30-09-2012
SHRINE
"Somnia"
(Cyclic Law)
Time: (53:35)
Rating : 5
Shrine è il nome sotto cui si cela il musicista bulgaro Hristo Gospodinov, passato alla musica elettronica nel 2003 (anno di fondazione del progetto) dopo una formazione che lo ha visto alle prese soprattutto con la strumentazione acustica. "Somnia" è il secondo lavoro di lunga durata, arrivato dopo ben sei anni dal debut "The Final Asylum" e composto in un lungo arco di tempo. Il background dark ambient è immediatamente evidente (e non poteva essere altrimenti, considerando che a produrre è la Cyclic Law), ma è altrettanto chiaro l'impegno profuso da questo autore per superarne gli schemi e giungere a soluzioni diverse, a metà tra echi new age ed ambient isolazionista. Il tema, ben esplicato dall'affascinante copertina, è quello di un sogno in cui il protagonista è in grado di esercitare il controllo: una sorta di stato onirico non passivo, vissuto in maniera esplorativa e cosciente. Gli otto brani sono strutturati unendo field recordings, temi di synth e un minimo di strumentazione, il tutto trattato in maniera distesa, ottenendo un'atmosfera piana e riflessiva, senza alcuna variazione consistente tra un brano e l'altro. L'apertura di "The Grand Design" vede l'accostamento di rumori d'ambito marino (sciabordii, scorrere d'acqua) ad un morbido drone di sottofondo, raddoppiato da un insistente giro di tastiera dagli esiti ipnotici. Nella successiva "Immersion" la linea sonora si fa più scura, i campionamenti assumono la forma di esili ritmiche: l'atmosfera è densa, quasi contornata da un fluttuante liquido amniotico. "Lost Beauty" vede l'aggiunta di un minimale giro di chitarra che rende i toni più solari, pur mantenendo quel senso di sconfinato e illimitato proprio di tutta l'opera. Lo sciabordìo marino torna in coppia ad esili rumori ambientali nella title-track, pezzo dai forti connotati new age, e sulle medesime coordinate si muove anche la successiva "The Iron Water", leggermente più equipaggiata di suoni ma con le medesime caratteristiche e la stessa struttura continua e circolare. Profumi esotici emanano da "Dream Captured In Stone", che accosta presunti rumori naturali notturni a rintocchi orientaleggianti e ad un synth minimale. "Ruins" appare più fredda e basata su accumuli di field recordings dal retrogusto meccanico. Un curioso soft-noise prende invece il sopravvento nella conclusiva "On The Edge Of The Void", pezzo straniante ed eccessivamente immobile. In ogni traccia si sentono le affinità con autori della vecchia scuola ambient minimale (Riley, Reich), stile che Hristo va a fondere con una dose massiccia di odori naturali e primordiali, ma anche con una ventata di classica dark ambient. In ultima analisi, nulla di nuovo: la ripetitività gioca un ruolo chiave e può essere un'arma a doppio taglio, piacevole in momenti di riflessione e relax, alla lunga noiosa per un ascoltatore troppo attento ai dettagli ed in cerca di robustezze sonore. Per la prima volta la Cyclic Law apre le porte ad un act 'solare' seppur introspettivo, sicuramente poco in linea con le precedenti produzioni dell'etichetta canadese.
Michele Viali