29-12-2024
KHOST
"Many Things Afflict Us, Few Things Console Us"
(Cold Spring)
Time: CD (69:40)
Rating : 7
Fedele alfiere di casa Cold Spring sin dall'esordio nel 2014, il duo industrial doom di Birmingham torna col quinto album, che segue a distanza di quattro anni e mezzo il precedente "Buried Steel". Edito in un essenziale digipack, oltre alle due versioni in vinile (nero standard e rosso limitato a 200 copie), il nuovo full-length del progetto britannico amplia gli orizzonti di un sound votato alla durezza chitarristica mescolata al rumore industriale, soprattutto nella sua versione in CD, che ospita sette pezzi in più rispetto a quelli disponibili nei solchi del formato LP. Va detto che tutte queste tracce, che portano a sfiorare i 70 minuti di durata, sono spesso divagazioni e/o intermezzi verso derive più o meno ascrivibili al macrocosmo doom/noise tipico dei Nostri, ed alla fine, fra tutto questo materiale bonus, svettano unicamente i due remix di lusso posizionati in coda, firmati da Adrian Stainburner (con Stephen Mallinder dei Cabaret Voltaire alla voce) e Bereneces, davvero ottimi in ogni senso, fra scura D&B e filmiche tessiture. Dove il duo convince pienamente è in quelle song tipiche di uno stile forgiato in un decennio ricco di esperienza sul campo (anche live), ed in tal senso non mancano begli episodi, a partire da "The Fifth Book Of Agrippa", dove il violoncello dell'apprezzata ospite Jo Quail si mescola alla cruda materia doom-industriale sulla scorta di un eccellente sample, ben seguita dal feroce e pesante anthem "Death Threat", guidato dalla consueta, ferale brutalità vocale. Non meno dura e metallica "Incinerator", anche questa premiata dalla saggia scelta del sample, mentre fra i momenti di più ampio e sperimentale respiro spicca "Reading Between The Lines", scura e suadente ma ruvida quando si accende il groove, non senza modernismi sin qui sconosciuti al progetto; è però la title-track, magnetico ed ipnotico gioiellino oscuro coi crismi di una vera e propria canzone (con tanto di cantati più "clean"), a sorprendere in positivo ad ogni livello, suggerendo a gran voce una via da perseguire maggiormente alla prossima occasione, vista la qualità del risultato. Tanti spunti, positivi come di riflessione, in un lavoro ampio in ogni senso, che non traccia una rotta precisa per il futuro, ma che, con la sua maggior varietà di stilemi e soluzioni, apre gli orizzonti dei Khost verso mete che difficilmente avremmo potuto ipotizzare un decennio fa. Non soltanto peso del blasone, ma idee e voglia di guardare avanti.
Roberto Alessandro Filippozzi
https://khostband.bandcamp.com/