23-08-2013
EN NIHIL
"The Approaching Dark"
(Eibon Records)
Time: (52:09)
Rating : 6.5
Progetto ormai storico quello dell'americano Adam Fritz, attivo con En Nihil da circa vent'anni: un arco di tempo lungo e costellato da tante produzioni tra split, collaborazioni, uscite estemporanee in formati singolari e diversi full-length. Pubblicato ad inizio anno, "The Approaching Dark" segna il ritorno al lavoro di lunga durata incentrato sul tema dell'oscurità, tradotta sapientemente con registri stilistici diversi collegati da un'inquietudine costante e da una evidente e innata passione per le derive industriali. L'album rimanda sia alle vecchie produzioni della Cold Meat Industry, tra death industrial e dark ambient spesso sporcati da una rozza power-electro, che a strutture abrasive insistenti, capaci di accantonare le atmosfere evocative in favore di martellanti loop che ricordano la ferocia dei primi Genocide Organ. La partiture più orrorifiche vengono imbastite con i classici rumori ad effetto, utili a disegnare angoli spettrali di rado rafforzati da movenze para-orchestrali che vedono il proprio trionfo con la conclusiva "Darkfall", sorta di celebrazione sacra dell'oscurità. Se da un lato agiscono toni immaginifici macchiati di malinconia, dall'altra si fanno sentire il caos e l'aggressività analogica, sempre pronti ad esplodere strizzando l'occhio alla old-school industrial, tra sibili, distorsioni metalliche e gelida meccanicità. La seconda parte del CD trova infatti nell'ossessione sonora il suo punto cardine: i suoni si sgretolano in mille frammenti, masse audio rutilanti fanno dimenticare gli antri cupi consegnandoci echi da fonderia e schegge che si dimenano in un gorgo impazzito, battuto costantemente da una ritmica circolarità. Adam Fritz conosce bene ciò che tratta e il mestiere lo aiuta a passare con disinvoltura da una sfumatura all'altra sfornando brani magari prevedibili, ma sempre costruiti con perizia ed efficacia. L'interesse aumenta quando i toni si saturano, come nella asfissiante title-track, o quando si tentano vie sperimentali, come in "Futile Man", dove la melodia viene filtrata attraverso le maglie infuocate del rumore. Tutto si svolge come da copione generando alla fine un fascino quasi retrò, attraente per chi da sempre segue queste sonorità.
Michele Viali