17-03-2013
ORGANISATION TOTH
"The Living Forces Of Evil"
(Rage In Eden)
Time: (41:55)
Rating : 4
Chi ha seguito il post-industrial nelle sue varie ramificazioni conoscerà di sicuro Organisation Toth, one-man-band d'oltralpe scoperta dai connazionali della Athanor sul finire degli anni '90. Pochi gli album all'attivo: questo è il terzo, con un debutto nel 2003 targato Old Europa Cafe e vari singoli ed EP editi su vinile o CDr. I presupposti per un buon lavoro ci sono tutti, se non fosse che già all'epoca il buon .Ö.livier.T. non brillasse per inventiva, ma si sa che quello era un periodo in cui tutti potevano nutrirsi al grande desco dell'underground marziale, e si faceva meno caso alle pecche di qualche nome minore. I tempi sono cambiati e Organisation Toth rimane fedele al suo stile, ancor più arido di melodie che in passato e ancor più soggetto a mostrare l'osso. La ripetitività è sempre stata il tema peculiare del progetto, e rimane centrale anche in "The Living Forces Of Evil", dove si assiste ad otto brani composti da uno o al massimo due temi ripetuti in loop. Si procede con strutture binarie assemblate da una percussione riverberata ed un rumore, o da due rumori, o da un noise accoppiato ad una voce rallentata e via dicendo. Il minimalismo compositivo non è di per sé da biasimare, se non fosse per un audio pessimo che vede riproposti i rumori e le ritmiche senza alcuna cura, editing o rielaborazione (dubito sia stato fatto un lavoro di mastering): ne risulta un suono ovattato, povero a livello sia acustico che emozionale. Gli schemi seguiti sono quelli che portano alle ambientazioni oscure e marziali, ma prive di qualsivoglia personalità. Rispetto ai due album precedenti si ha un impoverimento dei mezzi, da cui scaturiscono pezzi meno caotici ma anche meno potenti, spesso ridotti alla semplice registrazione di un rumore; parimenti diminuiscono la vis bellica e quella melodica, lasciando spazio ad una desertificazione totale. Peccato, perché questo act francese risvegliava i ricordi di un periodo maiuscolo, ma fare un disco così porta discapito non solo all'autore, bensì a tutto un genere che gli sta dietro e che meriterebbe più rispetto, anche quando viene soltanto 'copiato'. Grande delusione!
Michele Viali