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31-01-2011
EGIDA AUREA
In piedi tra le rovine
di Michele Viali
La conferma della band genovese, capitanata da Diego Banchero, arriva con il primo CD "La Mia Piccola Guerra", che trova vigore e stimoli non solo in melodie ed esecuzioni esemplari, ma anche in testi efficaci, mai scontati e forieri di messaggi importanti, in grado di mettere in luce i limiti, le incoerenze e le passioni della psiche umana analizzando momenti storici e sociali che spesso ci riguardano direttamente. La profondità espressa nel disco ci ha quasi imposto di intervistare il mastermind di Egida Aurea, al fine di scandagliare e capire nel miglior modo possibile un lavoro che forse ci porrà sempre degli interrogativi a cui non troveremo risposta...
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Il vostro acclamato mini d'esordio risale ormai a oltre tre anni fa: perché avete atteso così tanto tempo per l'uscita del primo full-length?
"Il mini d'esordio è stato una specie di esperimento fatto (a tempo perso e con mezzi molto limitati) da me e Carolina, con l'aiuto di qualche amico cooptato prevalentemente nell'entourage di Recondita Stirpe. Visto e considerato che il bilancio di quell'esperienza è stato chiuso in modo ampiamente positivo, abbiamo deciso di continuare. Prima di procedere, abbiamo sentito però la necessità di migliorare un po' il livello qualitativo delle produzioni, e questo ha richiesto un certo lavoro organizzativo. Tale lavoro, sommato ad una serie di problemi personali e di impegni artistici che ci hanno tenuti impegnati su altri fronti (vedi la pubblicazione di "Nessuna Letargia" con Recondita Stirpe, "Disco Nero" con Runes Order e il disco d'esordio di Ballo Delle Castagne), ha portato via molto tempo. Anche realizzare "La Mia Piccola Guerra" ha comportato un impegno di una certa mole, visto e considerato che abbiamo dovuto ritoccare più volte la line-up per arrivare a formare una squadra solida, che arricchisse e personalizzasse il sound del gruppo fino a realizzare la nostra idea di partenza dandoci anche certe garanzie di stabilità per il futuro. È stato un lavoro di tessitura di una tela più volte fatta e disfatta. Ci siamo voluti poi concedere il tempo per sperimentare, spostando più volte la deadline fino a quando non ci siamo ritenuti soddisfatti del risultato, sia per quanto riguarda la musica che per quanto riguarda l'impianto grafico dell'album."
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"La Mia Piccola Guerra" viene presentato in concomitanza col nuovo CD di Runes Order a cui prendete parte sia tu che Carolina, mentre Claudio Dondo appare nei credits del vostro disco. Al di là delle reciproche partecipazioni, quale particolare feeling lega i due album?
"L'album "Disco Nero" è stato sviluppato nell'arco di molti anni. Lungo questo lasso di tempo io e Claudio abbiamo fatto altri lavori, rimandandone la realizzazione a tempi più propizi. Oltre che da un lungo rapporto di amicizia, io e lui siamo legati da una reciproca stima che ci rende da sempre fans dei nostri rispettivi progetti, presenti e passati. Io, in "Disco Nero", ho avuto modo di lavorare su atmosfere con cui non avevo più a che fare dai tempi de Il Segno Del Comando e ho potuto lasciarmi andare col basso come non facevo da tempo. Anche scrivere i tre testi di cui ho la paternità si è rivelata un sfida molto interessante. Per contro, Claudio, ha azzeccato subito le atmosfere dei tre brani della nuova release di Egida Aurea sui quali ha suonato, sviluppando una trama sonora che ci ha soddisfatto pienamente. Infine, c'è da considerare che al momento la maggior parte dei musicisti di Egida Aurea compongono anche la line-up di Runes Order. Questo porta un affiatamento particolare che si riflette su ogni lavoro."
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Un vostro brano era già apparso nella compilation della HR!SPQR "Folk Studio". Come siete arrivati a scegliere la label romana per il vostro album d'esordio? Si erano fatte avanti anche altre etichette?
"Dopo l'esordio con Wolf Age Records abbiamo avuto diverse proposte da label interessate a noi. Tuttavia abbiamo preferito continuare la collaborazione con HR!SPQR, iniziata con Recondita Stirpe, che sino ad oggi è stata molto proficua e pienamente soddisfacente."
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Rispetto al mini "Storia Di Una Rondine" il vostro suono è cambiato, si è fatto più raffinato, la resa audio è nettamente migliorata: come avete lavorato dal punto di vista tecnico?
"L'album "La Mia Piccola Guerra" è stato realizzato nello stesso studio privato che ha partorito il mini di esordio, ma nel frattempo abbiamo cercato di migliorare un minimo le attrezzature, che, soprattutto in fase di ripresa di strumenti acustici, hanno grande rilevanza sulla qualità finale del suono. Inoltre abbiamo avuto modo di sperimentare con più calma assieme ai musicisti, che hanno dato un contributo fondamentale grazie alla loro professionalità. Un ottimo lavoro è stato anche svolto da Marco Garegnani di The Green Man e Giampiero Di Barbaro di Hidden Place, che hanno amministrato egregiamente tutta la logistica delle registrazioni eseguite fuori Genova. Molta cura, infine, è stata messa nella fase di missaggio e di mastering."
"Ricalcare fedelmente soluzioni già sperimentate non soddisferebbe la nostra esigenza di dare un modesto contributo per fare evolvere le sonorità di un approccio artistico che ci auguriamo continui a far sentire in modo sempre più determinato la sua influenza sul panorama internazionale. Forse sentiamo che, facendo ciò che sappiamo fare meglio, questo ci permetta di dare il nostro piccolo aiuto per tenere viva la fiamma di una elaborazione artistico-culturale che non deve spegnersi..."
(Diego Banchero)
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Sembra abbiate accantonato definitivamente sia i riferimenti al classico neofolk di matrice europea che le venature marziali, per sposare un mood folklorico (fortissimo in "L'Ultimo Valzer") e vagamente rock che vi lega al panorama cantautorale italico, rivisto con una certa dose di personalità... Vi ha ispirato qualche musicista in particolare?
"Più che abbandonare l'approccio neofolk classico, abbiamo cercato di arricchirlo con tutta una serie di atmosfere e suggestioni che, a nostro avviso, meglio si adattano ad una varietà di tematiche che non abbracciano solamente lo spirito marziale in senso stretto (e le implicazioni ad esso connesse), ma che spaziano spesso nella disamina di aspetti interiori e di fenomeni sociali. Non posso nascondere di essere da sempre affascinato dal cantautorato italiano di un certo livello. Adoro da sempre Battiato e De Andrè e non nascondo che abbiano avuto una grande influenza su di me, diventando un grosso punto di riferimento soprattutto per quanto riguarda la scrittura dei testi. Sin dall'inizio, Egida Aurea ha sviluppato soluzioni sonore che non ricalcavano troppo fedelmente i canoni della scena. Questa scelta non è dovuta alla volontà di discostarsi a tutti costi da un filone di avanguardia artistica che adoriamo, ma semplicemente dalla necessità di fare ciò che ci viene spontaneo. Inoltre, il ricalcare fedelmente soluzioni già sperimentate non soddisferebbe la nostra esigenza di dare un modesto contributo per fare evolvere le sonorità di un approccio artistico che ci auguriamo continui a far sentire in modo sempre più determinato la sua influenza sul panorama internazionale. Forse sentiamo che, facendo ciò che sappiamo fare meglio, questo ci permetta di dare il nostro piccolo aiuto per tenere viva la fiamma di una elaborazione artistico-culturale che non deve spegnersi."
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Dal punto di vista strumentale sembra avere un ruolo predominante la fisarmonica di Fernando Cherchi, che dà un taglio folk non indifferente...
"Fernando, oltre ad essere una persona eccezionale, è uno degli elementi chiave del nostro sound. In realtà, pur essendo un polistrumentista, il suo strumento principale è da sempre la batteria, ma con noi ha accettato di ricoprire il ruolo di fisarmonicista sviluppando uno stile essenziale, molto spartano e diretto, che si adatta perfettamente alle nostre esigenze e soddisfa i nostri gusti."
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Nel disco appaiono alcune ballate musicalmente malinconiche e intimiste ("Il Passo Dell'Esule", "Epifania Di Una Chimera", "Il Congedo"): un aspetto nuovo per Egida Aurea. Come e perché avete sviluppato questo profilo sonoro?
"In realtà i brani che hai citato sono stati scritti già prima dell'uscita del mini d'esordio (assieme ad una decina di brani in stile cabaret noire che però abbiamo deciso di lasciare da parte e riutilizzare semmai in futuro, non più per Egida Aurea, ma casomai per qualche altro progetto), ma per una serie di problematiche tecniche non siamo riusciti a realizzarli in quel contesto ed abbiamo dovuto rimandarne la registrazione a tempi migliori. Il contributo di Claudio Dondo alle tastiere ha dato un tocco di atmosfera sperimentale che non guasta, e le ottime parti di percussioni di Antonio Losenno (degli Hidden Place) hanno arricchito di una pulsazione marziale la trama ritmica dei brani. Soprattutto in pezzi come "Epifania Di Una Chimera" e "Il Passo Dell'Esule", poi, ci sono anche influenze relative alle mie esperienze compositive precedenti come Il Segno Del Comando."
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Nei testi torna spesso la metafora della luce e dell'oscurità, resa in modo vibrante soprattutto in "Epifania Di Una Chimera": "...nuova visione del mondo/luce di una nuova alba/flagella il sipario dell'oscurità". A cosa dovremmo pensare se volessimo concretizzare questi due opposti, trasporli in una situazione totale e reale al tempo stesso?
"Le metafore della luce e dell'oscurità corrispondono simbolicamente a delle fasi attraverso cui il genere umano passa. Alcune di esse sono più vicine alle vette luminose ed altre agli abissi, dove il buio regna sovrano. In questo discorso non rientrano direttamente le concezioni legate alla tradizione induista delle quattro ere. Il brano "Epifania Di Una Chimera" affronta la questione delle mutazioni metafisiche (o salti di paradigma), che portano a dei cambiamenti profondi che condizionano il modo con cui le masse percepiscono e interpretano la realtà che le circonda. Alcuni di questi mutamenti si sono allargati a macchia d'olio tra le popolazioni, portando cambiamenti radicali di proporzione planetaria e determinando non solo la fine di imperi secolari o millenari, ma creando profonde alterazioni nel modo in cui l'uomo percepisce la vita, i rapporti interpersonali e molti altri fattori che hanno importanza determinante in ambito sociale. Saper influenzare tali dinamiche conferisce un potere enorme che può consentire di cambiare il corso della storia. Questo comporta, ad esempio, che pochi riescano a ritagliarsi un posto al sole regalando a molti altri periodi più o meno bui. Tuttavia si devono sempre fare i conti con equilibri particolarmente instabili, che fanno i conti con conflittualità antropologiche. Talvolta può capitare che compaia una nuova idea che, radicata in condizioni ambientali favorevoli, rovescia lo scenario rendendolo obsoleto alle necessità degli uomini. Secondo alcuni pensatori, a volte, le idee nascono in più menti in maniera contemporanea e poi, per la scintilla che parte da una di esse, un nuovo fuoco divampa."
"Il periodo che va dagli anni sessanta a tutti gli anni ottanta rappresenta una pagina molto importante della storia italiana, senza la quale un'analisi che porti a capire come si sia giunti alla dissoluzione dei nostri giorni è pressoché impossibile..."
(Diego Banchero)
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Brani come "La Mia Piccola Guerra" e "Memorie Di Gesta" ci portano nel turbinoso panorama degli anni di piombo, con Carolina che intona le parole di una combattente... Il tema è stato affrontato di recente, in vario modo, anche da altre due band che conoscete bene: Ianva e Varunna... Perché avete scelto di trattare questo argomento ancora così scottante?
"Egida Aurea ha esordito nel 2007 con un brano che parlava di scontri urbani nella compilation online di NeoFolk.it. Abbiamo continuato sulla linea intrapresa in un periodo in cui le altre band erano per lo più concentrate sulla proficua disamina di fatti relativi alle ultime guerre mondiali (da cui pure noi non ci siamo esentati). Lo stesso mini d'esordio è basato sul recupero di fatti relativi a fasi storiche che partono da un passato molto remoto (come il brano "Théos Anikétos"), sino ad arrivare alle guerre urbane della seconda metà del Novecento (come "Il Giorno Delle Chimiche Brume" e "L'Ottobre Nero Di Mosca"). Non avendo avuto modo di ascoltare il lavoro svolto dalle altre band che si sono incanalate per questa strada, non so quale sia stato lo spirito che le ha spinte verso tale scelta. Posso solo dire che, nel nostro caso, il periodo che va dagli anni sessanta a tutti gli anni ottanta rappresenta una pagina molto importante, senza la quale un'analisi che porti a capire come si sia giunti alla dissoluzione dei nostri giorni è pressoché impossibile. Volendo fare qualche precisazione sulle canzoni da te citate, il brano "La Mia Piccola Guerra" parla della scelta della clandestinità e della lotta armata (tematiche più prettamente riconducibili agli anni settanta) per creare un parallelo utile ad analizzare un tipo di 'guerra' che si combatte per arrivare ad un sufficiente livello di crescita interna, senza la quale la stessa applicazione di qualsivoglia valore o pensiero diventa puramente virtuale, restando nella sfera dei discorsi buttati al vento. "Memorie Di Gesta" in realtà si colloca in un periodo storico molto più recente, facendo riferimento a fatti risalenti a pochi anni fa. È un piccolo omaggio all'autodeterminazione, che permette una sopravvivenza urbana sempre più difficoltosa."
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Proviamo a stringere il cerchio sul protagonista di "La Mia Piccola Guerra": la lotta, la pistola, la clandestinità... Che profilo umano può nascondersi dietro queste caratteristiche e da quali ideali è mosso?
"Come già anticipato nel rispondere alla domanda precedente, in questo brano ho voluto analizzare un profilo umano che contempla la scelta della guerra, sapendo di dover trovare parallelamente una soluzione alla sua lotta interiore. In questo caso la guerra è un'esperienza ancor più personale, poiché non si tratta della risposta alla chiamata alle armi che la 'madre patria' compie per un suo figlio (e che, per certi versi, è omologata dal contesto sociale di appartenenza). Si tratta di una guerra molto più 'intima', in cui l'unica chiamata proviene dall'ideale. Questo comporta un'inesorabile conflittualità che tiene viva sempre una certa dose di dubbio latente. C'è sempre il rischio che le epoche (e con esse le visioni del mondo) cambino, le pulsioni interne di gioventù si affievoliscano e un individuo non capisca più se gli ideali che ha scelto di servire, senza preoccuparsi delle conseguenze, si rivelino un sogno che svanisce al risveglio. Detto ciò, non è mia intenzione esprimere un giudizio di merito che svilisca la scelta di combattere per ciò in cui si crede. Semmai il mio intento è proprio contrario a ciò: solo accettando una sfida profonda e non minimizzando le devianze interne si può compiere una mediazione significativa che permetta di non restare schiavo delle emozioni (che, elaborate in modo slegato dall'azione, rischiano di restare un semplice esercizio mentale privo di una reale efficacia pratica), ma di seguire la ragione in modo più libero dalle difese che la condizionano, anche quando essa non ha più il rinforzo di una patria o di un gruppo di appartenenza definito come guida. Un altro motivo per cui ho voluto compiere questa analisi sta nel fatto che la suddetta guerra interiore, nella nostra era, parte con lo svantaggio di un condizionamento culturale su larga scala, inaspritosi soprattutto dopo la seconda guerra mondiale e con le cui scorie ognuno di noi deve più o meno fare i conti. Chi non vuole piegarsi alle logiche che fanno da letto al fiume del capitalismo liberistico moderno in cui nuotiamo deve rinunciare a delle comodità (materiali e metafisiche) cui tutti noi siamo ben abituati, e che nel brano sono esemplificate dalla rinuncia implicita alla scelta della clandestinità. Componente quest'ultima che mette in gioco la stessa identità pubblica e il proprio senso di appartenenza al contesto sociale. La vittoria e la sconfitta si rivelano aspetti secondari."
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"Lo Zar Non È Morto" è un altro brano relativo alla storia della Russia, dopo "L'Ottobre Nero Di Mosca", e ancora con il testo scritto da Guglielmo Amore... cosa vi lega a questa nazione tanto da trattarne passaggi storici in ben due tracce?
"L'interesse verso la Russia ed i paesi slavi sta nella curiosità che ci suscitano le caratteristiche di instabilità e indomabilità, che rendono queste popolazioni tra i pochi baluardi ancora in grado di mettere in crisi le regole di un occidente omologato ed asservito alle logiche del libero mercato, dettato dalle borghesie mondiali e dalle socialdemocrazie illuminate. Tra l'altro, una delle caratteristiche di tali etnie sta in una innata componente antioccidentale, a causa della quale un'integrazione con altre culture europee appare molto difficile. Premesso questo, non riteniamo esprimere un definitivo giudizio di merito od adesione a certi movimenti che conosciamo solo per via indiretta, essendo molto lontani da noi, ma semmai evidenziare che certe logiche, che tengono in scacco il mondo, devono fare i conti con elementi non facilmente controllabili e ben lontani dall'essere estinti. Siamo quindi più che altro incuriositi dai possibili sviluppi che potrebbero prendere l'avvio da tali scenari."
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Dal testo trapela un non troppo velato inno ai sovrani russi, in opposizione a quanto avvenne dopo la loro caduta... È giusto leggervi anche una critica alla parentesi storica dell'Unione Sovietica?
"Più che una critica alla parentesi storica della ex-Unione Sovietica (che comunque sembra sempre più lontana dall'essere considerata il paradiso del socialismo che si pensava nei decenni successivi al dopoguerra, ma che ha mantenuto una struttura autocratica per tanti versi non troppo differente dall'impero che l'ha preceduta), in quei testi si voleva evidenziare che, tra i vari movimenti che convergono verso l'idea di un'alleanza nazional comunista, non manca il contributo proveniente da ambienti legati al culto ortodosso, ad ex-combattenti dell'armata rossa, fino a giungere a chi guarda con nostalgia all'ex-Russia zarista, passando per movimenti in cui convivono addirittura stalinismo ed antibolscevismo. Premesso ciò, non sottovalutiamo il fatto che, per un italiano, abbracciare certe cause o anche solo compierne un'analisi soddisfacente resta un'impresa ardua."
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Nel brano "Egida Aurea" fate riferimento a un "maestro ormai scomparso" di cui "applichiam l'insegnamento/pronti a reclutar chiunque rompa/il proprio stordimento...": chi si cela dietro questa identità? Buona parte dei testi di Egida Aurea si fondano sul pensiero di un "maestro ormai scomparso"?
"Buona parte dei brani nasce da spunti interessanti, tratti dal contributo di pensatori che ci hanno aperto la strada e fatto da guida. Quindi, più che un unico maestro, direi che ce ne sono diversi. Anni fa un mio amico mi disse che la verità va presa da qualunque parte essa arrivi. Può sembrare un'affermazione scontata questa, ma è tutt'altro che semplice da mettere in atto. Ognuno dei suddetti maestri è per noi importante perché ha dato un contributo fondamentale, in primis alla mia crescita personale, permettendomi di difendermi da quello 'stordimento' di cui il testo parla."
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La chiusa di "L'Ultimo Valzer" ha le fattezze di una marcia funebre. Perché avete scelto, quale oggetto protagonista del pezzo, proprio un "catafalco"? Quale significato cela questo brano per certi versi definitivo?
"Il catafalco in questione rappresenta in pratica il feretro della civiltà. Una civiltà di cui, per comodità, le masse tendono sempre più ad abbandonare i valori portanti, per consentire alle componenti più istintuale e bestiali di emergere ed essere soddisfatte senza fare i conti con la ragione. Nell'affrettarsi a seppellirla, però, le medesime masse non tengono conto che finiranno nello stesso avello che ospiterà il catafalco."
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I vostri concerti hanno ottenuto un largo consenso in Italia. Vi aspettavate un'accoglienza così positiva anche in sede live?
"Per ora in sede live abbiamo avuto un'ottima risposta di pubblico. Chiaramente speriamo che continui così, perché questo dimostrerebbe che anche il nuovo disco è stato apprezzato e l'obiettivo, cioè far arrivare il nostro messaggio al più alto numero di persone, perseguito."
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Ricordi qualche particolare che ti ha colpito positivamente durante una delle vostre esibizioni dal vivo?
"Ricordo in particolare quanto avvenuto nella nostra prima uscita dal vivo a Genova, agli inizi del 2010. Dopo solo un miniCD di quattro pezzi, ci siamo trovati davanti un locale gremito di persone (in alcuni casi venute dall'estero) che intonavano i nostri ritornelli. È stata un'esperienza stupenda che auguro ad ogni gruppo che calca il palco per la prima volta. Un altro ricordo bellissimo è relativo alla data di presentazione di "Folk Studio" a Milano, dove tra il pubblico ci siamo ritrovati Elena, Daniela e Manuel della Camerata Mediolanense, di cui siamo fans accaniti. Ricevere i loro apprezzamenti a fine concerto è stata un'esperienza impagabile."
"La guerra interiore, nella nostra era, parte con lo svantaggio di un condizionamento culturale su larga scala, inaspritosi soprattutto dopo la seconda guerra mondiale e con le cui scorie ognuno di noi deve più o meno fare i conti. Chi non vuole piegarsi alle logiche che fanno da letto al fiume del capitalismo liberistico moderno in cui nuotiamo deve rinunciare a delle comodità cui tutti noi siamo ben abituati..."
(Diego Banchero)
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Avete in programma concerti anche all'estero?
"Stiamo prendendo molti contatti e valutando richieste che ci stanno arrivando sia dall'Italia che dall'estero. Nel limite delle nostre possibilità cercheremo di suonare dal vivo il più possibile, perché l'attività live ci diverte molto e ci permette di far crescere il nostro affiatamento, cosa che si riflette in maniera diretta sul sound del gruppo."
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L'album "Nessuna Letargia", firmato nel 2007 dalla tua band Recondita Stirpe, sembra avere non pochi legami sonori e testuali con il nuovo disco di Egida Aurea: dallo stile folk-cantautoriale alla reazione contro una "oscurità" imperante... Con "La Mia Piccola Guerra" avete dato seguito ad un discorso già iniziato in precedenza?
"Esiste sicuramente un legame di continuità tra i due progetti che non è dovuto solo al fatto che curo la composizione in entrambi, ma ad una condivisione degli scopi meta-musicali che mi hanno spinto, dopo anni di militanza in altre scene, a dar vita ai due gruppi. Il motivo per cui li teniamo vivi entrambi è l'opportunità di avere maggiore spazio in cui metter in gioco potenzialità e risorse umane. Egida Aurea ha sviluppato un approccio lirico differente da quello di Recondita Stirpe, che è legato alla voce ed al songwriting di Christoff. Anche gli approcci strumentali e compositivi sono congegnati per soluzioni più orchestrali, che spesso prediligono un approccio 'modale'. Egida Aurea è nata per essere una formazione più ristretta, agile e modulare e per supportare una voce femminile (quella di Carolina). Ultimo aspetto che fa la differenza, sta nel desiderio di mettermi in gioco nella scrittura dei testi, nato solo pochi anni fa proprio con Egida Aurea, ma che soddisfa una mia esigenza espressiva consistente nel mettere direttamente nero su bianco il frutto di anni di studi, riflessioni ed analisi della realtà senza invadere gli spazi di Recondita Stirpe, che funziona bene anche senza un mio contributo diretto in tal senso."
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Cosa c'è nel futuro dei Recondita Stirpe? Torneranno ad incidere qualcosa?
"Abbiamo pianificato di registrare un miniCD appena gli impegni di Egida Aurea ce lo consentiranno. Per quanto riguarda le musiche, abbiamo materiale in abbondanza su cui sviluppare le nuove canzoni."
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Quali progetti avete per Egida Aurea? Avete già pensato a nuovi brani?
"Per il momento abbiamo intenzione di concentrarci sull'attività live. Siamo anche convinti che il lavoro che stiamo macinando tra palco e sala prove sia di grande importanza per consolidare ulteriormente il sound già strutturato sul disco pubblicato di recente, e che ciò sia di grande importanza anche per ogni eventuale lavoro futuro. Nuove idee non mancano, ma in questo periodo non abbiamo pianificato di registrare materiale nuovo almeno fino agli inizi del 2011."
http://www.myspace.com/egidaaurea
http://www.hauruckspqr.com/