30-09-2012
M.E.M.
"Chronicles"
(Autoproduzione)
Time: (67:21)
Rating : 7
Sempre avvolto nel mistero, il progetto M.E.M. ci consegna un altro interessante lavoro, spostando ancora una volta le coordinate tematiche. Se non ci sbagliamo, questa one-man-band proveniente da San Marino dovrebbe essere giunta al suo sesto album autoprodotto, spostandosi con abilità tra sfumature sonore diverse e fonti d'ispirazione molteplici: se il penultimo lavoro "From The Inside" ci portava infatti tra le maglie della mente umana con uno stile che incrociava l'industrial old-school e i rumorismi più moderni, il nuovo "Chronicles" recupera la rudezza death-industriale, andando a dipingere scenari tetri e post-atomici in cui spadroneggia una morte sia reale che interiore. Tutto viene strutturato per mezzo di sonorità analogiche, basi fredde ed estremamente cupe, voci lamentose e latrati infernali. Le prime tracce, in cui spadroneggiano folate gelide, boati metallici e rutilanti ammassi ferrosi, descrivono l'avanzamento della morte: tale tema viene esplicato al meglio nel brano "Sarcophaga Carnaria (Our Lady Of Dissolution)", che illustra le caratteristiche del ben noto insetto abitatore del materiale in putrefazione, metafora di un disco votato a rimestare nel putrido e a scavare in ciò che sta morendo. La prima parte del CD ha una funzione descrittiva, quasi a voler introdurre l'ascoltatore in un mondo catacombale coperto di caligine: qua e là insistono esplosioni soffocate, marasmi meccanici, plumbei echi dronici e ammassi di suoni contorti che fanno da sfondo alle solite voci disperate e ai respiri farraginosi ripetuti in serie. Tutto rimanda ad alcuni decani della scena death-industrial, dall'Atrax Morgue più ambientale alla grande scuola svedese, rappresentata soprattutto da Archon Satani e dal Brighter Death Now di "Necrose Evangelicum". Appare diversa solo la lunga "Requiem", pezzo rivisitato in memoria di Morgan The Bard, incentrato su di un motivo malinconico in evoluzione che sembra stagliarsi tra le nebbie dell'infinito. La seconda parte dell'album vede soluzioni diverse a partire dal brano "Dark Soliloquy", sorta di celebrazione esoterica con declamazioni iper-distorte incastonate sullo sfondo del nulla. Una serie di tonalità debitrici di certo cinema retrò prendono il via con "World Funeral", dove vengono incrociate basi lugubri da antro della bestia con litanie femminili e minimi accenni di carillon. Dopo la suddetta "Sarcophaga Carnaria", il cui nocciolo vocale viene estratto da qualche oscuro video, si succedono sonorità più filmiche e lineari: gli accumuli ferrosi lasciano il posto agli spazi asettici di "At The End Of Corridor" e quindi alle luci bianche di "Into The Ruins Pt. 1 & 2", due brani che sembrano spalancare le porte del decesso conducendo al trionfo della morte. Se la prima parte di "Chronicles" si mostra incisiva, ma anche ridondante vista la durata totale del disco, la seconda propone una serie di variazioni stilistiche significative che avvalorano l'intera opera. I limiti stanno essenzialmente in angoli da smussare e piccole imperfezioni tecniche: dall'artwork approssimativo a quel "Epilog" che sembra troncare piuttosto che chiudere il disco, per finire con un audio non sempre all'altezza (sebbene l'ascolto in cuffia ne migliori la resa). Ma la sostanza gioca il suo ruolo, e questo oscuro manipolatore elettronico non sfigura affatto accanto ai senatori del post-industrial più torbido; se ne accorse già Marco Corbelli quando produsse Krey, il progetto che anticipò l'arrivo di M.E.M., ma da allora sembra che nessuna etichetta si sia più fatta avanti. Peccato, perché "Chronicles" è la conferma di un altro interessante nome attivo sul suolo italico, l'ennesimo che attende le giuste attenzioni.
Michele Viali