17-07-2012
DESIDERII MARGINIS
"Procession"
(Cyclic Law)
Time: (51:45)
Rating : 6.5
Anche per Desiderii Marginis è giunto il tempo di cambiare aria: dopo essere nato e cresciuto sotto l'ala della connazionale Cold Meat Industry, lo scandinavo di Johan Levin si accasa presso la canadese Cyclic Law, che sta di fatto prendendo il sopravvento assicurandosi la produzione di alcuni tra i migliori act dark ambient in circolazione. Il ritorno del progetto svedese è all'insegna del passato: parte dei brani ricordano il Morthound più minimale e lineare, vengono superati gli echi marziali dei lavori d'esordio ed eliminati gli inserimenti di chitarra acustica che avevano positivamente sorpreso in album come "That Which Is Tragic And Timeless". Si sente forte il riferimento alla scena madre degli anni '90, sebbene i brani si collochino distanti da quell'oscurità massiccia, allora tanto in voga, per andare a far leva su atmosfere nebbiose e crepuscolari. L'apertura di "Come Ruin And Rapture" è quanto di più classico si possa immaginare, con stratificazione cupa di suoni e sirena antiaerea ripetuta in loop, ma alla prevedibilità fa seguito un pezzo maiuscolo come "Land Of Strangers", in cui i drones vengono uniti a motivi di tromba quasi jazzati, con la risultanza di una meravigliosa fusione elettro-acustica in cui primeggia la malinconia. Queste interessanti puntate fuori dal canonico territorio dark ambient sono purtroppo sporadiche e tornano solo nella conclusiva title-track, in cui è una lieve orchestrazione che ricorda scenari medievali a prendersi la scena, e in "Silent Messenger", dove un tema d'archi crea uno spesso alone funebre in perfetto movimento coi giri di synth. Altrove si ripete sempre la medesima formula, che vede una stratificazione compatta di toni e rumori cupi non invasivi su cui si ergono, nel migliore dei casi, melodie in crescendo incastonate in strutture da soundtrack, come in "In Brightness". Nei restanti pezzi spadroneggia un'oscurità manierata, costruita con quella sapienza tipica di chi conosce bene i meccanismi del genere in questione. Niente di sorprendente o innovativo, quindi, se non una corretta massificazione di suoni che si muovono lenti e pacati per creare un'atmosfera naturalistica e plumbea, che trova in "Adrift" il pezzo più industriale ma anche il meno riuscito, salvato unicamente da una litania che fornisce linfa vitale sul finale. Un lavoro non all'altezza dei precedenti, ma realizzato con la dovuta maestria, a tratti illuminata da una buona ispirazione. La bellezza di alcune tracce sopperisce all'inutilità di altre: chi ama l'ambient di marca svedese non rimarrà comunque deluso.
Michele Viali
http://www.desideriimarginis.net/