25-10-2012
METHOD AD/HD
"Intercepted Worlds From Nowhere"
(Autoproduzione)
Time: (58:39)
Rating : 6
La band riminese Method Ad/Hd, capitanata da due personaggi misteriosi, uno dei quali già alla guida del progetto M.E.M., continua la sua avventura artistica esplorando con i mezzi della musica post-industriale gli antri più oscuri della psiche umana. Come nel caso del precedente "Cure Risk", anche "Intercepted Worlds From Nowhere" è autoprodotto in maniera eccellente, sia sul piano della resa audio che della confezione in digisleeve apribile a 6 pannelli. Le dieci tracce vengono costruite soprattutto per mezzo di synth ed effetti, con la minima aggiunta di una chitarra e di qualche incursione vocale. I tratti principali dell'opera sono un forte uso di sonorità analogiche e l'insistenza sulla ripetitività circolare, basata su una sorta di mantra meccanici dalle connotazioni ossessive, peculiarità che emerge soprattutto nei brani d'avvio (in "Voyager" sembra di ascoltare in loop l'aumento di giri di un motore!). Successivamente ci si attesta su atmosfere più vicine alla dark ambient, grazie all'introduzioni delle voci (disperate, lancinanti, urlate, filtrate) e di basi sintetiche oscure, forse più legate alla tradizione delle colonne sonore di vecchi horror che alla classica scuola post-industrial mitteleuropea. Circa a metà disco viene posto il pezzo "Reminiscence", scritto con Morgan The Bard (si veda al proposito la nostra recensione dell'album di M.E.M., "Chronicles") e rivisitato in sua memoria: si tratta di brano uggioso, tinto di un nero opaco, inizialmente rumoroso, poi gradatamente velato da un torbido tema melodico, senza dubbio uno dei momenti migliori del CD. La seguente "A Drunk Violinist In The Storm" apre le porte a connotazioni prossime al noise tout-court, amplificato poi nella piccola suite finale incentrata sul tema del "Disturbing". In tale fase emergono muri di rumore bianco appena variati da minime incursioni di suoni sconnessi, violini distorti, allarmi e abrasività metalliche; solo nella conclusiva "Escape From The Disturbing" i rumori tendono ad assumere forme quasi ritmiche, amplificando la circolarità presente in tutto l'album. Rispetto a "Cure Risk" il tema affrontato appare meno chiaro, così come lo stile adottato, a tratti vicino al noise, in altri momenti alla musica d'atmosfera più cupa (senza farsi mancare ulteriori variazioni); si fa quindi fatica a seguire una linea conduttrice, sebbene alcune soluzioni risultino efficaci e l'ultima parte dell'opera tenda a prendere delle fattezze più uniformi. Nel complesso un lavoro onesto, tecnicamente buono, ma che non osa andare oltre i limiti del già sentito.
Michele Viali
http://www.myspace.com/methodadhd