20-05-2008
ROME
"Masse Mensch Material"
(Cold Meat Industry/Audioglobe)
Time: (42:62)
Rating : 8.5
Accade che, in anni di carriera, non si riesca a trovare l'ispirazione per incidere un disco; accade che, in soli 18 mesi, Jérôme Reuter pubblichi con il suo progetto Rome ben tre album, e di ottima caratura. Dopo l'esordio con l'EP "Berlin", "Nera" attirò l'attenzione su questo musicista lussemburghese, confermata poi da "Confessions d'Un Voleur d'Ames", e infine galvanizzata da quest'ultima produzione. È la conferma di come Jérôme non sia solo un ottimo musicista che con grande stile riesce ad imbastire le sue ballate dal punto di vista sonoro, coadiuvato anche in questo episodio da Patrick Damiani e da Patrick Kleinbauer, ma anche un grande poeta, profondo, struggente. Come profonda e struggente è la sua voce, bella all'ascolto nel trascinarti verso gli abissi della malinconia, nel trafiggerti con le sue pungenti disperazioni. Viene facile e spontaneo il paragone con Leonard Cohen o Nick Cave, ma pensate che grande parallelismo può esservi invece tra Reuter e lo Springsteen del periodo "Nebraska"... Oppure la stessa concettualità, sebbene siano trascorsi 20 anni, di "The Final Cut" dei Pink Floyd, con Waters e Reuter simili nella solitudine, nelle delusioni, nelle angosce per un futuro sottratto negli ideali traditi. Identici ed affini nella disillusione nei confronti della propria generazione, sconfitta negli ideali, negli affetti, nei valori, rassegnata al declino, umiliata nella perdita d'identità, illusa e disillusa continuamente. Tutto ciò si sente tanto in "Der Erscheinungen Flucht", in cui la tristezza di un torto subito e del tradimento culturale è così forte... Un disco bello dall'inizio alla fine, che inizia come finisce, con le atmosfere brumose di un campo di battaglia al mattino, nei momenti in cui la quiete regna, in cui l'uomo ha ancora quel piccolo lembo di tempo per riflettere, per capire ciò che è giusto, ciò che ancora lo può rendere umano. Stupenda la magia della introduttiva "Sonnengötter", come un sogno mattutino che vuole trasportarti dal mondo onirico a quello reale ma senza traumi, così come la conclusiva "Nachtklang", al contrario, ti accompagna verso la notte e le sue contraddizioni, come un ciclo. Puoi solo assistere e cantare la frustrazione con malinconia e rammarico... Bellissima la dolce e lenta ballata "Die Nelke", ariosa e solare come certe canzoni di Of The Wand And The Moon, proiettate verso un domani dove ancora la speranza può e deve esserci. Una piccola curiosità nasce spontanea dall'ascolto di "Die Brandstifter", molto teatrale e barocca, che spinge a chiedersi se l'aria di "Paris Spleen" dei nostri Ataraxia, in Cold Meat Industry, non sia stata respirata anche da Jérôme... Non sono mancati lodevoli spunti innovativi rispetto al passato: "Wir Götter Der Stadt" e "Kriegsgötter" danno la sensazione che, un po' come anche Von Thronstahl, il progetto Rome guardi non tanto al classico folk apocalittico o marziale (anche se "Wir Moorsoldaten" è una ballata di guerra di una potenza meravigliosa), quanto piuttosto verso una darkwave perduta ma assolutamente da ritrovare; musica come testimonianza, riflessione ideale, ma pur sempre musica, da onorare e rendere grande, con spessore e devozione. Era così anche per Douglas Pearce tanti, tanti anni fa: amare i Rome, forse, ci può riscattare l'amarezza avuta con il declino dei Death In June...
Nicola Tenani
http://www.myspace.com/romecmi