01-01-2021
JAGATH
"Devalaya"
(Cold Spring)
Time: CD (54:16)
Rating : 7
Provenienti dalla città di Perm' e guidati da Gregory Skvortsov, gli Jagath sono un collettivo russo che crea il proprio sound in complessi industriali abbandonati, e più precisamente al fondo di umidi condotti fognari o dentro grossi serbatoi di petrolio vuoti, senza usufruire di alcuna sintesi digitale, usando strumenti costruiti a mano, oggetti trovati in loco e le proprie voci, con l'obiettivo - fra gli altri - di condividere la propria visione di una decadente era post-industriale. Benché consigliato ai fans di nomi quali Shibalba, Phurpa ed Arktau Eos, il secondo album degli Jagath (il primo nel formato fisico, dopo l'esordio in digitale dello scorso maggio "Agni") aderisce molto meno dei nomi citati alla ritualità, lasciandola affiorare solo a tratti sullo sfondo di ambientazioni scure ed abissali, catturate nel caso specifico da una lista di intervenuti che raggiunge quota 11 persone. Le cinque lunghe tracce tendono a ripetersi nelle soluzioni, fra clangori che si fanno spazio nel buio più completo, colpi metallici minacciosi, oscuri vortici ambientali e sporadiche incursioni vocali atte a rinforzare quella sensazione d'inquietudine che emerge da trame adeguatamente efficaci, benché decisamente più inclini all'industrial ambient, piuttosto che alla ritualità propriamente detta. Oltre all'efficacia didascalica, l'album si fa apprezzare per una resa audio di alto livello, essenziale per cogliere ogni sfumatura delle sessioni che, tra il 2015 ed il 2018, hanno dato vita ai brani in esame, catturati dentro ad enormi serbatoi di petrolio ormai vuoti da tempo immemore. Gradevole anche la veste grafica del digipack a sei pannelli, fra scintille e fuoco, per un lavoro che di certo incontrerà il gradimento degli estimatori delle ambientazioni oscure a carattere industriale.
Roberto Alessandro Filippozzi
https://store.coldspring.co.uk/