07-07-2008
MAGICFOLK
"Magicfolk"
(Autoproduzione)
Time: (50:14)
Rating : 8
Dalle terre d'Albione, luoghi dove la musica folk ha radici profonde, ci giunge una band il cui monicker la dice lunga su quali siano le mire artistiche dei propri componenti, nonché una bella sorpresa in senso generale... Guidato da Ben e Michelle Glover, l'eight-piece inglese sceglie la via dell'autoproduzione per il proprio debutto ufficiale, curando bene tanto la veste grafica quanto la produzione del dischetto in esame, dopo dei primi passi mossi come trio in forma esclusivamente acustica nel 2003. La band stessa definisce la propria musica come 'psychfolk pagano', e cita fra le proprie influenze dirette nomi quali Jethro Tull, David Bowie, Clannad, Dead Can Dance, Enya, Fairport Convention, Genesis, Jefferson Airplane, Kate Bush, Pink Floyd, Led Zeppelin, Neil Young, PJ Harvey, Renaissance, Rush, Radiohead, Steeleye Span e Simon & Garfunkel, una lunga lista sostanzialmente sottoscrivibile (magari accludendo i Capercaillie), nonché contemplativa di tutte quelle che possono essere le effettive fonti d'ispirazione di musicisti così versatili e già attivi anche in ambiti diversi dal folk più tradizionale. Più semplicemente e senza scomodare troppi facili paragoni, quello dei Magicfolk è un suono che se da un lato affonda le proprie radici nella tradizione folk anglosassone, dall'altro è anche capace di incorporare al meglio influenze rock e jazz, passando per ritmi sudamericani fino a certo prog di qualche decade fa: tutte correnti musicali che la band riesce a filtrare in un tessuto sonoro di stampo squisitamente folk con assoluto gusto, senza che nulla faccia a pugni col resto nelle dodici canzoni che compongono questo bel debutto. Nonostante si tratti del disco d'esordio, appare evidente come questi musicisti abbiano dalla loro esperienza e preparazione tecnica in abbondanza: guidato dalla bella voce della versatile Michelle e dalle pregiate e cristalline chitarre acustiche, che ricamano trame raffinate e ricche di sfumature, il suono della band si presenta ricco, arioso e capace di grande trasporto emotivo, come dimostrano l'opener "Green Man", la rilassata e passionale "Sheba", la delicata e carezzevole "Persephone", l'ispirato gioiellino folk "Little Spirit" e l'intensa "Aibo". Nel soave tessuto sonoro della band si innestano con assoluta naturalezza non solo flauto e percussioni, ma anche un drumming devoto tanto al jazz quanto ai ritmi sudamericani e delle chitarre elettriche capaci di solos d'estrazione squisitamente rock: un equilibrio perfetto fra irruenza elettrica ed intimità acustica che permea l'intero ascolto dell'album. Impossibile non menzionare anche "Heliopolis", capace di un break centrale di stampo squisitamente prog, la delicatissima "Angel", la più movimentata "Furies" (dotata di arrangiamenti vorticosi e di un guitar-solo funambolico), l'ariosa "Egypt", la jazz-oriented "Diving Bell" e la conclusiva "Sea Priestess", le cui strutture vanno ben oltre i canoni del classico folk. Miscelando al meglio influenze concrete in un contesto di per sé già mirabilmente affinato, specialmente in virtù di arrangiamenti creativi ed azzeccati, i Magicfolk sono riusciti nell'impresa di produrre qualcosa di fresco e vitale in un ambito dove la ripetizione di certi logori schemi continua ad essere vista spesso e volentieri come la 'via maestra': un traguardo importante per una band che ha i numeri per conquistare ascoltatori su vari fronti, incluso il nostro, che di certo non potrà rimanere insensibile nei confronti di una proposta così valida e convincente a tutti i livelli.
Roberto Alessandro Filippozzi
http://www.myspace.com/magicfolk