassista, i due hanno intrapreso la strada di un suono d'impianto elettronico che sapesse coniugare muscoli e cervello ad una chiara matrice industrial, affinato in tempi relativamente brevi per giungere al mirabile livello sfoggiato col recente "Lamina", secondo album siglato col monicker Artcore Machine. Certi di aver trovato nel duo nostrano un nome che possa tenere alto il vessillo dell'Italia anche in un ambito non facile e vasto come quello dell'industrial più ritmica, siamo andati ad approfondire il discorso con entrambi gli artefici di un'opera che ha tutte le carte in regola per riscuotere i giusti consensi fra gli estimatori del genere...
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Sul finire dello scorso anno siete tornati col sorprendente EP "This Isolation", che vi ha visti cimentarvi per la prima volta con un brano completo di cantati: come è nata tale idea e come si è sviluppata la collaborazione con Evan Friedel?
Moreno: "È successo tutto nel 2011, sul Soundcloud di Artcore Machine. Mi contatta questo tizio facendoci una marea di complimenti sulla nostra musica, dice di chiamarsi Evan Friedel e di abitare a Los Angeles (CA). Mi passa alcuni link per ascoltare le sue cose. Scopro che è un cantante, musicista, compositore, sound designer, tecnico del suono, con uno studio pieno di diavolerie analogiche da perderci la testa. Al tempo aveva questo progetto chiamato Slow Wave Sleep, insieme ad un certo Joshua Baca, dove la voce, quella di Evan, attirò subito la mia attenzione. Iniziammo a conoscerci a poco a poco, remixandoci alcuni brani a vicenda. Nel frattempo, Evan mi confessa anche il suo desiderio di cantare su un nostro pezzo. Aspettavamo dunque solo il brano e il momento giusto, e con "This Isolation" credo siano arrivati entrambi. Siamo molto grati e soddisfatti del contributo datoci da Evan, sapevamo fin da subito che non avrebbe deluso le nostre aspettative. Era impressionante il lavoro che aveva fatto su "This Isolation". Oltre a quel meraviglioso dono naturale che è la sua voce e oltre ad aver scritto il testo e intitolato il brano, erano la pulizia e la professionalità del suo modo di lavorare ad averci lasciato letteralmente a bocca aperta."
Roberto: "La voce di Evan diventa 'strumento' tale e quale ai vari synth che usiamo per dare l'idea non canonica di 'testo correlato ad una melodia'. Inoltre, era interessante verificare l'utilizzo della voce in un nostro pezzo, non rientrante nei canoni di creazione dei nostri brani. Di certo ha dato una connotazione più 'fruibile' alla canzone."
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L'EP mi ha colpito anche per la qualità dei remix inclusi, decisamente superiore ad una miriade di operazioni analoghe, il che avrebbe a mio avviso meritato anche un'edizione in formato fisico: qual è il vostro bilancio complessivo di "This Isolation"?
Roberto: "Grazie molte del complimento, fa piacere veder colto questo aspetto tecnico, perché l'impegno profuso nel missaggio e nella produzione è un aspetto altrettanto importante quanto nella fase compositiva. Il formato fisico è stato scelto per "Lamina" e non per "This Isolation", in base a precedenti esperienze non andate a buon fine. Il bilancio complessivo, anche in rapporto agli amici musicisti che hanno collaborato, è stato decisamente molto positivo."
Moreno: "Grazie davvero. Gli artisti coinvolti in "This Isolation" sono tutti nostri carissimi amici, nonché ottimi musicisti. Nomi come First Black Pope, Blank, Giorgio Ricci e Kreyk non hanno fatto altro che alzare notevolmente il livello qualitativo dell'EP. Ci sono stati consegnati dei remix a dir poco eccellenti. Stima e supporto infiniti per tutti loro! Per quanto riguarda invece l'edizione in formato fisico dell'EP, ti devo confessare che ci avevamo anche pensato, solo che avevamo già speso tutto per la limited edition di "Lamina" (ride, nda)!"
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Nell'anno in corso è arrivato finalmente l'album "Lamina", che già dal suo minaccioso titolo e dall'artwork si rivela tagliente come poi lo sarà anche sul piano musicale: quali concetti ruotano dietro all'intera opera?
Moreno: "Nessun concetto. Come è nostro solito, ci facciamo trasportare dalle emozioni, dallo stato d'animo del momento che stiamo vivendo e da quello che ci succede intorno. Ogni brano descrive un particolare attimo della nostra vita, tradotto in musica/rumore. Tutte le tracce sono collegate tra loro (dove era possibile farlo), non ci sono pause, non c'è modo di riprendere fiato. È un viaggio unico, senza sosta... Un trip lisergico andato male e senza ritorno... un incubo psichedelico e doloroso dal quale non ci si può risvegliare. Il titolo è venuto da sé, in un secondo momento e a lavoro ultimato. Descrive benissimo il tutto: tagliente e pericoloso ma, allo stesso tempo, fragile e delicato. Tra l'altro "Lamina" è l'anagramma di "L'anima", e questo tipo di cose mi mandano fuori di testa... (ridendo, nda)! Oh sì! Questo nome ci ha convinti fin da subito. L'artwork è ispirato sostanzialmente dal titolo e dal contenuto dell'opera stessa."
Roberto: "...caos, rumore, elettricità, tribalismo e melodia."
"Con "Lamina" abbiamo voluto fare un po' di chiarezza e spiegare in musica il nostro reale concetto di 'rumore', volevo vedere fino a che punto sarei riuscito a spingermi. Ho sempre amato la distorsione, fin dalla prima volta che presi in mano una chitarra elettrica. Non la sapevo per niente suonare, ma cazzo, quando premetti il pulsante sull'ampli per innescare il distorto, ne rimasi folgorato..." (Moreno Padoan)
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Ciò che più mi ha colpito del vostro sound attuale è la vostra innata capacità di tenere altissima sia la tensione che l'intensità: qual è il fine ultimo di un approccio così forte, e come avete lavorato per giungere ad un livello così superiore ai vostri pur buoni esordi?
Moreno: "Con gli anni l'individuo cambia, si evolve (almeno così si spera), e con esso anche la propria musica subisce, di pari passo, una trasformazione. Credo sia naturale. Oltre ad aver acquisito più esperienza sul campo, componendo, registrando e missando tracce giorno e notte, ci sentiamo anche molto più liberi di osare, di sperimentare e di cercare nuove soluzioni, sia tecniche che espressive. Fin dai primi lavori le stampe ci hanno sempre definito 'noise', compariva sempre questo termine quando si parlava della nostra musica, quando noi, invece, non trovavamo assolutamente nulla di veramente tale nel nostro sound. Con "Lamina" abbiamo voluto, in un certo senso, fare un po' di chiarezza sulla questione e spiegare in musica il nostro reale concetto di 'rumore'. Una sorta di sfida. Oltre al fatto che, essendo io a devastare con le distorsioni la maggior parte dei pezzi (Roberto si occupa per lo più della parte raffinata), volevo vedere fino a che punto sarei riuscito a spingermi. Ho sempre amato la distorsione, fin dalla prima volta che presi in mano una chitarra elettrica a 10 anni. Non la sapevo per niente suonare, ma cazzo, quando premetti il pulsante sull'ampli per innescare il distorto, ne rimasi folgorato... in tutti i sensi! Su "Lamina" ho avuto modo di sfogarmi completamente, in assoluta libertà, e direi che il risultato si sente, no?"
Roberto: "Grazie! La ricerca sonora è il cuore del progetto Artcore Machine, sperimentare continuamente è l'obiettivo. Ogni progetto finora fatto è lo studio e la visione di un suono che mescola intensità e ritmiche tribali, caos e anarchia. Naturalmente il confronto con altri musicisti e tecnici ha permesso di accrescere la nostra conoscenza nel tempo."
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Che vi si voglia definire rhythmic-industrial piuttosto che 'aggrotech', quel che è certo è che il vostro songwriting si ritaglia ampi spazi per completarsi di soluzioni intelligenti ed emozioni palpabili: quanto è importante per voi sviluppare tali aspetti e, quindi, non essere solo un'altra macchina da ritmo tutta muscoli e fragore?
Roberto: "Vanno bene le definizioni che hai citato, ma molte altre possono racchiudere realmente quella che è la nostra idea di musica. Siamo abbastanza pignoli e critici e cerchiamo di sperimentare sempre, trovando varie soluzioni alle nostre idee. I remix dimostrano che si possono interpretare idee già di per se funzionali e renderle in altra forma, altrettanto significativa e ricca di emozioni."
Moreno: "Credo che queste 'soluzioni intelligenti', come le definisci tu, siano solo un modo per rompere quella noia/monotonia che alcune volte subentra quando stai componendo. Se ti stai annoiando tu, come musicista, ti conviene subito inventarti qualcosa, perché di sicuro si annoierà anche la persona che ti ascolterà. Credo che la fase di editing sia la parte fondamentale del nostro lavoro. Durante il brano i singoli suoni devono continuamente mutare forma, cambiare nel tempo, assumere nuove sembianze. Otteniamo questo anche grazie all'errore provocato volontariamente su strumenti, macchine, software ed effetti."
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Tanti spazi per lavorare di fino, ma senza dubbio quando si tratta di 'martellare' non vi tirate indietro: quali lati di questa aggressività sono i più importanti nell'economia del vostro sound e quanto conta per voi avere qualcosa da 'dare in pasto' ai club?
Moreno: "Più che 'dare qualcosa in pasto ai club', mi preoccupo soprattutto di far sanguinare copiosamente le orecchie di chi ci ascolta. Per quanto riguarda "Lamina", è stato fatto uno studio matto e disperato in merito alla stesura e alla resa sonora delle parti ritmiche. Avevamo alcune grancasse che non suonavano per niente come volevamo, quindi mi son ritrovato a stratificarne tre in un colpo solo, con diversi tagli di frequenza. Stessa cosa per i rullanti, che non erano abbastanza deflagranti, e quindi, anche in questo caso, ho dovuto stratificarne più di uno, usando vari stadi di riverberazione e lavorando chirurgicamente con l'EQ."
Roberto: "Parti essenziali del nostro 'suono' sono le ritmiche ed i loro intrecci: proviamo un piacere enorme nell'usare pattern ritmici potenti e 'rumorosi', e più martellano, meglio è!!"
"Per noi 'industrial' è un elemento ispiratore dei processi di composizione, è un atteggiamento, una via senza convenzioni, una tecnica che permettere di eliminare la tecnica. I rumorismi che si colgono nei nostri brani si ispirano certamente al concetto industrial e, in tal senso, ci sentiamo molto vicini a questo genere e a nomi fondamentali come Throbbing Gristle, Einstürzende Neubauten, Cabaret Voltaire..."
(Roberto Beltrame)
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In troppi negli anni si sono appropriati dell'etichetta 'industrial', quando in primo luogo la 'musica industriale' dovrebbe ruotare attorno alla modulazione del rumore, cosa che voi fate con ottimi esiti: vi sentite pienamente 'industrial' in tal senso? E cosa significa questo termine per voi?
Roberto: "Per noi 'industrial' è un elemento ispiratore dei processi di composizione, è un atteggiamento, una via senza convenzioni, una tecnica che permettere di eliminare la tecnica. I rumorismi che si colgono nei nostri brani si ispirano certamente al concetto industrial e, in tal senso, ci sentiamo molto vicini a questo genere e a chi lo ha proposto, con lavori fondamentali di nomi come Throbbing Gristle, Einstürzende Neubauten, Cabaret Voltaire."
Moreno: "A dire la verità, l'unica cosa che ho io di industriale è il fatto che lavoro come grafico interno ad una ditta di impianti di depurazione 'industriali'... Credo che neanche quei pazzi furiosi di P-Orridge e Monte Cazazza avessero chiare le idee sulla questione..."
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Tornando al brano "This Isolation", esso è apparso nella versione strumentale sull'album, come era prevedibile. Visti tuttavia gli ottimi esiti della versione coi cantati, perché non avete pensato di ampliare l'esperienza, eventualmente includendo anche altre voci? Ci sono progetti per il futuro in tal senso?
Moreno: "Il brano "This Isolation" è stata una bella sorpresa un po' per tutti e anche qualcosa di abbastanza spiazzante, visti i precedenti. Pensavamo dunque, in futuro, di ripetere l'esperienza anche con un intero album in studio, magari coinvolgendo molti più artisti... non sarebbe affatto una brutta idea."
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Anche l'album è uscito in digitale, ma ne sono state prodotte 50 copie per la limitatissima edizione fisica: una scelta dettata dai pessimi segnali che l'industria discografica dà riguardo alle vendite, oppure sono altre le motivazioni per una tiratura così esigua?
Moreno: "No, credo tu abbia centrato in pieno il problema. Oggi gli affari si fanno sui produttori e non sui consumatori, che tra l'altro non ci sono. Mi spiego meglio: vengono creati e venduti al musicista, o all'aspirante tale, tutti gli strumenti necessari per crearsi la propria musica in casa, roba che però mai nessuno acquisterà. L'offerta ha superato la richiesta e siamo quindi al collasso."
Roberto: "Abbiamo avuto passate esperienze in altri gruppi in cui le edizioni fisiche (CD) sono tuttora in scatoloni che prendono polvere. Abbiamo scelto questo a ragion veduta, perché non crediamo nell'industria discografica attualmente strutturata, viste anche le risorse che la rete, la digitalizzazione e la fruizione del formato scaricabile ha determinato nella cultura odierna. Veloce e sfuggente."
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Il vostro progetto è nato sostanzialmente da una costola dei BEMS: quanto è stato importante sviluppare quella esperienza in funzione di ciò che avete fatto poi come Artcore Machine? Fate ancora parte dei BEMS?
Moreno: "I BEMS sono defunti dal 2011... credo, in parte, per colpa mia. Ero stanco e demotivato, non concepivo più l'impostazione classica di una rock band (voce, chitarra, basso, batteria) e, soprattutto, non volevo più cantare. Era un periodo in cui odiavo fortemente sia la mia voce che il mio modo di cantare, odiavo riascoltarmi e odiavo quello che stavo facendo. Sentivo la necessità di cambiare, di fare qualcosa di nuovo e stimolante. Credo che la nascita di Artcore Machine nel 2009 fosse già un segnale di questo malessere..."
Roberto: "È stato importante suonare assieme, perché ci ha permesso di affinare nel tempo i nostri gusti, capire le affinità e divergenze, acquisire un metodo di lavoro che ci ha lasciato entrambi soddisfatti. Ci conosciamo ormai da più di vent'anni e questo percorso di condivisione musicale continua ancora oggi. Non male."
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Come Artcore Machine vi esibite anche dal vivo, e vorrei cogliere l'occasione per chiedervi come affrontate il momento dello show, visto che la tendenza da parte dei più grossolani è quella di considerare i gruppi di area electro come 'gente che schiaccia solo un tasto'...
Moreno: "Come biasimarli... certe volte cerco di mettermi anche nei loro panni. Non credo sia colpa loro se gli è venuta a mancare quell'educazione sul come affrontare questo tipo di performance. Sono sempre stati abituati ad assistere a live con band di formazione classica, voce/basso/chitarra/batteria/tastiera. Hanno bisogno di vedersi il frontman che si dimena sul palco, il chitarrista in pose costruite che ti fa vedere quanto cazzo è veloce a farti un assolo. Togli loro queste sicurezze e si sentiranno automaticamente persi. Da parte mia, quando suono live cerco di divertirmi al massimo, mi sale un'adrenalina tale che ogni cosa davanti a me scompare. Dal vivo la nostra devastazione sonora, sempre se troviamo l'impianto e la location adatta, viene portata ai massimi livelli. Un vero cazzo di massacro dove, a concerto terminato, si contano i superstiti. Non sto esagerando... abbiamo dei testimoni ancora vivi (risate, nda)! Tutto questo però ha un prezzo, perché al gestore di locale/club/organizzatore di eventi non piace molto questa attitudine. Siamo scomodi e fastidiosi e la loro clientela deve bere, consumare, farsi le foto da mettere poi sui social-cosi. E poi, dai... non possono spendere soldi per un progetto come il nostro, ti pare? Meglio la sicurezza di un dj con la sua playlist preparata ad hoc sul cazzo di portatile, infarcita dei soliti classiconi inflazionati, triti e ritriti. Fanculo."
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Cosa c'è in programma per il futuro degli Artcore Machine? E riguardo alla Xonar Records, che è la vostra etichetta, avete mai pensato di aprirla ad altri act oltre al vostro?
Moreno: "Difficile a dirsi: potremmo sfornare album di musica ancora per alcuni anni, come potremmo chiudere baracca e burattini anche domani stesso. Non facciamo progetti a lungo termine, per quest'anno abbiamo dato con Artcore Machine. Ci sono poi anche altri progetti a cui dedicare del tempo e, oltre a questo, devo occuparmi io personalmente anche della Xonar, che al momento e per lo più una sorta di vetrina per noi e per alcuni altri artisti che stiamo cercando di promuovere."
Roberto: "Per ora non abbiamo niente in programma per Artcore Machine. Di idee ce ne sono (come al solito non ci fermiamo mai), ma sono solo abbozzi: vedremo se ne ricaveremo qualcosa."
"Dal vivo la nostra devastazione sonora viene portata ai massimi livelli. Tutto questo però ha un prezzo, perché a chi organizza non piace molto questa attitudine. Siamo scomodi e fastidiosi e la loro clientela deve bere, consumare, farsi le foto da mettere poi sui social-cosi. E poi, dai... non possono spendere soldi per un progetto come il nostro, ti pare? Meglio la sicurezza di un dj con la sua playlist preparata ad hoc sul cazzo di portatile, infarcita dei soliti classiconi inflazionati, triti e ritriti. Fanculo..."
(Moreno Padoan)
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Chiudiamo con una nota sulla scena nazionale: l'Italia continua a sfornare ottimi gruppi più o meno in ogni settore, ma al contempo il pubblico è sempre meno, sempre più disattento, poco coinvolto... Qual è il vero male della scena nazionale a tinte scure, e quale potrebbe essere eventualmente la 'cura'?
Moreno: "Non sono molto informato sull'andamento della cosiddetta 'scena' o 'messinscena', sia italiana che estera. Di solito non ascolto musica per passatempo o per puro piacere. Sto tutto il giorno a mixare frequenze e a valutare lavori che mi arrivano per l'etichetta, quindi mi manca proprio la voglia e il tempo materiale per ascoltare dell'altro. Sarebbe come offrire brioches ad un pasticcere... Subentra inevitabilmente quella sorta di 'deformazione professionale' che rovina il piacere nel semplice gesto di ascoltare musica. Tuttavia, ho preso ultimamente l'impegno di supportare i nostri artisti italiani, acquistando i loro lavori."
Roberto: "Non vedo un male in assoluto. Più che altro, credo sia un fattore culturale che non ha avuto possibilità di sviluppo nella nostra Italia. Le avanguardie industrial italiane hanno trovato più eco all'estero che in casa. La predisposizione culturale che l'Italia dimostra verso la melodia di certo non facilita l'approccio al sound a tinte scure. La disattenzione dell'ascoltatore è direttamente proporzionale alla possibilità di fruizione della musica, immagina di avere una tavola imbandita con cibi e pietanze di qualsiasi tipo: finirai con l'ingurgitare più roba possibile, perdendo il gusto dell'atto stesso..."
http://artcoremachine.blogspot.it/
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