29-10-2007
RICCARDO PRENCIPE'S CORDE OBLIQUE
"Volontà D'Arte"
(Prikosnovénie/Audioglobe)
Time: (61:05)
Rating : 9
A volte capita che, a causa di uno scherzo della natura o di chissà quale sconosciuto mistero, un artista e la propria arte stiano, o sembrino stare, formalmente agli antipodi. Riccardo Prencipe non rientra sicuramente in questa categoria: basta guardarlo per capirlo. Un ragazzo semplice, dal look sobrio e minimale ma pur sempre elegante, raffinato e spontaneo: proprio come la musica della quale i suoi album sono ricolmi. Un viso placido rischiarato dalla passione per l'Arte, la stessa forza che gli scorre nelle vene e che, attraverso Corde Oblique, egli fa confluire in musica. Forse non dovremmo nemmeno limitarci nelle definizioni, circoscrivendo con le parole il progetto imbastito dal musicista napoletano, un tempo noto ed apprezzato per aver dato vita all'ensemble etnico-medioevale Lupercalia, nella mera materia sonora: Corde Oblique è un microcosmo fatto di visioni, colori, materie, forme, persone ed emozioni. "Volontà D'Arte", nuovo capitolo di questa polifonica carriera, da poco pubblicato dalla label francese Prikosnovénie, è testimone di una proprietà d'espressione caleidoscopica e trascendentale. Il concetto su cui si basa l'intero album, sintetizzato nel vocabolo tedesco 'Kunstwollen', rimanda all'idea dello storico d'Arte Alois Regel, secondo il quale ogni epoca ed ogni luogo avrebbero una loro volontà d'arte ben precisa. Possiamo a questo punto provare ad immaginare quale sia la volontà del nostro Prencipe: potrebbe essere quella di narrarci le meraviglie di luoghi visitati durante la propria vita (molti brani sono infatti dedicati a borghi medioevali e città particolarmente care all'artista), tramandare ai posteri la cultura musicale mediterranea, o divenire la voce di richiami ancestrali ed emozioni che non trovano più posto nella società moderna, come quelle deificate nella bellissima front cover. Entra così in gioco anche l'aspetto visuale di Corde Oblique, act curatissimo e dettagliato nella veste grafico-scenografica e da sempre noto per la sua collaborazione con validi fotografi. Per realizzare "Volontà D'Arte" Riccardo ha voluto con sé nuove e vecchie conoscenze, amici ed illustri colleghi che, con il proprio contributo, hanno saputo regalare nuovi colori alla sua musica. Da questo punto di vista si rivela fondamentale l'ingresso in pianta semistabile delle percussioni (ad opera di Francesco Paolo Manna), e della fusione di queste con la batteria di Alessio Sica degli Argine. Come da tradizione, ritroviamo già nella prima traccia la voce poliedrica e 'viscerale' (come lei stessa ama definirla) della cantante-attrice Caterina Pontrandolfo, già apprezzata nel precedente lavoro (l'album "Respiri", edito da Ark Records nel 2005). L'opener "Cantastorie" ci prende dunque per mano, incamminandosi sommessa tra gli arpeggi della chitarra e cullata dalla nostalgica cantilena della cantante, prima che l'incontro con l'inconfondibile calore del violino di Edo Notarloberti (Ashram, Argine) e le percussioni la immergano in un mare di incantevoli melodie, di ritmi trascinanti e carnali. Abbiamo giusto il tempo per riprenderci da un simile incanto prima di divenire testimoni delle arcane suggestioni di memoria deadcandanciana che sgorgano prepotenti in "Amphiteatrum Puteolanum", dedicata all'anfiteatro di Pozzuoli e guidata dal suadente liuto di Prencipe, un brano che pesca a piene mani nella tradizione partenopea. Il terzo brano, "Casa Hirta", è dedicato alla città di Casertavecchia e commuove nella sua autunnale fragilità, sentimento che riesce a schiudersi soprattutto grazie alla bellissima voce di Floriana Cangiano ed alle note delle chitarra, dolci come gocce di rugiada, che nella seconda metà del brano si congiungono in uno spasimo romantico al violino di Edo Notarloberti. Menzione particolare va al testo, in grado di toccare vette di poetico lirismo. "Before Utrecht" è il frutto della collaborazione con il rinomato pianista degli Ashram, Luigi Rubino, il quale ha contribuito anche alla composizione di questo pittoresco e mutevole ritratto della città olandese. "Atheistic Woman" porta invece il marchio di Simone Salvatori, aka Spiritual Front, nelle docili e fruibili linee vocali. Il virtuosismo del violino infonde al brano un estatico torpore lasciando poi spazio a "Kaiowas", un inaspettato ma riuscito esperimento: plasmare il metal dei Sepultura nell'intimità della strumentazione classica non sembrerebbe infatti cosa facile, ma Riccardo vi riesce alla perfezione. "My Harbour", un brano particolarmente sentito, dedicato alla città natale dell'artista (Pozzuoli), gode del tocco mellifluo e androgino della voce di Sergio Panarella (Ashram), struggente e sintonizzata al meglio con le velleità intimistiche delle Corde. "Kunstwollen" è l'ultima testimonianza della collaborazione con Caterina Pontrandolfo, che propone con la consueta classe un episodio (stavolta dedicato al capoluogo campano) dall'inflessione serena ed appagante. "Panneggio", breve strumentale intrisa di umori uggiosi, lascia presto spazio a "Cuma", canzone per la quale fa gradito ritorno Claudia Florio (soprano nei Lupercalia), cantante duttile ed imponente che ci rapisce, corroborante e catartica, cesellando l'ennesimo capolavoro di questo album. La successiva "La Pioggia Sui Tasti" ha probabilmente un titolo che parla da solo, mentre la più oscura "Olhos Cinzentos" può vantare della superba interpretazione di una delle voci più particolari dell'attuale scena neo-folk: quella della cantante dei portoghesi Dwelling, Catarina Raposo (anch'essa già ascoltata nel precedente "Respiri"), testimone della magia racchiusa nel mare al crepuscolo. Con "Piazza Armerina", suggestivo e consolante ritratto della sincerità di questo intero progetto, Riccardo si accomiata dall'ascoltatore. Noi, da semplici fruitori di musica quali siamo, non volgiamo certo profetizzare ciò che si nasconde dietro l'enigmatico titolo del disco; preferiamo che la musica giunga direttamente a voi attraverso questa mediazione giornalistica, rallegrandoci nel constatare come questo artista raggiunga la perfezione quasi assoluta in tutto quello in cui si cimenta. Basterebbe vederlo suonare per capire quanto egli stesso incarni le proprie composizioni, ma crediamo allo stesso modo fermamente che le tredici perle di questo disco ve ne potranno fornire una prova altrettanto soddisfacente. Un disco da avere.
Marco Belafatti