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07-07-2014
RAISON D'ÊTRE
Al centro dell'abisso
di Michele Viali (foto: Henrik Stolt)
È emozionante vedere come un autore osannato e affermato abbia ancora la serenità giusta per aprire le porte del suo regno artistico ai curiosi, spiegando con la meticolosità di un musicista al primo album i dettagli di una carriera vasta, ormai punto fermo per ogni appassionato di musica elettronica. L'entusiasmo dello svedese Peter Andersson è il riflesso della sua ispirazione e di una personalità che lo ha portato in 22 anni di produzioni discografiche a non avere cadute di tono, lavorando costantemente su un'evoluzione senza sosta. La presente intervista serve a fare il punto sul passato ed inaugurare un presente florido, che segna la sorprendente vitalità di una firma decisamente inossidabile.
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Vorrei iniziare l'intervista con una domanda di carattere generale: qual è la tua opinione sulla cosiddetta scena dark ambient?
"Devo ammettere che non seguo la scena in maniera adeguata. È un equivoco il fatto che io segua la musica dark ambient. Non seguo nessuna scena, tutt'al più posso seguire band o artisti di vario genere. Non mi importa molto dei generi ed è davvero poco interessante parlarne. Ascolto ciò che mi piace. Non importa a quale genere o scena appartenga."
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Alcuni ti considerano uno dei padri di questo stile...
"Oh no! E a dire il vero c'era l'essenza della dark ambient già in certa musica (elettronica e elettro-acustica) degli anni '60 e '70, se non prima. Quindi direi proprio di no. Ma la definizione è più giovane della musica, arrivando quando sintetizzatori digitali e campionatori sono diventati disponibili e accessibili. Credo che i creatori della moderna dark ambient siano stati gli SPK col loro "Zamia Lehmanni", sebbene questo non sia un album di sola dark ambient. D'altra parte non credo di fare unicamente musica dark ambient. Faccio musica e basta, senza interessarmi ai generi."
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Come è cambiato il tuo modo di concepire la musica in 22 anni di carriera?
"È ovvio dirti che la mia musica è passata da un primo periodo contrassegnato da ritmiche e melodie ad un altro segnato da composizioni più astratte e droniche. In larga parte ciò è stato reso possibile dalla tecnologia, nel senso che all'inizio non mi era possibile fare il tipo di musica che faccio oggi. Al tempo i campionamenti potevano durare pochi secondi, e non certo ore o giorni secondo la mia volontà (anche se sarebbe stato poco pratico). Per cui era più semplice fare canzoni ritmiche e melodiche. Quando la tecnologia è diventata più avanzata ed economicamente accessibile ho iniziato a comprare equipaggiamenti via via sempre più elaborati, e con questi ho avuto la possibilità di fare campionamenti più lunghi e migliori. Dal secondo album in poi ho potuto incorporare più temi astratti nella mia musica, per cui lentamente, disco dopo disco, le sessioni ritmiche e melodiche sono svanite. Gran parte delle composizioni sono diventate più lente e lunghe. La musica che facevo all'inizio era easy listening, quella di oggi è molto impegnativa sia a livello compositivo che di ascolto. È come guardare un film di Tarkovsky o di Tarr: sono lenti e pensi di poter fare altre cose mentre li guardi, ma devi essere presente per l'intero svolgimento, in concentrazione, respirandone l'atmosfera. Ti portano in un altro mondo, e alla fine ci sarà un premio spirituale per quelli che riusciranno ad essere presenti per l'intera durata. È un modo di esprimere in modalità diverse ciò che è sempre stato alla base della mia musica, ovvero la tensione tra due poli opposti (oscurità/luce, corpo/anima, paradiso/inferno, yin/yang). Il concetto junghiano di individuazione ed auto-realizzazione è sempre lì ed è la ragion d'essere di Raison D'Être. Un ininterrotto processo che dura tutta la vita e che non può essere cambiato (e che in realtà mi ucciderebbe)."
"Ascoltare la musica di Raison D'Être è come guardare un film di Tarkovsky o di Tarr: sono lenti e pensi di poter fare altre cose mentre li guardi, ma devi essere presente per l'intero svolgimento, in concentrazione, respirandone l'atmosfera. Ti portano in un altro mondo, e alla fine ci sarà un premio spirituale per quelli che riusciranno ad essere presenti per l'intera durata..."
(Peter Andersson)
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Quale reputi il migliore tra i tuoi album?
"L'ultimo album da studio è sempre il mio favorito. Rappresenta il massimo livello di sviluppo e di eccellenza. Quando lavoro a un nuovo disco mi impegno nel farlo meglio del precedente, altrimenti ci sarebbe una stagnazione nel processo creativo. Non ho mai fatto un album per cui ho dovuto pensare che era inferiore al precedente. Il più delle volte non è possibile confrontare i lavori, perché sono troppo diversi e ognuno è frutto del proprio tempo. Comunque mi piace dare il massimo per ogni album, altrimenti non li comporrei."
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C'è qualche tuo vecchio album che è stato rielaborato e modificato...
"Si tratta dei miei primi 4 album. Non mi è mai piaciuta la qualità e il missaggio dei primi lavori perché non ero pratico con l'ingegneria sonora, e comunque non avevo l'equipaggiamento idoneo per fare questo tipo di cose. Ultimamente ho ristampato i primi dischi in versioni "redux", ovvero li ho registrati nuovamente da zero. Li ho voluti fare il più possibile fedeli alla versione originaria, ma con una migliore qualità audio. La differenza è veramente sorprendente. È stato un processo difficile soprattutto per ritrovare tutti i suoni originari. Mi ci sono voluti diversi anni per completare "Aprés Nous Le Deluge", "Prospectus I", "Enthralled By The Wind Of Loneliness" e "Within The Depths Of Silence And Phormations". Queste versioni sono anche dotate di materiale extra. Un risultato che mi ha reso molto felice."
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Il tuo nuovo album "Mise En Abyme" è stato pubblicato dalla piccola e interessante etichetta Drone/Transgredient, gestita dal duo Troum. Come ha preso vita questa collaborazione?
"I contatti con Troum sono iniziati intorno al 2005. Abbiamo discusso lentamente riguardo un progetto di collaborazione, ma per anni non è venuto fuori nulla. Ne abbiamo quindi riparlato tre anni fa in Italia (durante un'esibizione nello stesso festival), e due anni fa abbiamo iniziato a lavorarci sopra. Stavamo ancora lavorando su del materiale, ma quando ho completato "Myse En Abyme" Stefan dei Troum mi ha chiesto se volevo pubblicarlo per la Transgredient. La Cold Meat era morta o era ormai prossima a morire e io avevo avuto contatti con altre etichette, ma questa, pur essendo molto piccola, aveva dei solidi canali di distribuzione e sapevo che avrei riscosso una buona attenzione. Era una novità e l'accordo era ottimo, per cui ho pensato che poteva essere una grande idea. Per il mio album avevo bisogno di qualcosa di nuovo dopo la morte della Cold Meat, e non avevo voglia di accasarmi presso le stesse etichette con cui avevano preso accordi gli altri progetti che provenivano dalla label di Karmanik. Inoltre volevo evitare etichette con cui avevo già lavorato prima."
"Il concetto junghiano di individuazione ed auto-realizzazione è la ragion d'essere di Raison D'Être. Un ininterrotto processo che dura tutta la vita e che non può essere cambiato..."
(Peter Andersson)
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Il titolo "Mise En Abyme" indica un'immagine dentro un'immagine, un effetto visivo a scatole cinesi difficilmente traducibile in suoni. Come hai interpretato tale definizione nel tuo album?
"Il titolo "Mise En Abyme" significa letteralmente "collocato nell'abisso", e credo fosse in origine riferito ad una specifica forma dell'araldica in cui un'immagine più piccola dello scudo veniva posta al centro di una più grande. Faccio riferimento esclusivamente al significato originario che io (o meglio, il mio Io interno e subconscio) intendo come viaggio all'interno dell'abisso. Per cui l'album inizia con una discesa. Il concept ha la stessa macrostruttura della Divina Commedia di Dante: è essenzialmente una catabasi. C'è una discesa agli Inferi ("Abyssos"), l'ascesa è una sorta di Purgatorio ("Katharos") e quindi, invece di raggiungere il Paradiso, si ha uno stato chiamato "Agraphos", letteralmente "non scritto" (dalla definizione di Aristotele "pinakis agraphos", in latino "tabula rasa"). "Agraphos" fa riferimento ad uno stato di rinnovamento dopo la purificazione ("Katharos"), e non ad una totale tabula rasa. Più che altro è uno stato di piacevole silenzio. Ho fatto uso del "Mise En Abyme" anche per costruire le strutture musicali: ho in pratica collocato un suono più piccolo all'interno di un altro. È facile attuare questa tecnica elevando un suono di una o più ottave, costruendo così uno o più strati. Ho usato questa tecnica anche in passato, ma l'ho messa in pratica più spesso per quest'album rispetto ai precedenti."
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Credi che "Myse En Abime" rappresenti una summa della tua musica?
"Beh, forse. Anche se non era mia intenzione concepirlo come tale. Non mi piace vederlo come una summa di ciò che ho fatto. Non guardo al passato. Per ogni album vige la regola del "qui e adesso" e nulla più. Ma sicuramente porto sempre con me un retaggio del passato (del quale sono orgoglioso). Intendo dire che non inizio mai un lavoro con una 'tabula rasa'."
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Torniamo a parlare delle ristampe dei tuoi vecchi album. Buona parte di questi sono stati editi dalla 'nostra' Old Europa Cafe...
"A parte le versioni "redux" di cui abbiamo parlato prima, ci sono altre ristampe rimasterizzate di miei vecchi album. Alcune di esse sono edizioni estese, in quanto contengono molto materiale extra e inedito. In pratica tutta la mia discografia è stata ristampata ad eccezione di "Metamorphyses", la cui nuova versione uscirà a settembre. Sto lavorando anche ad un redux album contenente il primissimo materiale di Raison D'Être a partire dal 1991. Conterrà la compilation "Reflections From The Time Of Opening" con l'aggiunta di materiale inedito, e avrà un nuovo titolo che non è stato ancora deciso."
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Qualche film in particolare ha ispirato la tua musica?
"Sicuramente "Stalker" di Tarkovsky, "Eraserhead" di Lynch, "La Montagna Sacra" di Jodorowsky e "The Turin Horse" di Tarr sono alcuni film da cui ho tratto grande ispirazione. Ce ne sono molti altri che mi hanno ispirato in modo fondamentale, ma questi hanno avuto un ruolo eccezionale."
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La tua opinione riguardo la caduta della Cold Meat Industry? Qualche bel ricordo dei tempi d'oro della label di Karmanik?
"Le cose vanno e vengono. È dura assistere alla fine, ma questa è la vita. Il fatto in questione non mi ha mai addolorato troppo, perché la disgregazione della label è avvenuta nell'arco di parecchi anni. Sapevamo che la Cold Meat non sarebbe tornata ad essere quella di tanti anni fa, anche se ci sono stati tenui barlumi di speranza. Senza dubbio è stata una delle più importanti per questo genere di musica. I migliori ricordi risalgono alla fine degli anni '90, quando viaggiavamo insieme (io e tante altre band dell'etichetta) in mini-bus per suonare in vari festival europei. Erano bei tempi fatti di un'atmosfera surreale, divertimento e alcool."
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Tra i tanti act paralleli che hai messo in piedi, quali consideri attualmente i più validi?
"Difficile scegliere, ma credo che Bocksholm sia il più interessante. L'input è divertente, coi due Peter Andersson (l'altro l'omonimo, meglio noto nelle vesti di Deutsch Nepal, nda) cresciuti insieme nello stesso paese ed entrambi attivi nella scena industrial, con album realizzati dalla stessa label (la Cold Meat). A livello sonoro Bocksholm è veramente strano, non assomiglia né a Raison D'Être né a Deutsch Nepal, e neanche a un mix dei due nomi. È un'entità a sé stante proveniente da un altro pianeta. È un suono bastardo e malato, affogato in una vasca di alcool."
"Le cose vanno e vengono. È dura assistere alla fine, ma questa è la vita. La fine della Cold Meat non mi ha mai addolorato troppo, perché la sua disgregazione è avvenuta nell'arco di parecchi anni. Sapevamo che non sarebbe tornata ad essere quella di tanti anni fa, anche se ci sono stati tenui barlumi di speranza. Senza dubbio è stata una delle più importanti per questo genere di musica..."
(Peter Andersson)
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Che tipo di musica preferisci ascoltare nel tempo libero?
"In passato ascoltavo più musica rispetto ad ora. Avevo più tempo e la musica era più interessante. Molto raramente trovo album che mi sorprendono. Le ultime cose che ho comprato sono il Greatest Hits di The Space Lady, "I Never Learn" di Lykke Li, il box "Morthology" di Morthound e l'LP-box "Premonitions 1980-1985" di Robert Rich. Ascolto tutto ciò che trovo interessante."
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Quale è stata la musica che ha più influenzato i suoni di Raison D'Être?
"Non c'è un nome più importante di un altro. Non sarebbe giusto indicarne uno in particolare. Le influenze possono essere come i processi, qualcosa che attraversa il tempo ma di cui non ci accorgiamo, e il più delle volte non riusciamo a capirne la fonte di provenienza. Sono cresciuto ascoltando Kraftwerk, Tangerine Dream, Klaus Schulze, ecc. quando ero molto giovane. Poi sono passato a SPK, The Klinik, Skinny Puppy, Dead Can Dance, Delerium, Lustmord, Robert Rich, Brian Eno, Nocturnal Emissions, Organum, Throbbing Gristle, Coil e molti altri. Tutti hanno contribuito alla mia ispirazione in un modo o nell'altro."
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È tempo di saluti. Grazie per le esaurienti risposte, te lo spazio finale...
"Grazie a voi per l'intervista. Spero che le risposte siano di vostro gradimento."
http://raison-detre.info/main.html
http://www.dronerecords.de/