05-09-2011
DYNABYTE
"2KX"
(Worm Hole Death/Aural Music)
Time: (54:15)
Rating : 7.5
Nonostante nel vecchio continente, e principalmente in Germania, si cerchi da tempo di rinverdire i fasti dell'industrial metal di fine/inizio millennio (ricerca che nella maggior parte dei casi sta portando a scarsi e poco originali risultati), sembra giungere dalla nostra terra italica un prodotto in grado di farci riconciliare con un genere che ne ha ormai viste di tutti i colori, tra sperimentazioni eccentriche, violente estremizzazioni e disparati ibridi vari. Dynabyte, trio più o meno conosciuto nell'ambiente per progetti paralleli come Cadaveria e Necrodeath, giunge alla seconda prova sulla lunga distanza dopo sei lunghi anni, ma occorre ricordare che il disco in questione, "2KX", è uscito ufficialmente il 10 ottobre 2010 come autoproduzione. Come si può intuire dal nome (scritto DyNAbyte, una sorta di connubio tra le parole Dynamite, Byte e DNA), la proposta dei Nostri si forgia di una perfetta sintesi tra l'esplosività e la potenza del metal più estremo, con l'aggiunta di elementi elettronici di rara freddezza e magnetismo che si insinuano sotto la pelle di ogni brano, costruendone l'ossatura e la personalità. Sollevati dal fatto che non si tratta dei soliti emuli dei Rammstein, i Dynabyte mostrano delle doti al di fuori del comune: spiccano per le schizofreniche alterazioni timbriche della voce di Cadaveria, ora pulita, ora volutamente liquida e dissonante, ora abrasiva e lacerante in growl; aggiungono un tocco vintage negli intermezzi della chitarra di LJ Dusk, che talvolta, quando si riposa dalle serrate e potenti ritmiche che fungono da motore dei brani, si apre a soluzioni in tipico stile hard rock, elemento che ad un primo ascolto appare forzatamente fuori luogo, ma proprio per questo efficace ed affascinante nell'avveniristico accostamento; sfornano infine loop sintetici che creano alienanti atmosfere che non incanalano i brani in un sottogenere preciso, ma conferiscono ad essi un'algida e personale aura cibernetica. L'ensemble che ne scaturisce assume le sembianze di una malata ossessione che sfiora la combattività dei Fear Factory, l'inquietudine dei Voivod e la fragilità onirica dei Babylon Zoo. Brani come "F.T.L." e "Artmix" sfoggiano refrain dall'insano gusto pop che sanno deliziare i palati di chi simpatizza solo trasversalmente per le sonorità industrial; "Speed" è dissestante nella sua imprevedibilità caratterizzata da riff acidi e dissonanti, mentre "I'm Not Scared" coinvolge per un ritornello sognante e lisergico, ancora una volta in contrasto con l'impatto violento delle strofe. In sostanza un album buono sia dal punto di vista compositivo che da quello della produzione, e che non mostra evidenti riferimenti, cosa assai rara di questi tempi. Non ci resta che sperare che l'industriale Mitteleuropa prenda lezioni da questa eccitante creatura e le dedichi il meritato spazio.
Silvio Oreste
http://www.myspace.com/wormholedeath