29-12-2007
RAPOON
"Time Frost"
(Glacial Movements)
Time: (58:03)
Rating : 6
La label di Alessandro Tedeschi assolda per trattare la propria gelida tematica un asso del vecchio panorama industrial: l'inglese Robin Storey, membro fondatore dei celeberrimi Zoviet France e attivo ormai da circa 15 anni con il suo progetto personale Rapoon. Il fine del disco è sempre il medesimo: descrivere con la musica distese di ghiacci perenni, in questo caso immaginati come risultato di una nuova era glaciale che colpirebbe l'Europa cambiandone di netto le fattezze. Robin struttura il proprio commento audio a partire da tracce circolari ripetute all'infinito ed estratte da "Il Bel Danubio Blu" di Johann Strauss (esattamente dalla versione in LP del 1968 inclusa nella colonna sonora del film "2001: Odissea Nello Spazio"), quindi rielaborate e riarrangiate in studio con mantenimento del tipico scricchiolio vinilico. L'effetto asfissiante trasmesso dalle tracce di musica classica chiuse su loro stesse traduce bene il senso claustrofobico dato da forme di vita annullate e bloccate sotto la cortina di ghiaccio, ma emerge qualche punto interrogativo. L'idea di fondo non ha pecche, per contro il risultato finale non convince del tutto: la rielaborazione in studio non è così decisiva nel modificare il suono, tanto che i primi tre brani sono poco più di un ripetersi continuo dello stesso tema, che ondeggia sempre identico al tempo di un giro al secondo. Le cose cambiano in meglio con la traccia "Horizon Discrete", segnata da un white noise che ricalca le folate di un vento glaciale. La chiusa finale di oltre mezz'ora affidata al brano "Ice Whispers" riassume quanto proposto in precedenza, con i groove chiusi alternati a lunghi passaggi di rumore bianco che si addensano soprattutto nella parte centrale: un pezzo infinito realizzato più con la mente che con l'intento di creare un'atmosfera comunque presente a sprazzi. Siamo di fronte ad un'ardita sperimentazione o al passo falso di un grande autore dell'industrial? Vale più l'idea o l'esito finale? Mi chiedo inoltre: se un disco del genere fosse stato fatto da un illustre sconosciuto, quanta risonanza avrebbe potuto avere? Immagino scarsa. La mia impressione è che i presupposti di partenza siano buoni, ma non sfruttati al massimo: ne viene fuori un curioso momento di passaggio nella lunga carriera di Robin Storey. Il valore di "Time Frost" rimane legato principalmente a ragioni tecniche, tra cui il riutilizzo di musica preesistente per commentare un tema particolare come il gelo, questione affrontata in modo più coinvolgente da Netherworld nell'altro album stampato di recente dall'etichetta Glacial Movements.
Michele Viali
http://www.the-edge.ws/pretentious/rapoon/
http://www.glacialmovements.com/