06-11-2012
ZILVERHILL
"Laodicean"
(Adeptsound)
Time: (45:36)
Rating : 5
Terza fatica discografica per Zilverhill, progetto che avevamo avuto il piacere di presentarvi circa tre anni fa, quando uscì il loro secondo album "Latent-Active-Descent". Tim Bayes (incallito sperimentatore di stampo industriale attivo sin dagli anni '80 con l'act Schuster) e Paul Carr (già mente di Present Day Buna) costruiscono per l'occasione un elaborato concept costituito da una sola traccia della durata di tre quarti d'ora, idealmente divisa in 10 parti dotate di titoli. Il motore tematico del CD è l'indifferenza verso l'ignoranza che ci conduce al dolore, questione ampia e torbida la cui impalpabilità viene tradotta da suoni altrettanto evanenscenti e difficili da fissare nella mente. Nel complesso siamo dinnanzi ad un'ambient minimale non distante da alcuni prodotti della prima Cold Meat Industry (vedi Morthound), ricavata da macchinari elettronici e chitarre. Il tutto ha un suono e una modalità costruttiva decisamente retrò, orfana di linee-guida sonore o momenti che si possano fissare in testa con una certa facilità. Ad avere un dominio incontrastato è il silenzio su cui vengono fissati suoni e rumori in quantità mai eccessive, tanto che non si incontrano drones o stratificazioni sonore di una certa portata. Le ambientazioni sono cupe, basate principalmente su tappeti di synth e rumori; passano in rassegna voci di vario genere, materiali in movimento, inserimenti squassanti, gocce che cadono rimbombando: ne viene fuori un'atmosfera claustrofobica e solitaria, in cui serpeggia una costante inquietudine. A tratti vengono accennate delle melodie prontamente soffocate, intervengono riverberi ricavati anche da chitarre elettriche accanto ad elementi disturbanti ripetuti in loop, rintocchi metallici e riff dall'andamento quasi percussivo. I suoni sorgono flebili dal nulla senza seguire una linea conduttrice unitaria, a volte vengono ripetuti con un andamento quasi ondoso. L'impressione è che ci sia una buona dose di improvvisazione che rimanda progetti industrial degli anni '80 (dai Throbbing Gristle ai primi Nurse With Wound), ma applicata ad uno sfondo prettamente dark ambient e post-industriale: in assoluto le somiglianze maggiori si hanno con i primi lavori di Lustmord. La notevole resa audio amplifica i saliscendi tonali (altrimenti non udibili), in grado di accendere le luci in alcuni frangenti e viaggiare su frequenze plumbee ed intimiste quando predomina l'oscurità. "Laodicean" rimane un album non facilmente assimilabile e volutamente dispersivo, una sorta di buco nero in cui perdersi, storditi, assonnati e in preda a correnti diverse che spesso non portano a nulla. Freddo ed oscurità si dividono i 45 minuti dell'opera senza mai incidere veramente: di sicuro il lavoro più sperimentale di Zilverhill, ma anche il meno controllato e ordinato, sempre in cerca di qualcosa che non arriva e di una scintilla che fatica a scoccare. Solo 100 le copie prodotte, confezionate in un essenziale digipak.
Michele Viali
http://www.myspace.com/zilverhill