21-07-2008
KENJI SIRATORI
"Crypt Mind"
(Ravenheart/Masterpiece)
Time: (51:30)
Rating : 4.5
Kenji Siratori è forse il nome in cui, negli ultimi anni, si sia potuto imbattere più di frequente un appassionato di dark ambient. Questo autore, proveniente dal Giappone, ha battuto in soli tre anni ogni record di produttività, avendo stampato tonnellate di CDr (nomi come Merzbow e Aube non hanno raggiunto tali livelli in decenni di onorata carriera) e apparendo come special guest negli album di una quantità spropositata di autori. Qual è il suo segreto? Perché, così all'improvviso, il buon Kenji ha ottenuto la fiducia di cotanta fetta del panorama post-industrial? Forse, ascoltando questo "Crypt Mind", possiamo arrivare a dedurre qualcosa in merito. L'album, stampato dalla piccola etichetta ceca Ravenheart, è suddiviso in quattro atti di ampia durata più un pezzo conclusivo, e si colloca nei meandri di quella dark ambient generata elaborando droni estremamente prolungati, i quali trasmettono una classica sensazione di gelo e oscurità. Nulla di nuovo, quindi, per ciò che concerne il contenuto, ma addentrandoci nelle maglie dei brani scopriamo qualcosa in più... L'"Act I" ha una base che ricorda i movimenti di un vento freddo su cui si stagliano folate rumorose e metalliche che sopraggiungono con un moto ondulatorio, mentre la successiva "Act II" propone il medesimo schema con rasoiate metalliche che si dipanano tra riverberi e droni, i quali assumono l'aspetto di ululati. Stessa roba nell'"Act III", che viene 'arricchito' da minuti fermi, soporiferi e inutili: si alternano, quindi, momenti in cui regna il silenzio ad alcuni rumori rimbombanti che rimandano a luoghi catacombali. L'"Act IV" vede ancora i soliti droni squassanti accostati a brusii metallici. La chiusa è affidata al brano "Disturbance Mantra", che vede la partecipazione dell'act svedese Objekt4: questo pezzo è a tutti gli effetti un mantra dalla tipica struttura circolare e dai suoni vibranti, solo elaborato in chiave industrial con base ferrosa e stridente, ed è forse l'unico motivo di vero interesse di tutto l'album. Il resto del lavoro è infatti ripetitivo fino alla nausea: le tracce si dipanano senza un minimo di variazione ripetendo all'infinito, grazie all'uso dei computer, formule ormai datate. I suoni non cambiano di una virgola e l'impressione finale è che il buon Siratori si sia sbrigato a riempire il CD, utilizzando in loop una ricetta di cui forse lui stesso non era convinto. Peccato, perché il pezzo conclusivo poteva essere sfruttato meglio se accostato a brani che avessero avuto più nerbo. La mia opinione è che ormai è diventato troppo facile produrre un disco (magari su CDr con copertina fotocopiata): se qualcuno si fermasse un momento ad analizzare cosa sta facendo, si renderebbe conto che per costruire un brano bisogna avere almeno qualche idea solida. Trent'anni fa pubblicare un 12" era una chimera, adesso stampare un album è come bere un bicchier d'acqua. Per tanti autori sono aumentate le possibilità di esprimersi, e questo è un bene, ma è fuor di dubbio che noi ascoltatori avremmo fatto volentieri a meno di molta inutile paccottiglia: "Crypt Mind" testimonia in pieno questa situazione.
Michele Viali
http://www.ravenheart.mysteria.cz/