07-07-2014
MUSHROOM'S PATIENCE
"Jellyfish"
(Klanggalerie)
Time: (65:44)
Rating : 8
Dopo anni di attività sempre contrassegnata da uno spirito artistico 'borderline', Raffalele Cerroni celebra la sua creatura con un disco corale che si spinge oltre i limiti delle facili classificazioni. Coadiuvato, tra gli altri, da Vinz Aquarian (Ballo Delle Castagne) e Claudedi (ex Ain Soph), l'alchimista romano coinvolge una schiera di autori di primo livello che si alternano nei 13 brani dell'album regalandoci una collezione di audio-oggetti da modernariato sonoro, differenti tra loro ma con in comune la firma di un autore ormai totemico. Tante le sfumature stilistiche: dalle ritmiche trip-hop, che diventano un aggiornamento in chiave post-industriale di quanto fatto da gente come Massive Attack, ai giri acustici, che tendono a descrivere ambienti fumosi e umbratili, pregni di una vena decadente memore di interpreti come Nick Cave, Lou Reed o Tom Waits. La percussività, che torna a più riprese, prende le forme di un chillout straniante, diviso tra l'impellenza di descrivere traiettorie sonore fuori dalla norma e la ricerca di toni smorzati e melodici. Tra i tanti passaggi, impossibile dimenticare le armonie di Bowieana memoria di "Patricia" con Chris Connelly (ex Ministry e Revolting Cocks) alla voce, l'andamento stile Bad Seeds che segna "Chairman WOW" con ospiti i titanici Peter Hope e Natascha Schampus, l' hit-single "Subconsciousness Thrill" rinforzata dalla presenza di Geneviéve Pasquier e Dan Courtman, il tributo italo-disco cantanto da Euski (Roma Amor) in "Cynical", le soffici orchestrazioni di "Donkey From Mars" firmate da Leo Maury e la spigolosità glitch-industriale di "Tearing The Place Down", supportata dalle parole filtrate dell'ex Cabaret Voltaire Stephen Mallinder. Non meno interessanti le altre tracce, sempre all'insegna di ritmiche spezzate ed elettroniche ("Vortex (PSD Rmx)" con il "konstruktivist" Glenn Wallis e "Things In The Forest" con il cacofonico Wolfgang Weiss dei Cadaverous Conditions) e di ballad sapide in odore di anni '60 ("Moon Behind The Moon" con Frenk Lebel al canto), cesellate di preziosità acustiche ("San Diego" con Mathias Kom dei Burning Hell). A chiudere l'opera nel migliore dei modi concorre la title-track, cantata da Cerroni e intrisa di una melodia fatta di sorniona disperazione, il ruvido incedere mccanizzato e post-industriale di "History Causes" e la paradigmatica "Solar Rain", splendente eco anni '70 ricco di fulgida psichedelia. "Jellyfish" è un lavoro globale ed ampio in cui confluiscono una miriade di input, che agiscono, insieme ai tanti ospiti, da multiforme corredo corale. D'altro canto il disco si pone come una sorta di rovescio della medaglia rispetto al precedente ed altrettanto godibile "Road To Nowhere", disco più personale, percorso da una decadente oscurità. Forse il momento migliore nell'ormai ampia discografia di Mushroom's Patience.
Michele Viali
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