25-01-2014
DIAGNOSE: LEBENSGEFAHR
"Transformalin"
(Infinite Fog Productions)
Time: (69:13)
Rating : 7.5
Non è la prima volta che personaggi provenienti dal metal, soprattutto dal black, passano a sonorità elettroniche dal sapore ambientale ed evocativo. In tale circostanza è lo svedese Nattramn, ex vocalist dei Silencer (gruppo con all'attivo un solo album largamente apprezzato dal pubblico), a dar vita a quest'opera segnata da presupposti inusuali. Nattramn fu infatti rinchiuso nel 2001 in un ospedale psichiatrico e gli venne assegnata come terapia riabilitativa la composizione di quella musica che avrebbe poi dato vita a "Transformalin", lavoro di fatto assemblato tra il 2004 e il 2005 e circolato inizialmente come autoproduzione in forma privata per una tiratura di 50 copie in CDr. Capitene le potenzialità, si sono fatte avanti diverse etichette discografiche che hanno portato a molteplici ristampe, fino a giungere alla qui presente copia targata Infinite Fog (sicuramente la più curata), edita sia in una veste limitata a 200 esemplari, con custodia digibook di dimensioni A5, che nella versione in standard-case con ampio libretto al seguito. Al di là delle notizie che accompagnano la produzione, più o meno attendibili e sicuramente utili per fare pubblicità, va detto che l'ex Silencer non è uno sprovveduto e non cade nella facile trappola in cui rimangono invischiati i metallari che si avvicino all'ambient industriale, ovvero la convinzione di creare qualcosa di nuovo senza sapere che la scena (già sovraffollata) esiste da decenni. Nattramn si appropria di strutture 'classiche' come drones, tappeti sintetici, voci strepitanti, linee corali e rumori ad effetto per mettere insieme il proprio incubo personale, basato su pensieri negativi che battono violentemente contro le pareti di una testa divenuta mero contenitore di sofferenza, nonché spettatrice passiva di una realtà distorta e della propria, lenta distruzione. Le architetture sonore si diversificano con estrema facilità lasciando spazio a ritmiche industriali, jingles, melodie accennate, toni soffocati, fanfare, percussioni tribali o militari e molto altro, per imbastire una spirale verso il basso memore - anche - del "The Wall" di pinkfloydiana memoria. Sullo sfondo agiscono testi arcinoti che riguardano la morte, Lucifero, i condizionamenti farmacologici e qualche posizione politically incorrect. Ascolto impegnativo per i vecchi discepoli metallari, più indicato a chi è avvezzo alle sonorità post-industriali, qui ripercorse con un tocco autobiografico ad effetto. La qualità c'è, a prescindere dalle storie che accompagnano il disco.
Michele Viali
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