12-09-2021
BEAT NOIR DELUXE
"Werk Zwei"
(Echozone)
Time: CD (68:41)
Rating : 5
A poco più di un anno dal debut album "Crash", il progetto del sudtirolese Sascha Giacomuzzi torna col follow-up, anche stavolta patrocinato dalla tedesca Echozone in confezione digifile a sei pannelli. Qualche spunto apprezzabile suggeriva come BND potesse fare di meglio col tempo e l'esperienza, ma forse la voglia di rimettersi presto in gioco è stata cattiva consigliera, perché "Werk Zwei" non rappresenta affatto quel salto di qualità che ci aspettavamo. Auspicavamo più spazio per la voce femminile, ed invece è ancora Sascha, coi suoi evidenti limiti, a dominare dietro al microfono, con Lisa Anesi vera protagonista solamente in "What She Could Not Tell", che non a caso risulta il pezzo meglio riuscito di un album che pare voler accantonare le influenze goth e darkwave dell'esordio. L'assunto strumentale si riduce ora a strutture electro decisamente scarne sia a livello di ritmo che di melodia, che paradossalmente mettono in estremo risalto delle vocals mai realmente all'altezza della situazione, complici la stucchevolezza delle soluzioni impiegate per tentare di veicolare il pathos ed una produzione inoffensiva. A ciò si unisce una spesso eccessiva leggerezza di fondo, esemplificata in particolar modo da "21 Lies", canzoncina anti-Trump (giunta clamorosamente fuori tempo massimo) decisamente superflua, al punto di sembrare una sorta di "dazio" da pagare ad una certa retorica manichea che sta prendendo piede anche nelle nicchie alternative. Sascha stenta anche coi cantati in italiano nella piano-based "Un Sentimento", mentre ad allungare la durata complessiva - che sfiora così i 70 minuti - ci pensano dapprima tre cover (discreta quella per "The Chaffeur" dei Duran Duran, mentre le vocals uccidono letteralmente "Wicked Game" di Chris Isaak e danno una bella massacrata anche a "Run To The Hills" degli Iron Maiden), e infine quattro remix (firmati Rotersand, Rroyce, Pacoussa e Monotronic) che, impietosamente, mostrano come sarebbe bastato dare più spessore strumentale e stratificazione per far suonare meglio i nuovi brani (senza per forza dover sconfinare nell'elettronica da dancefloor), cosa che le ospitate alla chitarra, al basso ed ai cori non hanno certo contribuito ad ottenere. Non ce ne voglia Sascha, cui riconosciamo dedizione e voglia di fare, ma ci aspettavamo un chiaro segnale di crescita, mentre ci pare invece che la strada imboccata sia lungi dall'essere quella giusta.
Roberto Alessandro Filippozzi
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