17-03-2013
TROUM & AIDAN BAKER
"Nihtes Niht"
(Alone At Last)
Time: (57:31)
Rating : 7
Ancora alle prime armi e conosciuta da pochi, l'etichetta russa Alone At Last si presenta con tutte le carte in regola per fare breccia nell'ala ambient isolazionista della scena underground. Con all'attivo già tre produzioni di primo livello firmate da Francisco Lopez, M.B. e dalla coppia Richard Francis/Bruce Russell, la label affida al duo Baker/Troum la quarta release, contrassegnata da una confezione singolare costruita su dodici pannelli apribili a croce che raccolgono all'interno ben 11 inserti in carta pesante: questa grafica particolare, dotata di forme e immagini astratte, è comune a tutti i CD e funge da segno distintivo dell'etichetta. Gli autori Troum e Aidan Baker non hanno bisogno di troppe presentazioni, essendo entrambi decani - se non pionieri - dell'ambient astratta. I primi hanno alle spalle l'esperienza con i Maeror Tri, seminale terzetto tedesco di cui viene in parte continuata la vena ambient-industriale; l'altro (anch'esso teutonico) è uno sperimentatore a tutto tondo, più a suo agio in rarefatte evocazioni sonore che nell'industrial tout-court, ma con una ammirevole capacità di adattamento a stili diversi. L'album è strutturato in quattro tracce che prendono nomi dai punti cardinali. Come indicato nel CD, "la musica si pone come una colonna sonora per isolati luoghi glaciali...": in altri termini si mira a creare un ambiente sonoro freddo e riflessivo, decisamente in voga negli ultimi anni. L'iniziale "Sunt" è una classica colonna sonora per scene ipotermiche, fatta di lunghe e dense stratificazioni lineari che si estendono a perdita d'occhio in un'evoluzione continua e costante che si dipana lentamente, dove i rumori mimano qualcosa di gigantesco che si muove tra la rigidità dei ghiacci perenni. La seguente "Nort" ha tonalità più pacate, giocate tra rumori spezzati ed evocazioni che la rendono ancor più filmica della precedente. Con "Westan" sopraggiunge una massa sonora oscura, con rumori abrasivi e analogici che si sommano ad un consistente fondale dronico; gli inserimenti squassanti, uniti a voci campionate e grugniti, contribuiscono ad uno stacco netto rispetto alle prime due tracce, garantendo una consistente ventata di inquietudine. Il finale, affidato a "Ostan", vede il ritorno delle atmosfere tranquille e solitarie: l'intimismo aumenta grazie a stratificazioni sonore imponenti e levigate, velate da soffi para-melodici inaspettati. Nel complesso "Nihtes Niht" appare un'opera efficace, soprattutto se relazionata ad immagini e situazioni particolari. Consigliata a chi ama produzioni polari sulla scia di quelle proposte dall'italiana Glacial Movements. Da gustare in cuffia ad alto volume.
Michele Viali