05-02-2008
VIOLET TEARS
"Breeze Of Solitude"
(Ark/Masterpiece)
Time: (45:16)
Rating : 7.5
La Ark (label della quale è doveroso lodare la costanza e l'impegno profusi nel supporto, nella promozione e nella valorizzazione degli artisti più validi di casa nostra) inaugura questa nuova annata musicale con il secondo capitolo discografico dei Violet Tears, pubblicato a poco più di un anno di distanza dal primo full length "Cold Memories And Remains" (The Fossil Dungeon, 2006), accolto positivamente da critica e pubblico. Il filo conduttore tra il passato ed il presente del combo pugliese è indubbiamente la forte malinconia nei confronti del passato, un sentimento che può essere letto sia in chiave letteraria (con ovvi riferimenti alla poetica e all'estetica del romanticismo ottocentesco) che in chiave prettamente musicale, poiché sono altrettanto lampanti i rimandi stilistici alla più eterea ed elegante darkwave, proprio quella che, dopo tanti anni, riscuote ancora enormi consensi tra gli appassionati di musica oscura. Infatti, del tutto consapevoli di non essere degli avanguardisti o degli inventori di nuove espressioni artistiche, i quattro musicisti baresi hanno preferito focalizzare la propria attenzione su di un songwriting che, nonostante un'omogeneità di fondo ed alcune similitudini ancora troppo evidenti (si nota chiaramente l'influenza dei Cure sulla sezione musicale), sa essere intenso e mai scontato, dando alla luce un disco, "Breeze Of Solitude", che chiede all'ascoltatore d'essere assaporato nella più profonda solitudine, accompagnato magari dalla visione d'uno struggente crepuscolo, dal fruscio del vento che scuote i fragili rami degli alberi morti o dal picchiettare incessante della pioggia sul terreno. Per nulla élitari e depositari di melodie eleganti ma pur sempre accessibili, i Nostri si distinguono dalle mere fotocopie delle vecchie glorie del passato per l'eccezionale interpretazione di Carmen De Rosas, cantante dotata di un'ugola voluminosa, ancestrale e totalizzante, alla quale fanno da contraltare il sofferto pianoforte e le delicate tastiere di Claudio Cinnella, sempre supportate dalle cadenzate ritmiche di Gianluca Altamura e dagli eterei ricami della chitarra di Claudio Contessa, facendosi anche notare per la pregevole confezione in formato digipack, con la quale saranno rilasciate le prime 1000 stampe del disco, impreziosita da un artwork di sicuro impatto. Basteranno così la magia raffinata di "Rising Tide", l'elegiaca ascesi di "Homecoming", la magia rituale di "The Long Years" o l'umbratile e rarefatta poetica di "Dimenticàti" (cantata con immenso trasporto da Claudio Contessa) a condurre anche voi nel mondo incantato di questa sorprendente band italiana. Di questi tempi, un disco raffinato e senza il minimo calo emotivo come questo è merce rara: non esitate e, se siete amanti delle sonorità più romantiche, fatelo vostro.
Marco Belafatti