13-01-2013
SKIN AREA
"Rothko Field"
(Malignant Records)
Time: (57:51)
Rating : 8
Progetto svedese di terza generazione tra quelli nati in seno alla Cold Meat Industry, gli Skin Area hanno fatto in tempo a realizzare solo due album alla corte di Karmanik (uno nel 2002 e uno nel 2006), per poi seguire le orme degli altri ex-compagni di etichetta ed 'emigrare' verso lidi discografici diversi; così, a distanza di sei anni dall'ultimo "Journal Noir/Lithium Path", il nuovo album "Rothko Field" esce per l'americana Malignant Records, garanzia di qualità sonora e grafica. Ma la label non è l'unico cambiamento, e chi ha seguito il duo Lindh/Blath rimarrà sorpreso dalla felice evoluzione stilistica che sembra nascere dall'arte figurativa di Mark Rothko. Ossessionati dalla simmetria, i due manipolatori sonori strutturano un'opera dalla forma triangolare con vertice verso il basso o - se si vuole - di cono rovesciato. Sembra assurdo parlare in questi termini, ma di fatto i nove brani hanno corrispondenze speculari ad eccezione della quinta traccia "Void", che funge da vertice ma che mantiene al suo interno un'architettura ancora una volta simmetrica. I due pezzi "Threshold" e "Threshold (2)", posti in apertura e chiusura del disco, sono basati quasi esclusivamente su intrecci vocali pre-registrati, accoppiati con minimi sottofondi power-electro. Avanzando verso il centro troviamo prima le due "In The Skin" e "In The Skin (2)", poi la doppia title-track: con queste quattro tracce scopriamo l'anima dell'album, basata su dronici riverberi di chitarra e tappeti elettronici monocordi, a cui si aggiungono percussioni cadenzate, quasi celebrative e dal sapore estremamente minimale. Il tutto assomiglia sia alle distorsioni più rockeggianti di gente come Swans o Sonic Youth che alle muraglie monolitiche dei Sunn O))), spesso variate da un tocco black metal evidente soprattutto nell'uso della batteria. Il noise scaturisce da un miscuglio compatto di fonti diverse ed assume fattezze solenni, crescendo in maestosità nella coppia di brani "Rothko Field" e "Rothko Field (2)". La voce sembra estrapolata da un citofono ed aumenta il contrasto già forte tra filtri elettronici, rumorismo strumentale e grezzi rintocchi ritmici. Avvicinandoci al centro troviamo "Hypnagoga" e "Hypnagoga (2)", dove il registro sonoro cambia di nuovo: il drone-noise viene posto sullo sfondo per lasciare spazio a melodie semplici, estratte (sembra) da un carillon o sussurrate da flebili voci; l'oscurità aumenta e con essa cresce anche un'ipnotica insistenza tonale, che ci porta dritti verso il cuneo centrale dell'opera. "Void", traccia sinistra sin dal titolo, si colloca al vertice del disco e ci riporta ad alcuni classici pezzi dark ambient; l'annullamento e il senso di pacata follia vengono strutturati ancora una volta in modo speculare, col picco tonale posto al centro del brano, mentre l'atmosfera torbida ne fa il momento più tetro del CD. "Rothko Field" non è un album semplice e richiede ascolti molteplici per saggiarne l'essenza sopraffina, frutto di un'evoluzione inaspettata. La furia sonora degli albori viene ridotta e l'uniformità stilistica viene soppressa in favore di una sperimentazione che racchiude soluzioni diverse, e che a tratti si avvicina al side-project IRM. La resa audio eccellente ed il corollario grafico forniscono quel tocco in più, necessario a valorizzare un album notevole. Tra i migliori lavori usciti ultimamente dalla vecchia scuola svedese.
Michele Viali
http://www.malignantrecords.com/