22-06-2017
PHURPA
"Chöd"
(Zoharum)
Time: CD 1 (46:09); CD 2 (44:14)
Rating : 7
Uscito un anno fa e registrato dal vivo in quel di Mosca al DOM Cultural Centre nell'aprile 2016, "Chöd" è l'ennesima realizzazione del collettivo russo Phurpa, che in dieci anni di attività discografica, fra differenti stampe, split e quant'altro, ha superato quota venti uscite (ben sette solo in questa prima metà del 2017). Molte di esse sono state curate dalla polacca Zoharum, etichetta che ha sempre creduto nel potenziale di questo particolare progetto, e che nel caso del disco in esame ha approntato un'elegante confezione ecopack a sei pannelli per un'edizione limitata a 400 pezzi. Chi conosce l'operato del collettivo guidato da Alexei Tegin dovrebbe già avere ben compreso come il suono di Phurpa sia quanto di più lontano dal concetto di 'intrattenimento sonoro', e "Chöd", che dal tibetano si può tradurre come "essere tagliato fuori", non fa certo eccezione. Attraverso la tecnica vocale nota come 'rgyud-skad' - o 'overtone singing' - e l'utilizzo di strumenti tradizionali spesso ricavati da ossa umane, Alexei e i suoi sodali creano un suono meditativo atto a raggiungere stati di coscienza superiori attraverso una trance mistico/rituale, sempre con il cuore rivolto alle più antiche tradizioni spirituali delle zone più remote dell'Asia. "Chöd è la pratica di sacrificare il corpo" recitano le note ufficiali, e questa registrazione dal vivo, equamente divisa fra due dischetti, rende bene l'idea di cosa voglia dire assistere ad una performance di questi sciamani/musicisti, sebbene l'esperienza dipenda inevitabilmente dal livello di coinvolgimento verso cui il singolo riuscirà a spingersi. Il particolare stile vocale è l'assoluto protagonista, nonché indiretto 'generatore' del taglio dronico che il flusso sonoro assume, tra afflati ronzanti, tintinnii e clangori metallici, con la resa audio assolutamente adeguata alle sensazioni da trasmettere. Più teso il primo CD, laddove il secondo spinge su sensazioni ancor più oscure con un respiro antico che si palesa sullo sfondo. Abbandonando completamente il concetto di 'piacere d'ascolto', e viceversa abbracciando l'idea del suono atto alle più profonde meditazioni, sarà facile lasciarsi affascinare dalla (spi)ritualità del collettivo russo. La consapevolezza al di sopra di tutto il resto, per un ascolto destinato a coadiuvare la ricerca interiore del singolo.
Roberto Alessandro Filippozzi