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Room 104

13-10-2009

DER BLAUE REITER

"Nuclear Sun"

Cover DER BLAUE REITER

(Ars Musica Diffundere)

Time: (56:46)

Rating : 9.5

"...Fagli ricordare una semplice giovane ragazza, Fagli sentirla cantare, Possa lui proteggere la terra natia, A proteggere il loro amore penserà Katjusha...". Una canzone popolare anche in Italia, un coro russo profondo e romantico come il popolo che rappresenta, una tragedia incombente ferma nella memoria di quell'aprile 1986 tragico nella reminiscenza di tutta la Terra, tra i boschi di Chernobyl e le migliaia di vite spezzate. Poi lento e pulsante, come fosse vivo, come se la sua diabolica anima avesse una parvenza umana, entra nel quotidiano vivere sovietico un allarme. È un palpitare tremendo ed indefinibile fautore del collasso di un impero, di una cultura nucleare strisciante in tutto il nostro continente. Infine entra il piano, struggente, doloroso, su cui rinforza un'orchestrazione di archi eterei come nelle migliori performance degli In The Nursery, quindi voci di bimbi che giocano, gridano, corrono... da ultimo cori celesti, angeli come lo sono i bimbi a cui una follia umana ha negato un futuro, ma loro giocano, gridano, corrono. È solo la prima traccia di "Nuclear Sun", "The Children Of Chernobyl", eppure la coppia Lady Nott/Sathorys Elenorth già con questa intro propone un biglietto da visita di consistenza sublime. Il terzo album firmato Der Blaue Reiter, ad un solo anno di distanza dall'uscita di "Silencis", ha la bellezza di un concept perfetto da qualunque profilo lo si inquadri. Accantonate le epicità dei Narsilion, le eleganti forme rinascimentali dei disciolti Ordo Funebris, le sinfonie fantastiche di Lugburz (progetto solista di Sathorys in procinto di uscita) o le atmosfere di Endless Asylum, ecco l'anima compiuta del duo in cui si somma tutto ciò che è la produzione passata, per donarci un album intriso di marzialità, classicismo, atmosfera, dolore. Anche nella traccia successiva, "Fourth Reactor", il sapore In The Nursery è forte nel ricordare "Engel" o "Lingua" per le soluzioni rarefatte e marziali, così come i primi lavori dei Jack Or Jive, neoclassicismi in cui l'unica prerogativa è la commozione. Se con il finale "In Memoriam" vi viene un nodo alla gola, se a stento riuscite a trattenere la commozione salente, lo scopo è raggiunto dal duo catalano. L'album è un poliedro in cui anche alcune vie del neofolk di stampo Ordo Rosarius Equilibrio si evidenziano nello spoken-word sussurrato da Lady Nott e Sathorys (come già in passato, d'altronde), esaltante in "The Fall Of Light", in cui la coppia declama il tremendo testo con distacco e rassegnazione ("...Behind the Fall of Light, my eyes are blind and lost..."). È uno dei due momenti in cui la parola, il canto, entra in scena, seppur pronunciato, e lo fa con la sottomissione di chi inerme non può che subire un fallimento e sprofondare in un'apocalisse senza precedenti, se non in quei due giorni tremendi delle bombe sganciate sul Giappone. Un tema simile poteva essere affrontato con lo spirito di denuncia ideologica punk o su piani totalmente industriali con effetti harsh; i Der Blaue Reiter scelgono la via più intricata: quella di percorrere emotivamente ciò che una simile tragedia evoca, cioè terrore e sgomento contrapposti a speranza e male interiore, marcando con grande senso della partitura il sentore di morte anche celeste, eterea con lo stesso pathos provato in passate produzioni dei fondamentali Dead Can Dance. In questo senso la musica composta per "The Last Days Of Pripiath" è un sublimare tutta la cultura classica senza tempo; non vi stupite se le note di Sathorys si dissolvono nell'"Adagio" di Albinoni, segno tangibile che la composizione musicale nata già nel '700 tra tanti grandi artisti del panorama neogotico trova la sua nicchia ideale... come non esserne fieri? Un album da avere senza condizioni, perché è gravoso poter rendere in modo così forte il ricordo di un inferno sociale non così lontano nella memoria, un buio nucleare che è vera apocalisse, la cui colpa è involontariamente ancora pagata dalle generazioni di un angolo dimenticato d'Europa. Un buio che nel definitivo momento musicale, l'epilogo, trova la sua luce fioca e pietosa: Katjusha è ancora lì a proteggere il suo amore, anche tra disperazione e morte, perché la follia umana ha sempre quel che di angelico che la fa sopravvivere. Dopo quest'opera, però, al duo di Barcellona non potremo più concedere di scendere sotto simili livelli di bellezza anche estetica (e questo vale anche per gli altri progetti dei Nostri): abbiamo realmente bisogno di artisti che pongano la nostra musica sulle vette più alte dell'incanto.

Nicola Tenani

 

http://www.myspace.com/derblauereitermusic

http://www.blackrain.de/