17-07-2012
DAHLIA'S TEAR
"Dreamsphere"
(Cold Meat Industry)
Time: (47:06)
Rating : 8.5
Sentivamo di aver visto giusto quando, oltre quattro anni or sono, avevamo promosso a pieni voti il terzo album di questo solo-project svedese, e non ci stupisce affatto che ad assicurarsi le prestazioni artistiche di Dahlia's Tear sia stata un peso massimo della dark ambient (e affini) come la rediviva Cold Meat Industry. Se col precedente "Under Seven Skies" (edito dalla defunta Thonar) avevamo accolto con piacere la nuova e spiccata propensione melodica insita nella materia dark ambient sapientemente lavorata da Anile.D., col nuovo "Dreamsphere" ritroviamo un artista il cui suono, maturo e consistente come raramente ci capita di sentire, rinnova il proprio oscuro splendore e riesce nuovamente ad emozionarci con la ricchezza delle sue forme cangianti. La produzione, a dir poco superiore, ci permette di apprezzare ogni singolo dettaglio dell'ampia gamma di suoni e campionamenti che il Nostro incastra con splendida maestria fra le cupe trame di una materia dark ambient che, nella fattispecie, è stata ispirata da un incubo sognato ripetutamente dallo stesso autore. Uno spunto altamente suggestivo che Anile.D. riesce a musicare e a rendere palpabile con classe innata, esplicato in sei magnifiche tracce che, fra voci sfuggenti e spoken words femminili (ad opera di Michelle Rippy, ottima nel completare i momenti salienti dell'opera), cori gregoriani, fughe simil-sinfoniche, modulazioni industriali, percussioni, motivi di piano e quant'altro possa calzare alla perfezione per rendere al meglio lo stato d'animo desiderato, costituiscono i tasselli di un flusso sonoro di enorme pregio artistico e spessore concettuale che sarebbe impensabile scomporre e/o interrompere. Le indiscutibili capacità tecniche e compositive del Nostro, unite ad una personalità non comune nel filone d'appartenenza, superano di gran lunga gli standard del settore, e valgono a Dahlia's Tear un meritatissimo posto nel gotha delle sonorità dark ambient di maggior spessore ed efficacia descrittiva: una definitiva consacrazione che era solo questione di tempo dopo una prova maiuscola come il precedente "Under Seven Skies", all'epoca penalizzato dalla limitata esposizione mediatica. Nessun dubbio sulla qualità di un'opera così riuscita, che si fregia inoltre di una magnifica confezione digipak a sei pannelli: non è davvero il caso di esitare di fronte a tanta oscura bellezza.
Roberto Alessandro Filippozzi