13-08-2012
NEON RAIN
"...Of The Dead"
(Steelwork Maschine)
Time: CD 1 (57:33); CD 2 (61:06); CD 3 (54:35)
Rating : 6.5
Dopo quattro anni dall'uscita di "We Are Meat/The Vulture" (e a due dal CDr split con Earth Incubator "Animal Kingdom") il progetto del francese Serge Usson, qui affiancato da David Delwiche, consegna un nuovo imponente lavoro diviso in ben tre CD e dedicato alla trilogia di George A. Romero sul tema degli zombie. Se da una parte ogni dischetto fa riferimento ad uno specifico film, dall'altra c'è un rimando evidente a tre diversi stili dell'elettronica underground, fatto che trasforma "...Of The Dead" in un grande tributo a quella tradizione sonora ormai da anni distribuita e prodotta dalla Steelwork Maschine, label di proprietà dello stesso Serge. Il primo capitolo, intitolato "A Night", gode di tonalità noise-industriali che esplodono dopo l'intro di piano e organo di "They're Coming For You". Ci si basa principalmente su temi analogici circolari e insistenti e su ammassi rumoristici compattati e concretizzati; le voci vengono filtrate e probabilmente estratte dai film, abbondano i riverberi, le distorsioni e i tappeti abrasivi, in un tripudio di stridore metallico e ferroso. Le somiglianze più evidenti sono con i pezzi più mortuari dei Genocide Organ e con il primo Brighter Death Now. Nel complesso non ci si ferma alla ripetizione di un solo standard sonoro o alla reiterazione del medesimo meccanismo, ma si opta per varianti molteplici, saliscendi d'intensità, alternanza di tonalità limpide e ovattate, cercando di unire l'audio con le atmosfere e le situazioni delle pellicole. Il secondo CD, intitolato "A Dawn", mantiene le architetture industriali del precedente ma si attesta su motivi più ambientali e meno aggressivi, sviluppati tramite l'incrocio di soffici tappeti sintetici e masse aggrovigliate di rumore ("The People It Kills, Get Up And Kill!"). Iniziano a farsi sentire le prime tenui melodie dal taglio cupo ("We Must Stop The Killing... Or Lose The War"), le linee sonore sono continue ed accumuli noise defibrillati vengono posti in sottofondo ("They Must Be Destroy On Sight!"); rispetto alla ferocia distruttiva del primo disco, si ha un largo uso di drones capaci di rendere i brani più uniformi e monolitici. Lo stile rimanda al kraut anni '70, soprattutto in pezzi dove la matrice rumoristica tende ad annullarsi come in "The Mall", sorta di rievocazione kraftwerkiana, o in "Entertain! Now!", specie di fanfara elettronica che rimanda alle tonalità synth-orchestrali di Wendy Carlos. La chiusura del dischetto propone costruzioni più doom-oriented, con uso di chitarre elettriche che generano muri bianchi compatti di grande effetto in stile Sunn O))). Il conclusivo "A Day" è forse il più anomalo dei tre dischi: vi si tenta di unire il synth-pop analogico degli anni '80 con le derive minimal-industrial più recenti, sulla scia di nomi come Haus Arafna. L'analogico ha sempre un ruolo centrale, aumentano le melodie gelide, malinconiche e meccanizzate; le ritmiche diventano fondamentali, sempre fredde e cadenzate, in parte memori della lezione new wave. La combinazione di tali elementi porta a passaggi che riecheggiano i Depeche Mode più tetri ("More & More Everyday", "Here They Come"), o del primo Nine Inch Nails laddove le percussioni si fanno spezzate e l'andamento complessivo ha una resa più possente e vigorosa ("The Preys & The Hunters"). In assoluto si fa sentire parecchio l'assenza di una linea melodica vocale, necessaria in questo genere di brani per dare una spinta maggiore creando una piccola hit, magari spendibile nei dancefloor. Se il primo dischetto tende a perdersi nel marasma noise, proponendo passaggi interessanti ma fin troppo vicini ai numi tutelari del genere, il secondo CD riesce ad alternare registri diversi con grande facilità, citando periodi differenti dell'elettronica ambientale e sperimentale ed unendo il tutto con input moderni ai limiti del noise. Il disco conclusivo poteva essere quello più mainstream, ma si sa che creare melodie e giri sonori di facile presa è cosa tutt'altro che semplice, e infatti i brani tendono a rimanere orfani di un appeal immediato, solo appena sfiorato con ritmiche affabili e con qualche tono para-melodico. Nel complesso trionfano i suoni analogici del passato (com'è giusto che sia, se si vuole citare la trilogia Romeriana) e una grande passione per l'elettronica underground industriale, peculiarità che manca a tanti progetti che si avvicinano a queste sonorità senza conoscere chi le ha inventate. Come di norma la confezione è molto curata, con digisleeve apribile su 6 pannelli e carta laminata pesante. Per i patiti e gli appassionati è disponibile un CD bonus edito dalla sub-label Steelkraft Manufactory, intitolato "More Of The Dead" e contenente materiale in stile lo-fi e folk sempre ispirato alla trilogia di Romero. Il tutto è disponibile anche in una curiosa e limitatissima edizione in box di metallo, in cui trovano posto, oltre ai quattro CD, anche una maglietta e degli adesivi. Chi segue la scena avrà a disposizione quasi tre ore di buona musica, giostrata su frequenze stilistiche differenti. Tiratura limitata a 500 esemplari.
Michele Viali
http://www.steelwork-maschine.com/