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21-07-2010
ATARAXIA
Le onde del mare cantano ai musici ed alla dama di Canossa
di Nicola Tenani
Non sempre è sufficiente amare un album o scriverne con enfasi per capirlo fino in fondo, ed in questo caso "Llyr" non si completa se dalle parole dei quattro ragazzi emiliani non cerchiamo di estrarre altre verità celate, non ermetiche ma interpretabili da animi diversi, sensibilità che ognuno porta all'interno del progetto. Giovanni, Vittorio, Riccardo e Francesca sono una band, ed essere tale vuol dire interagire, lottare, proporre, sedurre reciprocamente, stimolare il reciproco senso dell'arte; in altri casi c'è magari un leader che detta le leggi interne, e la cosa spesso funziona: una mente gestisce le tecniche, raffinata finché si vuole, ma gli Ataraxia sono una mente composta da quattro persone che si rispettano prima nell'amicizia e poi nel suono composto. Ragion per cui abbiamo voluto coinvolgere ognuno dei membri, ed è una gradita conferma sapere che dentro ognuno di loro l'artista è prima di tutto una persona sensibile ed innamorata della musica, la propria musica, fuori dalle tendenze ma capace di determinarne di differenti, fuori dagli agoni ma riverita e corteggiata in ogni parte del mondo, non solo dal popolo goth. "Llyr" è quasi una summa di anni di ricerca verso nuove fonti del sapere, del suono, della parola cantata, del vocalizzo da ricercare in nuove soluzioni, dell'accordo da far crescere lentamente tra le dita, della membrana da percuotere con amore sul membrafono, dei tasti da scegliere nella successione più appropriata. "Llyr" è lo sciamano che guarisce l'interiorità di ognuno, e per farlo vi chiede solo di chiudere per l'ennesima volta gli occhi ed entrare nel mondo degli Ataraxia, un mondo bellissimo e ciclico nel riproporre ciò che è stato con l'occhio di chi, però, guarda avanti sapendo che chi si adagia sui propri allori li vedrà disseccare. E noi una nuova corona la vogliamo intrecciare per posarla di nuovo sul capo degli Ataraxia, fosse solo per rendere l'atmosfera più consona al suono della lira, in realtà perché un tributo a chi porta alto il vessillo del goth italiano noi della redazione lo vogliamo virtualmente donare con affetto.
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In "Llyr" come in "Kremasta Nera", la presenza dei quattro elementi protagonisti nella Natura e nel concept è forte. Quattro come lo siete voi, ed in Giovanni percepisco l'acqua che scorre come tasti a pioggia, plettrate di fuoco nelle chitarre di Vittorio, terra nella rituale ricerca percussiva di Riccardo, aria in Francesca, aria che vibra le corde vocali e che si adatta al suo essere eterea. Sentite questa descrizione vostra, oppure in qualche frangente il vostro essere si rifà ad altri elementi?
Riccardo: "Dal mio punto di vista, ad una prima valutazione più macroscopica la suddivisione dei quattro elementi è corretta, ma se ci addentriamo più approfonditamente penso che ognuno di noi sia portatore dei quattro elementi. Io ho percussioni dal suono acquoso ed etereo come l'ocean drum o i tabla, e di terra e di fuoco come il daf o il tar."
Giovanni: "L'elemento acqua si sprigiona in "Llyr" in arrangiamenti nostalgici con aperture soffuse. Suoni liquidi di tastiera, vero, ma come arrangiatore adeguo i suoni all'atmosfera, per cui posso mutare da un elemento etereo e diafano in uno ardente e incalzante. Il pathos è sempre coerente al concept che scaturisce dalla composizione che si viene a creare."
Francesca: "Concordo con gli altri: ognuno di noi può identificarsi con un elemento fino al momento sottile ed impalpabile in cui sfugge a questa definizione e si identifica in un altro, la trasformazione è fluida e sottile, quasi impercettibile."
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Sono trascorsi tre anni tra gli ultimi due album, per voi un periodo insolitamente lungo: cosa è successo durante questo lasso di tempo?
Francesca: "Molte cose a livello personale (di crescita e cambiamento) ed artistico. Abbiamo voluto davvero prendere il tempo di andare in profondità e fare meglio. Abbiamo adottato quattro parole come nostro motto: bellezza, armonia, grazia ed intensità. Prima le idee si susseguivano frenetiche con una grande carica spontanea ed emotiva, mentre in "Llyr" abbiamo incanalato questa carica nella contemplazione e nella riflessione, oserei dire nella meditazione stessa quando sospendi il pensiero, calmi le emozioni e purifichi la mente e la musica. D'altra parte il nome del gruppo si riferisce a questo stato di equilibrio."
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"Evnyssien" si svolge in oltre otto minuti, che per voi è inusuale... Ritengo sublime questa canzone perché necessita di tutti gli otto minuti, ed in questo breve lasso di tempo succedono cose meravigliose: il flauto carezza la voce, che esce dal presente per viaggiare nelle ere giungendo da un passato antico. Cosa rappresenta per voi questo brano?
Giovanni: "Il brano "Evnyssien" è uno dei gioielli di "Llyr". A livello di arrangiamenti appare il più colorato. La prima parte è un incedere di puro intimismo neoclassicista: chitarra cristallina, voce suadente, tastiere eteree e avvolgenti, mentre la seconda è più ipnotica e più ritualistica. Abbiamo costruito un pezzo dagli arrangiamenti eterogenei che accompagnano l'ascoltatore in un viaggio in cui perdersi, abbandonarsi ed uscirne ricaricati, come da un incantesimo."
Francesca: "La prima parte del brano è elegiaca e legata alle forze femminili della natura, quelle più giocose e spensierate, al risveglio della primavera, alla vita che torna inaspettata e luminosa. La seconda parte è una celebrazione mistica, qualcosa di ieratico scaturisce dalle voci e dal crescendo dei cori e degli arrangiamenti che accompagnano l'incedere ipnotico della chitarra. Solo il flauto mantiene il legame tra la natura aerea ed acquatica della prima parte e il senso di elevazione verso l'armonia delle sfere della seconda."
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Succede anche in "Evnyssien" che, dopo un bellissimo inizio in pieno stile Ataraxia, ad un certo punto i tuoi arpeggi, Vittorio, cambiano e, rallentando, iniziano un gioco diverso ed ipnotico sulle corde: hai usato la chitarra a dodici corde? Soprattutto spiegami come nasce quel cambio, che è semplicemente fantastico.
Vittorio: "Nessuna 12 corde, solo intrecci di chitarra classica. Come nasce il cambio per la parte ipnotica? Beh, come tutto il resto, arriva da solo, non mi ritengo né compositore studioso di armonie né un cultore della chitarra ( odio studiare...), tutto arriva come conseguenza per un fattore estetico personale e ormai 'marchio di fabbrica' delle mie ditine, che vanno sulla tastiera della chitarra automaticamente; poi è chiaro che non tutto quello che esce sia fantastico, però quello lo tengo nascosto (ride, nda)..."
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Con "Borea", brano di chiusura, si torna ai suoni che resero "Lost Atlantis" il capolavoro che fu, grazie anche a quel rumore finale di onde in risacca. Le onde del brano portano con sé qualcosa o cancellano al contrario una testimonianza, un messaggio, e cosa vedete voi in esse?
Giovanni: "Le onde che si possono immaginare in brani di questa fattispecie trovano il loro significato nelle interpretazioni personali dell'ascoltatore. Le onde possono giustamente cancellare o portare qualcosa con sé, per cui solo entrando nel brano si può arrivare a una parziale o totale risoluzione dell'enigma posto. Personalmente quando compongo atmosfere simili penso solo a viaggiare tra passato e presente in un tempo assente, ma che diviene la fonte della composizione stessa. Nostalgia, intimismo intriso di desiderio e universi multidimensionali."
Francesca: "Scrivo spesso che le onde, e comunque i suoni del mare, sono fatti della stessa sostanza della musica. È quel mondo arcano e non sondabile dalla luce del sole che è intimamente legato alla prima fase della creazione artistica. Anche nel "Silmarillion" di Tolkien si parla molto di questo in relazione agli elfi, che, arrivati sulla terra dalla dimensione di perfezione in cui 'esistevano' precedentemente, come prima cosa udirono il mare e come prima cosa videro le stelle. Da questo la nostalgia profonda che il suono del mare suscitava in loro e che li faceva fremere dal desiderio di tornare alle loro origini, l'età dell'oro, della compiutezza, dell'unità, dell'indivisibilità, della fremente stasi estatica."
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"Gayatry Mantra" è un episodio anomalo per voi, ma solo apparentemente: raccontateci come nasce, chi l'ha voluto... L'oriente è un terreno su cui costruire musica futura?
Francesca: "Pratico da alcuni anni il mantra yoga (tra le altre forme di yoga), e questo è uno dei canti che intoniamo. È uno dei mantra più amati perché è quello dell'illuminazione. Ogni volta che lo intonavo con altre voci mi sentivo bene, completa, a posto con me stessa, gli altri e il mondo. L'ho proposto al gruppo e insieme lo abbiamo in un certo modo reinventato. Ne faremo altri, credo e mi auguro."
Giovanni: "Più gente dovrebbe intonare i mantra. Solo l'approccio diretto con questo tipo di espressione vocale ad alto tasso energetico per lo spirito può far capire la sua valenza effettiva, anche più di un libro che ne descrive le proprietà."
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Nella copertina due cigni neri, simboli di leggende come quella, stupenda, che narra dei figli di re Lir d'Irlanda trasformati in cigni (anche se bianchi), motivo per cui tutt'ora non si possono uccidere tali animali in Irlanda, anche perché simbolo stesso del popolo e della lira. Però nell'album la leggenda è anche sciamanica: per questi due motivi apparentemente contrapposti, cos'è in realtà "Llyr" e quale messaggio porta all'interno?
Francesca: "La lyra è lo strumento greco (ancora in uso a Creta) che ha definito tutta la poesia lirica e il canto. L'etimologia di parole come 'lirico', 'canto lirico' 'lirica' in quanto poesia viene proprio da 'lyra', e quindi per noi è il simbolo reso materia (in quanto strumento musicale tangibile) della poesia stessa. A questo album volevamo dare un nome alto e simbolico che si calasse anche nella realtà. L'utopia poetica resa concreta e capace, come un granello di sabbia, di fare inceppare il meccanismo meschino in cui viviamo, in cui solo ciò che è utilitaristico e produce denaro (sacrificando il tempo e la pienezza della vita) viene contemplato. I cigni sono per molte culture (tra cui quella celtica) animali sacri la cui forma ha appunto ispirato la creazione della Lyra, della cetra e dell'arpa celtica. Lo sciamano protagonista di "Llyr" è un avatar, uno spirito eletto che ha deciso di incarnarsi, che sceglie di aiutare chi soffre e chi cerca una luce nell'ottusità e nel buio, dà speranza e offre aiuto concreto attraverso la sua 'apparentemente' silenziosa presenza. La sua funzione è la stessa della musica e dell'arte in generale, una funzione taumaturgica e di illuminazione profonda dell'essere che ritrova la sua più intima essenza, la sua anima."
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Britannia (ma non formalmente celtica) presente con la stupenda ballata scozzese "Scarborough Fair". Con quale spirito avete affrontato il modo in cui poterla cantare e suonare, visti i precedenti illustri di Simon & Garfunkel?
Vittorio: "Semplicemente non pensando per nulla alla versione di Simon & Garfunkel: non credo che neppure loro abbiano usato le partiture di chitarra originali (ammesso che esistano), anche se potrei tranquillamente sbagliare... "Scarborough Fair" l'abbiamo assemblata nel backstage prima di suonare ad un festival in Spagna, ed è rimasta come è uscita la prima volta."
Francesca: "Tutto è stato spontaneo e davvero toccante. Amavo andare a riposare in uno stato contemplativo vicino ad un bosco che amo molto nel Reggiano; un giorno il ramo di un pioppo d'argento si è spezzato, e da quel momento, toccando il ramo, ho ricordato questa canzone della mia infanzia e ho cominciato spontaneamente a cantarla come se l'avessi sempre fatto. L'ho proposta al gruppo e solo Vittorio ne conosceva l'originale, gli altri non l'avevano mai ascoltata, e questo è stato un bene perché gli arrangiamenti di tastiere e percussioni sono nati spontanei sulla melodia della voce, che ho in parte variato ed adattato a ciò che vivevo emozionalmente vicino al bosco. Tutto è naturale, come si suol dire!"
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Vittorio, in cosa senti che le tue corde danno una nuova vita al brano?
Vittorio: "In nulla: accompagnano la voce e ne prendono il posto nel finale, ma rimane sempre una canzone intimamente vocale, almeno nel mio immaginario."
"Più gente dovrebbe intonare i mantra. Solo l'approccio diretto con questo tipo di espressione vocale ad alto tasso energetico per lo spirito può far capire la sua valenza effettiva, anche più di un libro che ne descrive le proprietà..."
(Giovanni Pagliari)
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Sento "Llyr" come la summa di tanti lavori del passato: il compimento di un percorso od un nuovo inizio?
Vittorio: "Nessuna delle due, né compimento (se lo intendi come cosa compiuta) né nuovo inizio: componiamo secondo regole di estetismo personale (ognuno di noi per fortuna ne possiede uno differente dagli altri), e personalmente se dovessi scrivere per moda o per preconcetti smetterei di comporre... quello che arriva arriva e, come detto sopra, arriva molto (fortunatamente) e ci si può permettere di scegliere (fortuna ancor più grande)."
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Perché solo ora un album intero con la Prikosnovènie? Una label fatta quasi ad hoc per il vostro suono, ma solo ora, a 12 anni di distanza dal mini "Orlando", vi si rivede tra le sue fila. Per quale motivo?
Francesca: "Non ci lamentiamo delle etichette con cui abbiamo lavorato man mano. Ci piace sperimentare e conoscere realtà diverse, sia geograficamente che a livello di generi, e poi ci affidiamo al destino, che spesso ci mette nelle mani giuste al momento opportuno, come è successo in questo caso. Non prevediamo quello che succederà, ci affidiamo alle cose."
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Cosa vi ha convinti a siglare il contratto con Frédéric Chaplain?
Francesca: "La sua positiva insistenza (durata ben un anno) e il suo reale apprezzamento della musica e delle atmosfere contenute ed evocate da questo album. Ci ha dato anche dei consigli in fase di masterizzazione e non abbiamo avuto quasi alternativa, il 'pressing' è stato efficace!"
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Riccardo, non ce ne sarebbe motivo ma per me è ancora una volta fondamentale sottolineare quale perfetta amalgama ci sia tra voi, ed in "Llyr" ancora più forte è la tua presenza, fatta di percussioni variegate che colorano l'album: ci racconti in poche parole il tuo cammino nato in "Lost Atlantis"? Sono trascorsi così in fretta questi anni...
Riccardo: "Ad essere precisi il mio cammino con gli Ataraxia è iniziato il 29 di giugno del 2003, me lo ricordo bene perché era il mio compleanno, ed in quel periodo si stavano componendo i pezzi che poi sarebbero stati incisi su "Saphir". Sono entrato nel gruppo senza averli mai sentiti nominare prima (curioso, perché siamo della stessa zona...), ma l'amalgama di cui parli si è formata praticamente da subito, il sound degli Ataraxia era esattamente quello che cercavo per potermi esprimere e penso che il suono delle mie percussioni sia quello che serviva alla loro musica in continua evoluzione. Negli anni, grazie all'esperienza accumulata in tante prove, in studio e sui palchi l'amalgama si è affinata ed è diventata alchimia."
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Ti è mai venuta la tentazione di suonare il bodhran con il tipper (il tipico strumento per percuotere la pelle)?
Riccardo: "Devo dire che il bodhran suonato all'irlandese non è uno strumento che mi attira particolarmente, anche se cugino dei miei tamburi a cornice (mai dire mai, comunque...). Dopo anni passati a suonare la batteria con le bacchette, sento la necessità di un contatto più diretto e intimo con il tamburo. Un cerchio di legno, una pelle tesa e le mie dita: niente di più semplice, non mi serve altro..."
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Ristampereste un lavoro del periodo in cui rimaneste in tre con le percussioni di Riccardo?
Vittorio: "Sarebbe bello, però sono pigro... e preferisco guardare avanti. Comunque, mai dire mai..."
Giovanni: "Ho colto subito il potenziale delle percussioni di Riccardo. Infatti, non appena c'è stata l'occasione, abbiamo rivisitato per i concerti un pezzo di "Simphonia Sine Nomine", "Preghiera", e il risultato è stato molto soddisfacente. Poi ne sono seguiti altri. Mi piacerebbe ristampare con Riccardo "Os Cavaleiros Do Tempo"..."
Francesca: "Riregistrerei e riprodurrei con nuovi arrangiamenti, i miglioramenti vocali degli ultimi anni e, naturalmente, tutta la gamma delle affascinanti percussioni che Riccardo propone solo alcuni brani del passato, non un album intero. Bisogna saper scegliere le cose adatte, anzi, sono loro a scegliere noi, infatti dal vivo stiamo proponendo proprio parte di questo repertorio nella veste appena descritta."
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Giovanni, le tue tastiere in "Llyr" sono apparentemente meno eteree e più 'scenografiche'. La tua voce è sempre più adoperata nell'economia della band, anche in scena. Sei soddisfatto del lavoro svolto in questo album? In quali tracce la tua personalità è più presente e dove senti di avere inciso maggiormente, sentendoti gratificato in tal senso?
Giovanni: "Sì, è vero, sono tastiere in qualche modo scenografiche. Descrittive. L'arrangiamento ha questa funzione, dare l'impronta alle composizioni che nascono dalla nostra sensibilità di musici. Questo lavoro è soddisfacente in termini di composizione e di lavoro sui suoni. Mi piace armonizzare i brani e caricarli di pathos, e infatti mi sento gratificato quando un brano fa breccia nelle viscere dell'ascoltatore più che nella mente. Mi piacciono gli opposti, per cui mi riconosco in brani soffusi e caldi ("Evnyssien", "Borea", "Llyr"), ma anche in composizioni oscure, in cui domina la tensione ("Quintaluna", "Elldamaar"," Siquillat"). La voce è uno strumento che offro volentieri. Unire il range maschile a quello femminile comporta sempre un feedback positivo per l'ascoltatore, e anche per gli esecutori stessi. Con la voce si crea interpretando e si interpreta creando."
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Lo spagnolo Sathorys Elenorth, fra i tanti progetti, ne ha uno solista che risponde al monicker Lugburz, con cui, preso da forte passione per il "Signore Degli Anelli", ne ricrea le atmosfere con le tastiere. Giovanni, ti è mai venuta la voglia di cimentarti solo con le tue idee in un progetto simile, etereo e fiabesco?
Giovanni: "Sarebbe un lavoro molto interessante ricreare una soundtrack per una fiaba, un romanzo o per un racconto mitologico. Un progetto simile è già stato realizzato nel concept album "Il Fantasma Dell'Opera", che resta tuttora molto apprezzato da critica e fans a distanza di anni. Chissà che un giorno non si decida di ritornare a pensare a un progetto di questo tipo, in cui descrivere passo per passo le vicissitudini, gli umori, le dinamiche di personaggi di un'opera che fa parte del nostro immaginario collettivo. Medea non sarebbe male. Sicuramente un progetto stimolante."
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Francesca, parliamo un po' della tua voce: oggi punti a contrapporre le note alte con le basse, ma senza abusarne e scegliendoti momenti maggiormente eterei. In quali registri ti trovi più a tuo agio attualmente? Hai mai la tentazione di concederti un brano, anche uno solo, senza l'uso della voce impostata?
Francesca: "Mi trovo a mio agio con tutti i registri, quello acuto, quello grave e drammatico e anche quello che chiamo una 'via di mezzo', per intenderci simile alle voci bianche dell'epoca barocca. Stiamo componendo anche brani con un cantato molto ruvido, una sorta di dark-blues molto oscuro. Circa un anno e mezzo fa ho avuto una sorta di salto di qualità sia nel modo di registrare che di vivere vocalmente il concerto, ho cercato e mirato alla precisione che non si distogliesse mai dalla passione e dal piacere del canto, e da quando questo è avvenuto ogni registrazione o concerto che sia mi rende molto felice e riconoscente alla musica per la completezza che sento. È una gioia molto simile a quella che si prova quando si è innamorati. Non mi sento una voce impostata, quello che faccio è naturale per me, può apparire impostato ad altri ma io lo vivo del tutto spontaneamente, solo che non dimentico che la musica e il canto necessitano di forza e grazia al contempo. Ad ogni modo nel mio passato ho cantato brani con una voce del tutto naturale, tra questi ricordo "Eleven" dall'album "Sueños" ed in particolare "Alsicon" (forse uno dei miei brani preferiti, insieme a "The Gentle Sleep" ed "Aperlae") da "Mon Seul Désir"..."
"La lira è il simbolo reso materia della poesia stessa. A questo album volevamo dare un nome alto e simbolico che si calasse anche nella realtà. L'utopia poetica resa concreta e capace, come un granello di sabbia, di fare inceppare il meccanismo meschino in cui viviamo, in cui solo ciò che è utilitaristico e produce denaro (sacrificando il tempo e la pienezza della vita) viene contemplato..."
(Francesca Nicoli)
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Non siete una band propensa alla produzione di videoclip: per quale motivo?
Vittorio: "Sì, ma ci hai visti? A parte Fra, vedi qualcuno da mettere in un video?"
Francesca: "Vittorio non ha torto (ovviamente si ride allegramente alla battuta, nda), ma a parte ciò siamo molto esigenti in fatto di immagini, luci e montaggio, e per fare una cosa fatta bene e che perfettamente si adatti alla musica ci vuole molto tempo e spesso anche molti mezzi, quindi rimandiamo sempre a domani, avendo sempre molti impegni con la realizzazione di nuovi album, o concerti, o prove, o creazione di nuova musica. Ci auguriamo che un giorno qualcuno ci proponga qualcosa (live o anche un clip) in modo professionale, stiamo ricevendo alcune offerte e appena avremo un attimo le vaglieremo senz'altro."
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Chi potrebbe essere l'eventuale regista che, cinematograficamente parlando, ha uno stile che potrebbe adattarsi alla vostra musica?
Francesca: "Amenabar, Jarmush, Olmi, Jeunet e molti altri (magari giovani e sconosciuti, con meno mezzi ed idee fresche e brillanti)..."
Giovanni: "Un film fantasy con Terry Gilliam, un film intimista con Ferzan Ozpetek e un film goth con Dario Argento."
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Francesca, tornando alla tua voce volevo arrivare alla title-track: a volte nel ritornello usi una vocalità che non avevo mai notato nel tuo cantare, come... un miagolio, il lamento stupendo di una banshee...
Francesca: "La chiamo 'linea curva', è come se la mia voce fosse flessibile e io potessi piegarla e lavorarla a mio piacimento..."
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Te lo concedi ancora il 'lusso' di studiarti in situazioni di isolamento? Mi raccontavi di tuoi viaggi solitari in Grecia o Portogallo... come alleni le tue corde vocali oggi?
Francesca: "In estate non mi risparmio, innanzitutto amo cantare in macchina e amo molto guidare velocemente in collina, quindi le sere d'estate, spesso dopo lo yoga, parto e canto parecchio ispirata dai luoghi che vedo scorrere nel finestrino. Poi in Grecia scelgo isole piccole dove si va solo a piedi e periodi e luoghi dove in solitudine si possa cantare, lo faccio camminando, vicino ad alberi secolari ma anche in spiagge isolate al mattino, col saluto del sole. Quando torno la voce si è notevolmente sciolta e risplende delle sfumature dei quattro elementi."
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Vittorio, sei sempre - inutile negarlo - uno dei chitarristi di riferimento a livello tecnico; il pathos che provochi suonando è come al solito sublime, eppure il Vittorio di oggi è anche maggiormente coinvolto in diverse situazioni, più duttile e carismatico: come sta evolvendo il tuo cammino artistico?
Vittorio: "Come sostenitore del 'non studio', ma amante delle sensazioni che la musica (o meglio, il suono) mi trasmetteva e trasmette, non penso si possa parlare di tecnica chitarristica (non nel suo significato attuale, intendo): oggi sembra che un bravo chitarrista sia colui che riesce a suonare bene brani scritti da altri chitarristi, ma per me è il contrario, o almeno, io ho imparato a suonare non riuscendo a eseguire brani di altri, e quindi, trovandomi al bivio, dove da una parte si va verso un mare di gente ultratecnica e dall'altra verso un laghetto dove alcuni parlano con parole proprie (e se non riescono se ne stanno zitti), ho scelto la seconda. Poi, carismatico e duttile penso sia frutto degli anni che passano..."
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"A Day Of Warm Rain In Heaven" rimarrà un episodio isolato nella tua carriera? Sarebbe un peccato, visti gli unanimi consensi ricevuti...
Vittorio: "Se volessi mettere su CD tutto quello che produco (a livello sonoro, chiaramente) potrei lavorare a nuovi dischi solisti, fortunatamente sono pigro... e non lo faccio. Però non so che accadrà domani..."
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"Llyr" come sempre ha una forte predisposizione allo show: perché allora è sempre più difficile per voi suonare in Italia?
Francesca: "Beh, è difficile per tutti direi, anche per gruppi molto affermati. L'Italia non è un paese di pionieri in fatto di organizzazione live e non si spendono soldi per queste cose, purtroppo. Però quest'anno non possiamo lamentarci. A parte il teatro a Modena, abbiamo suonato al castello normanno di Casaluce, in Liguria ad una celebrazione sugli argonauti e presto saremo in acustico in un parco vicino a Modena e ad una giostra medievale vicino a Napoli, poi ancora il Festival dell'Unità di Campegine vicino a Reggio Emilia ed una celebrazione medievale in un locale di Misano Adriatico. Abbiamo anche dovuto declinare alcuni inviti estivi perché coincidevano con date straniere già programmate."
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Quale tipo di spettacolo porterete dal vivo nelle prossime settimane?
Francesca: "Stiamo portando un po' dappertutto uno spettacolo di matrice greco-pagana con brani tratti da "Llyr", "Kremasta Nera" e da vecchi album che racchiudono atmosfere elleniche (elegiache o anche tribali). È uno spettacolo interessante, poiché musica e movenze si fondono, e ogni qualvolta c'è la possibilità di avere le maschere di Angelo il tutto assume una valenza anche più misterica e rituale. Ci saranno alcune variazioni sul tema prossimamente: a Villa Sorra, vicino a Modena, io e Vittorio proporremo un repertorio etereo e classico arrangiato in acustico solo per voce e chitarra. Il suono uscirà da mani e voce, senza amplificazione. Poi ci saranno alcune escursioni più medievaleggianti vicino a Caserta ed in Romagna, e il 30 Luglio al Festival dell'Unità di Campegine il concerto sarà diviso in due parti, una prima come spiegato sopra ed una seconda che in anteprima proporrà alcuni dei brani su cui stiamo lavorando per il futuro, non si può dire il seguito di "Paris Spleen" ma ci andiamo vicino."
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All'estero è superfluo sottolineare che la vostra fama vi precede. Di nuovo il WGT di Lipsia, a cui avete partecipato da poco. L'emozione cambia? Ci si abitua anche a quel palco?
Francesca: "Siamo sempre più a nostro agio e tranquilli, ma non ci si abitua mai veramente poiché il pubblico è numeroso, caloroso e davvero attento e felice di lasciarsi andare alla musica. Quest'anno eravamo al villaggio pagano, una nuova esperienza, ed in effetti l'atmosfera era davvero interessante: fuochi, gente che danza e una sorta di liberazione panica che mi è molto piaciuta."
Vittorio: "Non so che cosa abbia di speciale quel palco in particolare, per me un palco è un palco e mi ci affeziono dopo il concerto (se va bene la serata, cioè se scendo soddisfatto del lavoro fatto) e per breve tempo, non mi piace vivere di ricordi né avere miti."
Giovanni: "La Germania si sposa benissimo coi nostri repertori musicali. Il pubblico si è sempre mostrato entusiasta nei nostri confronti, anche per una questione culturale, di maggiore apertura mentale verso chi propone musica alternativa. È il paese che ha dato vita a svariati movimenti culturali, tra cui lo Sturm und Drang, e conseguentemente è stato la culla del movimento Romantico e del movimento espressionista, quindi non mi sorprende che svariati festival, tra cui il WGT, siano nati nell'humus di quel paese. Suonarci è sempre un piacere. Il palco cambia, l'emozione pure, ma l'energia resta la stessa."
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Per la prima volta nella vostra carriera siete stati invitati a suonare in Cina: che tipo di spettacolo avete proposto?
Francesca: "Purtroppo alla vigilia della partenza Vittorio si è sentito male e siamo dovuti partire in tre, ma le difficoltà non ci spaventano, e quindi abbiamo rivisto tutto il repertorio scegliendo brani sinfonici con arrangiamenti di piatti e timpani ed arie di piano drammatiche ispirate ad un genere fantasy e orchestrale. Man mano che i concerti procedevano abbiamo aggiunto arrangiamenti ed armonizzazioni, arricchimenti ritmici e nuove linee vocali, allestendo un repertorio molto interessante. Buona parte di alcuni di questi live sono attualmente su youtube."
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Com'è nata questa avventura? C'è stato più timore o curiosità?
Francesca: "Siamo stati contattati da un'organizzazione seria che in brevissimo tempo ci ha proposto un tour dettagliato, e così siamo andati avanti con le pratiche burocratiche ed organizzative fino a partire nella data decisa. Nessun timore, la musica è un linguaggio universale e, se ti chiamano, vuol dire che c'è interesse per uno scambio artistico ed umano. E così è stato, anzi, siamo rimasti così colpiti dalla professionalità, dal calore e dal benvenuto che ci auguriamo di poter ripetere l'esperienza presto."
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Un altro amore che di nuovo si compie è quello tra voi ed il pubblico messicano: quale feeling si è creato tra voi e quel paese, apparentemente lontano dalla nostra scena eppure così vivo, e non solo nei frangenti EBM degli Hocico ma con una intelligente cultura goth?
Francesca: "L'amore e l'affinità artistica con il Messico sono di lunga data. Suonammo la prima volta in questo paese nel lontano 2001, e da quel tempo molte visite si sono susseguite, arrivando ad avere un pubblico che oscillava tra le 3000 e le 5000 persone. Ultimamente "Llyr" è stato stampato anche in versione deluxe messicana e suoneremo in una location prestigiosa in autunno. In Messico amano moltissimo le chitarre di Vittorio e un genere neoclassico ed etereo di ispirazione romantica. Le persone sono calorose, conoscono i testi, le storie degli album, e la loro vita è accompagnata dalla musica ascoltata con passione e vero trasporto."
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Questa può essere l'occasione per dare appuntamenti futuri al pubblico italiano: volete invitare i Nostri lettori ai vostri prossimi eventi? Dove possono incontrarvi?
Francesca: "Abbiamo molte date estere, ma in Italia ci saranno le seguenti (già confermate): Villa Sorra a Gaggio di Modena - concerto acustico per voce e chitarra classica, sabato 24 Luglio; Festival Unità Campegine (Reggio Emilia) - venerdì 30 Luglio, entrata gratuita; Giostra di Castello del Matese, Caserta - venerdì 6 Agosto; Concerto di ispirazione medievale, Boulevard Rock Club, Misano Adriatico - sabato 20 Novembre."
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Ci sono diverse band affini al vostro suono che hanno recentemente prodotto album di buona qualità, dislocate un po' su tutto il territorio europeo: secondo voi quali di esse stanno crescendo portando in sé una piccola 'eredità Ataraxia'?
Francesca: "Sinceramente, non so rispondere a questa domanda. Non sono molto informata, ma so che in molti paesi dell'America Latina ci sono musicisti che si sono ispirati al nostro lavoro."
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Tornando alla situazione italiana, la forte crisi a livello di pubblico è palese: anche nelle recenti performance modenesi il pubblico per la maggior parte era composto da quella 'falange' che da sempre vi segue. Secondo voi perché pochi giovani?
Francesca: "Non so dire, l'Italia si è sempre dimostrata un paese piuttosto tradizionalista, ma le cose cambiano. Infatti siamo stati invitati a festival e manifestazioni assai diverse da quelle che di solito ci invitano. Quindi potrei dire "Eppur si muove!"... Frequentando molto l'estero abbiamo visto generazioni di adolescenti e post-adolescenti che ci hanno seguito con molto calore in Cina e in Messico, persone di tutte le età e provenienze, anche molto giovani, e così nell'est Europa. Vediamo di tutto e per fortuna la vita è varia e ci porta un po' qui e un po' là."
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C'è un artista che vi ha colpito negli ultimi anni? Come vedete la situazione musicale oggi?
Francesca: "Numerosi artisti mi hanno colpito. Uno degli album più significativi ed emozionanti, sia come concept che come ricchezza musicale ed atmosfere, è "Navigating By The Stars" di Justin Sullivan, il viaggio in solitaria per mare del cantante dei New Model Army dall'Irlanda al Canada per ritrovare le origini della sua famiglie nelle nevi del Nord. Illuminante, unico! Sarebbe facile dire che il panorama musicale attuale è superficiale, banale, stereotipato, senza idee, senza passione, senza stimoli. Tutto vero. Vero è anche il contrario, basta cercare fuori dal mucchio."
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Eppure le proposte italiane di altissimo livello non mancano: il 2010 ha visto l'uscita del vostro stupendo album, e per restare nell'ambito di riferimento gli Argine di Corrado sono usciti con un grande nuovo lavoro, ed all'orizzonte ci sono pronti gli Albireon e la Camerata Mediolanense dei vostri grandi amici, che scalpitano da Milano per tornare più agguerriti che mai. Una situazione così ricca non si ricorda da tanti anni, ma dov'è il pubblico?
Francesca: "Nella storia della musica indipendente esistono flussi e riflussi. Tutto c'è, si disgrega, scompare e poi ritorna pian piano. C'è gente che ci lavora, l'importante è il progetto che si trasforma in azione, e tutti questi musicisti stanno lavorando a questo. Per il resto si vedrà. Noi non ci lamentiamo."
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Francesca, una volta mi dicesti che la prima regola degli Ataraxia è guardare sempre al futuro: per una volta, una volta sola, porteresti il tuo spettacolo di oggi indietro nel tempo fino agli anni di Arceto?
Francesca: "Oggi dico che è il presente che mi interessa, il passato è storia, il futuro un alibi per non essere 'concreti sognatori' nel presente. Il castello di Arceto rimane un ricordo vibrante ed emozionante, ma ora è chiuso e molte altre esperienze si sono susseguite e ci hanno arricchito. Quindi, carpe diem!"
"Non so che cosa abbia di speciale il palco del WGT in particolare, per me un palco è un palco e mi ci affeziono dopo il concerto (se va bene la serata, cioè se scendo soddisfatto del lavoro fatto) e per breve tempo, non mi piace vivere di ricordi né avere miti..."
(Vittorio Vandelli)
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Il cabaret di "Paris Spleen" è nato e morto con quel progetto o da qualche parte, nei bassifondi parigini, Madame Bistouri trama con la sua feccia per tornare con la sua giostra grottesca e macabra?
Francesca: "Un nuovo progetto è in atto da tempo, ci si sta lavorando con molto piacere e soddisfazione perché tocca corde (musicali ed espressive in genere) differenti da quelle di "Paris Spleen" ma in linea con la sua ottica surreale e decadente. Quando dai sotterranei emergerà qualche evidenza della sua natura sinistra, avrete notizie."
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Parlaci della gradita ristampa di "Os Cavaleiros Do Templo"...
Francesca: "Un produttore di Pechino ci chiese di poter ristampare questa vecchia videocassetta (datata 1998), poiché il tempo aveva danneggiato i nastri originali; ben pochi erano riusciti a procurarsela all'epoca, ed oltretutto era il nostro solo video live ufficiale. Abbiamo accettato ed è stata una buona scelta, poiché le grafiche sono molto curate ed i materiali usati (cartone e carta simil-antica) si confanno alle tematiche, inoltre è stato eseguito un 'restauro' digitale delle pellicole."
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Le ultime domande per salutarci: chi siete oggi?
Francesca: "Una guerriera evanescente che si trova perfettamente a suo agio nella 'sostanza-musica' e che con sé porta solo quello che ha, aspira a vivere in modo sacro ed è nata per creare un equilibrio nella vita e nell'arte tra l'essenza femminile e quella maschile."
Giovanni: "Musici erranti con maggiori consapevolezze."
Vittorio: "Vittorio Randelli... pensavo lo sapessi (risate, nda)..."
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Cosa c'è di ognuno di voi in "Llyr"?
Francesca: "Un processo di evoluzione psico-fisica dalla malattia alla guarigione, dai vincoli alla libertà, dall'oppressione al riso. "Ridi se sei saggio: la goccia scava la pietra"..."
Vittorio: "Lo vedo troppo dal lato tecnico, quindi preferirei rispondere a questa domanda quando lo ascolterò finalmente libero dai ricordi delle ore in studio al caldo d'estate e freddo d'inverno, dalle crisi di nervi quando si presentavano problemi tecnici da risolvere in poco tempo, etc..."
Giovanni: "Calore e drammaticità."
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