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16-02-2009
WERTHAM
Uno sguardo sul mondo
di Michele Viali (foto di The MIdnight Nambler, xxvaleriavictrix)
Marco Deplano, alias Wertham, è ad oggi una delle personalità di spicco del settore industrial italico, ciò grazie a produzioni, varie partecipazioni ai lavori di altri autori e contributi notevoli nell'ambito dell'informazione (a tal proposito non va dimenticata l'esauriente intervista a Michael Moynihan dei Blood Axis, apparsa nel recente volume "Day Of Blood" di Max Ribaric). Mancava solo un album di lunga durata, e così, dopo il debutto su CD, nel 2003, della super-band Foresta Di Ferro, dove Marco è affiancato da John Murphy e Richard Leviathan, ecco arrivare "Memories From The Pigsty", lavoro che esprime a 360 gradi 20 anni di militanza 'industriale': la ciliegina sulla torta di un lunghissimo percorso formativo che tocca vette forse inaspettate. L'intervista era dunque d'obbligo, e il buon Marco ci concede una panoramica che si allarga dalla musica fino alle esperienze personali, senza tralasciare opinioni e aneddoti tra il curioso e lo sconcertante. Le sue risposte, al pari della sua musica, descrivono il profilo di un personaggio eccezionale, in grado di dare scosse emotive tanto con i brani, quanto con le parole. A voi lo sguardo indiscreto di Wertham...
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Wertham sembrava essere un tuo progetto minore, sebbene attivo da tanto, e ciò a causa di produzioni in sordina, uscite in formato CDr o su etichette molto piccole. Cosa è cambiato adesso? In che modo hai stretto contatto con la Tesco, forse la maggiore tra le etichette del settore industrial?
"Innanzitutto non ho mai considerato Wertham un mio progetto minore, ma lo pseudonimo con cui dal '95 sono stato coinvolto in diverse attività come organizzatore di concerti, eventi, scrittura di testi, collaborazione a progetti di vario tipo, sonori, grafici, visivi, ecc... Foresta Di Ferro è un progetto in cui sono coinvolte attivamente altre persone, a periodi lo si può considerare un gruppo vero e proprio, ma rimane un'entità sì seria, ma su cui riusciamo a concentrarci solo in brevi ma intensi periodi. Il fatto che sino ad oggi Wertham abbia prodotto poco dipende dalla cronica mancanza di tempo e concentrazione data dai lavori che ho svolto, sfortune varie, nonché da limiti tecnici che mi impedivano di produrre suoni con un impatto soddisfacente. Negli ultimi quattro anni, seppur lentamente, ritengo di essere riuscito ad indirizzare meglio i miei sforzi e a migliorare i supporti di registrazione, spesso facendomi aiutare da ottimi collaboratori come Lou Chano e i ragazzi del Quadraro Studio di Roma. Penso che considerare Misanthrope Studio, L. White, Final Muzik, Old Europa Café, ecc. etichette molto piccole sia ingiusto nonché incorretto, vista la lista di mostri che i signori qua sopra hanno avuto il coraggio di produrre attraverso gli anni (chiedo venia, la memoria fa cilecca, nda). Parlando di Tesco, conosco Klaus e Joachim dal '95, e nel '97 mi chiesero di realizzare un CD per loro. Registrai otto tracce che si persero per motivi tecnici (sono sopravvissute solo le basi di 'Born To Raise Hell' e 'Brand New Toy') e iniziarono una serie di disavventure personali con cui non voglio annoiarti, ma che in parte sono descritte nel CD. Nonostante questo hanno continuato a mantenere entusiasmo e interesse negli anni, sia partecipando ai miei concerti in terra germanica che durante la gestazione del CD di Foresta Di Ferro, per cui, oltre a curare la distribuzione, hanno collaborato attivamente alla veste grafica del digipack inventandosi le foto 'a rilievo' del libretto. Ritengo fondamentale realizzare materiale per persone che stimo e che siano in qualche modo amiche."
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Quali sono state le prime parole della produzione dopo aver ascoltato "Memories From The Pigsty"? Qualcuno ha 'storto il naso' davanti alla crudezza dell'album?
"Erano preparati, visto che mi hanno seguito per anni. Sono stati entusiasti di tutto, soprattutto dell'utilizzo delle voci. Il loro entusiasmo è stata la prima soddisfazione."
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L'album sembra essere stilisticamente bipartito (correggimi se sbaglio): da una parte la musica e dall'altra i testi (a tratti forse anche più importanti dei suoni), il che ne fa un lavoro oltremodo singolare. Perché questa struttura? Dove sta l'anello di congiunzione tra note/rumori e parole?
"Non proprio. Escludendo 'Brand New Toy' e 'Born To Raise Hell', che come detto pre-esistevano, tutti gli ingredienti che hanno fatto nascere il disco si sono sviluppati contemporaneamente. Suoni ispirati dai testi o testi derivati da esperienze quotidiane, avvenute negli stessi giorni in cui nascevano i suoni. Un nido di serpenti, insomma, che si accoppiano. In tutto quello che faccio testi/grafiche/suoni sono ugualmente importanti e vanno di pari passo. Quanto assemblo non è concepito come musica da i-pod, per capirci. Un disco per me non deve essere solo un'esperienza sonora. Ho l'arroganza di illustrare degli spaccati realistici, e spesso il solo suono è limitato."
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Dove, quando e come si è sviluppata l'idea per "Memories From The Pigsty"?
"Iniziò a Londra nel '97, con i primi viaggi nella City, lo shock culturale di passare da una provincia ad una metropoli con contraddizioni e malattie urbane molto diverse da quelle nostrane. È rimasto un embrione informe sino a quando ha iniziato a prendere forma nel 2000, durante la mia permanenza in terra albionica. È diventato quello che puoi ascoltare tra 2006, per poi avere una lunga fase di missaggio e mastering nel 2007 a Roma al Quadraro Studio. La permanenza in UK ha permesso di creare un audio-diario di due anni e 7 mesi che mi hanno insegnato molto, lasciato qualche cicatrice, ma anche divertito. Il Regno Unito è uno di quei posti dove tutto può accadere, non sempre piacevolmente, ma dove si potrebbe scrivere un trattato di biologia sociale ogni qualvolta si scende per strada. Ho tentato di trasporre in suoni e testi la parte negativa di quegli anni difficili senza necessariamente esprimere giudizi o dare un messaggio. Diciamo che sono circa quaranta minuti di risentimento e non-nostalgia."
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I testi mi hanno tenuto incollato al libretto, ed era un bel po' che non incontravo parole così taglienti associate alla musica: dove nasce il Deplano scrittore e quali prospettive e progetti ha?
"Mi fa piacere ti abbiano comunicato qualcosa, e grazie per avermi chiamato scrittore, anche se, sinceramente, mi sento più un artigiano della comunicazione che si esprime tra strafalcioni grammaticali, refusi e congiuntivi dimenticati. Ho iniziato con le fanzine 20 anni fa, poi riviste, saggistica, giornalismo, fumetti e ricerca. Al momento scrivo e traduco documentazione tecnica per vivere, ho purtroppo dovuto mettere da parte la saggistica radicale che mi ha mantenuto per diversi anni, e spero di poter tornare alla fiction in futuro. C'era un romanzo in cantiere (gli estratti del mio diario che hai letto sul CD ne dovevano far parte), ma è morto quando sono tornato in Italia. Al momento sto curando un paio di introduzioni di libri."
"Il Regno Unito è uno di quei posti dove tutto può accadere, non sempre piacevolmente, ma dove si potrebbe scrivere un trattato di biologia sociale ogni qualvolta si scende per strada. Ho tentato di trasporre in suoni e testi la parte negativa di quegli anni difficili senza necessariamente esprimere giudizi o dare un messaggio. Diciamo che sono circa quaranta minuti di risentimento e non-nostalgia."
(Marco Deplano)
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Nei testi analizzi una società che ti ha segnato in negativo, descrivi individui repellenti, annoti date, indichi luoghi: tutto ci porta ad un'esperienza vissuta direttamente, una discesa all'inferno con ritorno... e l'orrore espresso in tanti album industrial diventa realtà nel tuo breve memoriale. Cosa ti ha portato ad attraversare ed osservare le situazioni che descrivi? Quali sentimenti e sensazioni hanno generato in te?
"Come detto, non è altro che il racconto di una giornata tipo tra il Suffolk e Londra. Tra borghesi fintamente cortesi e idraulici alcolizzati, madri minorenni, chavs, violenza domestica a fare da colonna sonora sparata a mille dalle finestre, costante mancanza di luce, umido. Escludendo la frustrazione di essere straniero in terra straniera, un po' per scelta, un po' no, quello che più mi assillava era il senso di sentirmi prigioniero di una realtà a cui non appartenevo, dall'altra il vivere sulla mia pelle situazioni di cui avevo letto o visto nei film. Per fortuna, invece di soccombere, sono riuscito a distaccarmi da quell'ambiente e a stabilire dei filtri, fragili, ma che mi hanno tenuto fuori dai guai."
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È molto incisivo il coro di suini di "Pigsty": chi sono i maiali di questa società secondo Wertham?
"La lista è lunghissima. Dal vicino di casa a quel signore che spaccia sulle panchine. Da ciò che vedo nello specchio a quello che celebra l'eucarestia. Da quello che guida un taxi giallo a quello obeso che mangia al McDonald. Da quello che fa i girotondi in piazza a quello che mi mette sotto, ubriaco, mentre attraverso sulle strisce. Da quello che non si sa vestire a quello che ti dice cosa è meglio per te quando lui non ha mai avuto problemi, tanto papà pagava l'avvocato. Da quello che si compra un pezzo di mondo per poi ridurlo a latrina, a quello che non sa di esistere, a quello che attenta al tuo stomaco vendendoti involtini primavera impestati di glutammato. Da quello che picchia la moglie tenendomi sveglio, forzandomi a testimoniare involontariamente alla sua quotidiana disfunzionale vita, alla moglie che torna strisciando e chiedendone ancora. Guarda fuori dalla finestra, esci per strada, accendi la TV. Sono ovunque."
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Dai tuoi testi emerge ancora una volta una certa vena misogina, nemmeno tanto velata. Sembra essere un sentimento di vecchia data: da dove proviene? Quali impressioni ti ha suggerito l'universo femminile descritto in "Memories..."?
"Non mi considero un misogino. Ma non sono un femminista. Adoro molti scritti di gente come Camille Paglia ("Rape and Modern Sex War" su tutti), che scardinano l'isterismo di alcune di queste signore, ma decisamente non ho molto interesse a quelle distorsioni create dall'ideologia quando si parla di confrontarsi con la realtà. Sembrerà puerile, ma mi interessano più le manifestazioni e gli effetti di quello che mi circonda che le cause, concause e possibili soluzioni. Ci sono tanti aspetti della femminilità che mi disturbano, ma ce ne sono altrettanti che mi affascinano. Come qualunque bipede membro-dotato ho e ho avuto i miei scontri con l'universo femminile, ma i testi del CD sono riferiti a persone specifiche, donne incontrate e conosciute, alcune totalmente fallite, altre completamente vittime, e altre ancora con un livido al giorno. La realtà non è mai ideologica di per sé, anche se c'è gente che ancora stressa con "il personale è il politico". Non siamo animali solo politici, siamo animali sessuali, animali da tavola, animali da ballo, animali venerei, animali da ospedale, animali da monta, animali da guerra, animali da depressione, animali da vittoria, animali da odio e così via. Così come le categorie aiutano a definire e semplificano certi discorsi, ma le attrici di cui leggi è solo un caso provengano da Venere."
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Due particolari che rimangono impressi sono le descrizioni fisiche e comportamentali di giovinastri, soprattutto ragazze... credi sia lo specchio di qualcosa di più grande?
"Non penso. A parte certi fenomeni che vanno e vengono, stiamo parlando di tipi umani sempre esistiti, anche se oggi, nella civiltà dei consumi, possiedono più locali per divertirsi e molte più possibilità di autodistruzione. Il protagonismo giovanile oggi è spesso mera educazione all'implosione. Un tempo questo genere di comportamenti erano caratteristici di chi non aveva niente. Oggi sono generalizzati. Shopping - dipendenza - sballo - nulla. Non mi sentirai mai inneggiare a una presa di responsabilità né a lasciarmi andare al disfattismo nichilista - facce della stessa medaglia - semplicemente voglio evitare contatti per quel che è possibile con certi rifiuti umani. Statistiche su due piedi che consumano, sprecano e puzzano. Ho una visione tribale del quotidiano, fatta di microgruppi con delle identità ben precise, categorie spesso identificate anche dai generi di consumo da cui sono dipendenti. Siano essi droghe, fumetti o vestiti. E non ne sono esente neanche io. Molte di queste persone sono contente della vita che hanno. Non posso biasimarli, ma che la vivano fuori dal mio giardino."
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"Memories..." è musicalmente un prodotto del settore industrial, che mantiene però una certa indipendenza nella scelta dei suoni. Forse i collegamenti più evidenti sono con la vecchia scena degli anni '80: a quali modelli ti sei rifatto in fase di creazione ed assemblaggio delle tracce?
"Mi fa piacere che lo pensi, comunque sì. Ho tentato di mischiare influenze anni '80/primi '90 (di molti miei compagni di etichetta) con un suono/produzione attuale, di cui si sono occupati i tre moschettieri del Quadraro Studio che hanno ripulito il suono, ampliato le dinamiche e reso tutto più avvolgente e caldo. A parte il rapporto di stima e amicizia che ci unisce, la scelta di uno studio specializzato in hip-hop tra le varie cose è stata naturale, visto che cercavo un certo tipo di calore e bassi che con i miei mezzi non sarei riuscito a ricreare. Anche la stessa concezione di realismo da strada ha influito in questa collaborazione. Nasco e muoio con la Come Org, la AWB e i primi anni della Tesco, SPK, Mathausen Orchestra, ecc. Da là non mi sposto."
"Naturalmente mi ci son trovato in mezzo anche io, tra concerti annullati, minacce di bombe, ecc, ecc, quello che mi chiedo è quanti di questi signori abbiano letto seriamente i testi di un mio disco dall'inizio alla fine. Superficialità e ignoranza sono brutte bestie, qualunque tessera abbiano."
(Marco Deplano)
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Circa un anno prima di "Memories From The Pigsty" è stato pubblicato in formato scaricabile "Una Vita Fatta A Pezzi". I due lavori sono accomunati dalla medesima grafica, ma "Una Vita..." sembra essere un banco di prova per suoni ancora da assemblare e sviluppare... esiste un nesso tra i due dischi? Perché hai scelto di comporre un album (brevissimo peraltro) fatto solo di piccoli loop?
"Radical Matters sta tentando di creare un enorme archivio on line per permettere scambi, networking, tra creatori di suoni. Non sono suoni da ascoltare di per sé. La mia percezione del termine 'industriale', o meglio, 'post-industriale' non é fatta di concerti, fans, promoters, grosse distribuzioni che se ne fregano di quel che producono, 'gruppi' che se la menano, merchandising, ecc. Io penso a network, scambio, comunicazione, performance, interazione anche con persone dalle spinte radicalmente diverse dalle mie, confezioni che rimangono e che solo chi le vuole veramente si sbatte per trovarle. Stimoli creativi che portano chi fruisce ad essere tutt'uno con chi produce, e a sua volta inizino a fare le loro cose. Un nastro in 30 copie ha lo stesso valore di un CD in 1000. Chiaro che in questo marasma anche io ho le mie preferenze (il 90% dei miei ascolti sono power electronics e dintorni)."
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Sempre collegandomi al breve lavoro "Una Vita Fatta A Pezzi" vorrei porti una domanda più generale: credi che nella realtà musicale di oggi l'idea del file scaricabile gratuitamente sia buona? Non credi riduca la qualità audio e il piacere di possedere un oggetto, oltre a danneggiare il mercato? Più in generale, in un periodo in cui le netlabel spopolano, quanto sei favorevole al download, anche legale? E quanto ritieni sia ancora importante il supporto antico e intramontabile del vinile (che hai, tra l'altro, usato spesso per registrare i tuoi lavori)?
"Favorevole alle net-label, soprattutto quelle che curano bene il packaging e non lesinano in grafiche, ecc. Radical Matters è un grande esempio. Personalmente non è il mio formato preferito, il file NON ESISTE, è immateriale, e questo fatto mi inquieta. Non tutto rende come dovrebbe in formato MP3. 'Memories...' si sgonfierebbe, si perde il lavoro di mastering, ecc. Se avessi più tempo produrrei materiale per net label, ma è impossibile. Il file-sharing costituisce un ottimo modo di condividere 'conoscenza', ma sta impigrendo molti ascoltatori che diventano esclusivamente user. Non comprano e ammazzano le etichette. L'utilizzo parassitario è disastroso. Personalmente se scarico é solo per farmi un'idea o per recuperare suoni persi nella memoria, con la speranza sempre che vengano ristampati. Come detto una release per me si ascolta, legge, guarda e tocca. Compro quasi esclusivamente nastri e vinile... Mi annoiano i formati standard, odio il jewel case e quelle barre che si vedono dietro... Ma alla fine non si vive di gusto estetico, e anche le etichette in qualche modo devono mangiare."
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Un'altra realizzazione recente e molto interessante a nome Wertham è il singolo "Good Intentions", stampato da Final Muzik in una tiratura ridottissima di sole 50 copie in un supporto molto particolare: come è nata l'idea per questo 7" e la collaborazione con l'etichetta di Gianfranco Santoro? Hai in programma di ristamparlo, magari insieme ad altre tracce 'perse'?
"Gianfranco voleva sperimentare questo materiale chiamato policarbonato, simile all'acetato ma più resistente nel tempo. Lo conosco da quando avevo 18 anni e avevamo già fatto alcune cose assieme (un pezzo per ricordare il compianto Koji Tano e un pezzo di Foresta Di Ferro per una sua compilation), quindi è stato naturale accettare. Non verrà ristampato come 7", ma ci sarà una nuova versione di 'Culprit' sul prossimo CD in uscita a fine 2009. Non pianifico 'best of' per il momento. 'Good Intentions' è apparsa in formato digitale su una recente compilation della Final Muzik/Steinklang (si tratta di 'Program Volume 1', nda). Direi che è abbastanza."
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Vuoi dirci qualcosa anche riguardo la collaborazione con l'oscuro progetto israeliano Drone Lebanon? Il disco, intitolato "Roma & Yerushalaym", è uscito da poco e non se ne sa ancora molto...
"Sta andando molto bene sia come vendite che come reazione del pubblico. La Topheth Propheth è una delle mie etichette preferite, sia perché produrre dischi in una terra difficile come Israele mi sembra estremamente eccitante, sia perché hanno stampato dei classici, come Barzel, di cui mi nutro quotidianamente. I Drone Lebanon sono al momento uno dei progetti più feroci e controversi, toccano cose che non tutti toccherebbero e adoro la loro attitudine. Il concept é sull'eterno scontro militare, politico, filosofico e simbolico tra Roma e Gerusalemme, lo scontro tra spirito e materialismo, di cui a periodi si sono accusate reciprocamente attraverso i millenni. I miei pezzi sono radicalmente differenti da quelli presentati su Pigsty: 'La Distruzione Del Tempo' è una lunga noise suite con voce sussurrata e accennata, 'Aelia Capitolina' vira su ambient/rituale."
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Sei al dentro della scena industrial da molti anni e conosci direttamente alcuni tra i più importanti produttori e autori del settore: secondo te qual è la situazione della scena da un punto di vista artistico? Come pensi che l'industrial si vada evolvendo di questi tempi? Quali credi siano i nomi di maggiore spicco nella scena attuale?
"Seguo il genere da 20 anni, da circa 15 lo 'pratico'. È un bel momento, soprattutto nel settore più radicale e nell'ambient. Nonostante momenti di attenzioni ed interpretazioni errate e dispersive l'underground pullula di etichette, distro, progetti votati alle più basse nefandezze. Continuano ad uscire packaging assurdi, video, suoni sui formati più assurdi, performance radicali. Quantità e qualità persistono. L'industrial più sperimentale sta approfittando delle moderne tecnologie digitali, tanti gruppi continuano l'approfondimento di tematiche storico/tradizionali e la power electronics vive di ottima salute, sia tra gruppi feroci e scorretti che questa ondata di progetti clamorosi con approccio più tecnico e d'atmosfera (penso ai gruppi della Hermetique). Sino a quando esisterà il suono ci sarà spazio per questo genere di esperienza, poi si passerà al tattile. Una lista incompleta di progetti che valuto meritori deve comprendere Grunt, Nicole 12, Bizarre Uproar, Control, Sistrenatus, Post Scriptvm, Vestigial, Snuff, Splinter vs Stalin, Taeter, Haus Arafna, November Novelet, Organized Resistance, Slogun e Bloody Minded: potrei continuare giorni e questi sono solo quelli di cui ho i dischi sulla scrivania."
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Un settore che si dice sia in grande decadenza e povero di idee è il neofolk, ovviamente ingrossato da tutte le derive industrial-marziali e venature sixties che ne sfumano le sonorità. Il tuo progetto Foresta Di Ferro rientra in parte in questo filone: credi sia un tipo di musica in ribasso e ormai ridotta a scimmiottare sé stessa?
"Assolutamente no. In questo momento stanno venendo fuori i gruppi migliori e veramente legati ad un approccio tradizionale vero, e non alla confusa new age in nero da cui la scena era partita. Penso a tutto il filone che Max Ribaric (Occidental Congress) definisce ur-folk, vale a dire quell'orda di pazzi che si rifanno a VERA musica e VERA cultura tradizionale/originaria/folkloristica locale, smossi da sincera spinta identitaria. Gruppi come Blood Axis, Sangre Cavallum, Waldteufel, Riharc Smiles, Sturmpercht, Svarrogh, Arnica, ecc. sono preziosi oltre che importanti. È impressionante come la natura dei posti dove vivono questi signori sia riuscita a comunicare loro tanta ispirazione. Foresta Di Ferro non è un gruppo neofolk e abbiamo fatto solo due pezzi marziali. I nostri riferimenti sono altri, e la nostra ricerca sconfina in un certo industrial di marca teutonica mischiata alla tradizione canora mediterranea, greca, ebraica e slava, da cui rubiamo parecchio. Non c'è mai stato un trend, ci sono stati giornalisti e promoter che han tentato di crearlo, gente che s'è vestita da soldatino per un periodo e poi s'è data ad altro. Il numero è lo stesso. Poi che ci siano boom periodici va bene, scatenano interessi malsani e creatività. Di solito non mi interessano tanto i trend, ma quello che ne consegue. Avere ispirazione dai grandi forma e fa crescere, ma poi sarebbe ideale creare qualcosa di proprio. Ci sono ancora orde di progetti sperimentali infilati nel carrozzone neofolk/martial che hanno tanto da dire, penso a Triarii, Scivias, Actus, Wappenbund, Rome, Die Weisse Rose, ecc. ecc. Finalmente si son dismesse le chitarrine da tre accordi e si è tornati a concentrarsi sulla forma e l'energia, e non più sui vestiti da soldatini. Che sia con forme più musicali o rumorose non importa."
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Spesso ho avuto l'impressione che buona parte del pubblico italiano tenda a respingere le band locali in favore di una spiccata esterofilia, quando qui abbiamo nomi del settore alternativo che vendono moltissimo proprio all'estero (il primo nome che mi viene in mente è quello dei Kirlian Camera, ma la lista sarebbe infinita). Tu cosa pensi al riguardo? È un fatto che può averti toccato direttamente?
"Non mi interessa molto. Ricevo molte più mail dal resto del mondo che dall'Italia, ma il fatto che ci sia relativamente poca gente che segue il 'genere' non mi preoccupa né frustra. Certo qualche volta sarebbe bello andare a vedere concerti in treno e tornare la notte, invece di attraversare le alpi. Trovo più disdicevole idealmente il fatto che nei locali i DJ siano considerati più importanti dei gruppi, spesso visti come un riempitivo. Ma questo non è un problema di promoter stronzi, bensì di economia di locale. Escludendo i centri sociali, generalmente ai locali interessa che la gente entri e consumi tanto. Se suono io o Pino e i Simpatici non fa differenza, l'importante è che porti soldi. Non leggerla come una denuncia chiaramente, ma può essere frustrante. In Italia ho avuto problemi con organizzazioni approssimative, DJ arroganti, gruppi che facevano 1 e credevano di aver fatto 100, capetti, ecc, ecc. Ma è lo stesso ovunque. Sono comportamenti umani. Troppa gente che ha l'illusione di vivere con qualcosa che ha una mortalità economica di pochissimi anni. Ho rinunciato a diversi concerti qua in Italia perché non mi si assicurava tutto quanto richiesto tecnicamente. Cose semplici. Se poi c'é gente coraggiosa come Rudy, Emy, Alex di Ascension o Max di Energy Zone, sono ben contento di partecipare alle loro avventure. In Italia il problema più grosso sono gelosie e gossip. C'è sempre questa stupida attitudine del lamentarsi del 'successo' degli altri, la sindrome dell'incompreso, ecc. Fare e non parlare."
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Di recente si è verificata un'aggressione contro un gruppo italiano (che tra l'altro sta tornando adesso sulla scena), alludo alla Camerata Mediolanense e ai fatti accaduti a Friburgo lo scorso ottobre. Perché secondo te si è creato questo clima da 'caccia alle streghe' che porta a boicottare eventi senza nemmeno sapere prima di cosa si tratta? Insomma, cosa hanno in testa questi finti paladini della giustizia? Pensi ci siano delle colpe anche da parte di chi organizza o si esibisce (nel caso della Camerata non mi è proprio sembrato...)?
"No. I problemi sono due. Da una parte persone, spesso esterne all'ambiente musicale, che sono diventate habitué dei concerti con atteggiamenti non molto amichevoli e spesso finiti a cazzotti, dall'altra persone intellettualmente pigre che, prese da arditismo, cercano uno scontro creando capri espiatori sbagliati. È un enorme equivoco. Chi provoca deve essere preparato ad ogni evenienza, il problema è che questi signori non se la prendono con chi provoca. Sì, naturalmente mi ci son trovato in mezzo anche io, tra concerti annullati, minacce di bombe, ecc, ecc, quello che mi chiedo è quanti di questi signori abbiano letto seriamente i testi di un mio disco dall'inizio alla fine. Superficialità e ignoranza sono brutte bestie, qualunque tessera abbiano."
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Tra poco ci sarà il Congresso post-industriale (al momento in cui si svolge l'intervista l'evento non si è ancora svolto) organizzato dalla Old Europa Cafe, e Wertham è tra uno dei quattro grandi nomi che si esibiranno. Come ti stai preparando per l'evento? In Italia ci si lamenta spesso che il presunto pubblico del settore oscuro non si sposta per i concerti, ma solo per le serate danzabili... Qual è la tua esperienza al riguardo?
"Sto ultimando in questo momento il video di background. Speriamo venga come previsto. Sono entusiasta sia perché venue ed organizzatori sono in gamba, sia perché dividerò il palco con progetti di tutto rispetto, nonché grandi amici. Prevedo una bella festa. Quello che dici è vero per certi eventi, ma non sempre. In Italia ci sono meno concerti, ma generalmente quando vengono organizzati c'è la stessa affluenza degli altri concerti in nord Europa, escludendo i festival quando si ritrovano molte più persone. Concerti come quelli di Whitehouse, BDN o la sfortunata prima avventura dei Genocide Organ in Italia hanno raccolto tanta gente quanta li segue all'estero. Come detto, non si può obbligare le persone a sobbarcarsi chilometri per vedersi un concerto, la crisi colpisce anche i portafogli. Chiaro che preferirei vedere più concerti di gruppi 'medi' senza viaggiare ore in aereo, ma se non c'è pubblico, ci si arrangia ahimé.
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Un tuo importante progetto è attualmente in stand-by, mi riferisco a Foresta Di Ferro, un nome che ha ottenuto ampi consensi nel recente passato. Avete in programma qualche imminente uscita per questo act?
"Abbiamo appena concluso le registrazioni della sonorizzazione della mostra di Melanie Laetitia Mantis, una fotografa/pittrice/illustratrice tedesca, nostra partner in crimini e amica, prima di una serie di collaborazioni che prenderanno forme diverse. Contemporaneamente stiamo registrando pezzi per il nuovo CD "Might Be Never, Might Be Forever" sperando di risuonare dal vivo a breve, Rotterdam é stata un'esperienza memorabile. La formazione si sta allargando e questo rende tutto più stimolante."
"La società mi sforzo di non giudicarla, ma di viverla al peggio. Adoro i suoi aspetti che creano insicurezza nel piccolo borghese che si nasconde dentro di me e gli fa sentire ansia. L'insicurezza porta sempre creatività, anche se dipinta di tinte scure. La strada e le esperienze di persone ai margini mi hanno dato molto di più che tante pagine scritte."
(Marco Deplano)
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Se ti chiedo il titolo di un album del passato che ha condizionato la tua carriera di musicista/rumorista, cosa mi rispondi?
"Whitehouse: 'Thank Your Lucky Star'."
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E un libro o un autore che - su tutti - ha formato il tuo modo di pensare e giudicare la società?
"Non sono stati i libri a farmi avere certe opinioni. Spesso mi hanno aiutato ad analizzarle, ma le sberle prese per strada, qualche anno di lavoro nel sociale, frequentazioni ai margini mi hanno cresciuto molto di più. La società mi sforzo di non giudicarla, ma di viverla al peggio. Adoro i suoi aspetti che creano insicurezza nel piccolo borghese che si nasconde dentro di me e gli fa sentire ansia. L'insicurezza porta sempre creatività, anche se dipinta di tinte scure. Conduco una vita tranquilla e penso di rispecchiare bene questa realtà più rilassata di qualche anno fa, ma la strada e le esperienze di persone ai margini mi hanno dato molto di più che tante pagine scritte. Posso dirti che mi ritrovo in alcuni testi di Houellebecq, Celine ('Morte A Credito' soprattutto), ma ho molto da condividere anche con certi libri di Chuck Palahniuk. Vivere rimane la scuola migliore."
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Quale ritieni sia stato l'avvenimento più importante della tua carriera di musicista?
"Domanda da un milione di euro. Spero che debba ancora succedere, ma sicuramente gli incontri con le persone che sono diventate mie alleate con cui ho condiviso un percorso umano, ideale e creativo che perdura da circa 15 anni. La gestazione e le uscite dei CD di Wertham ed FDF sicuramente. Il concerto a Berlino con Whitehouse qualche anno fa e quello recente di Sintra."
http://www.myspace.com/xwerthamx
http://www.tesco-germany.com/