23-11-2010
OLEN'K
"7.1"
(Autoproduzione)
Time: CD 1 (48:46) CD 2 (45:45)
Rating : 8.5
Già tre anni e mezzo fa, in occasione dell'uscita del secondo album "The Floating World", i francesi Olen'k avevano scelto la strada dell'autoproduzione, dopo un primo full-length ("Silently Noisy", che seguiva l'EP d'esordio del 2002 "Half Asleep", anch'esso realizzato in proprio) curato da una Cold Meat Industry solitamente dedita a ben altre sonorità. Forse la label svedese non era la più adatta alle loro necessità, o più probabilmente la voglia di avere il pieno controllo sulla propria arte - soprattutto dal punto di vista remunerativo - ha avuto la meglio, e tale scelta permane anche per quanto concerne la nuova fatica, edita in un sontuoso doppio digipak nero. Orfano di Patrice Debet, il duo di Limoges porta al livello successivo la propria evoluzione, dopo un esordio tra etno-wave e (dark)folk ed un secondo capitolo dove l'elettronica ha lasciato una forte impronta: il nuovo lavoro, che consta di quattordici canzoni (più due ghost-tracks) equamente divise sui due dischetti (intitolati rispettivamente "Asylum" e "Zephyrus"), evidenzia infatti una coesione ed una maturità encomiabili da parte di artisti che sanno dipingere quadri sonori di immane fascino usando tutte le sfumature del nero e del grigio. Ritmi pacati ed avvolgenti, melodie suadenti, atmosfere soffuse magicamente oscure e la voce di Elise, grande ed appassionata interprete, capace di variazioni ammirevoli: questi gli ingredienti di un suono che sfugge alle facili definizioni e che seduce in ogni suo frammento. Un lavoro ottimamente prodotto da assaporare più e più volte, onde scoprirne tutti i risvolti e la sua enorme raffinatezza a livello di scrittura ed arrangiamenti, sempre su livelli di assoluta eccellenza: dalla più solida e carismatica "Exile" (per la quale è stato girato un buon videoclip in bianco e nero, visibile sui siti ufficiali del duo) alla grigia, paranoica e a tratti apocalittica "Abyss", passando per una sottile ma pulsante "Frontier" o una più sofferta "Encore", sino ai picchi raggiunti con la stupenda "Real Mess" e coi dieci minuti della dolce e soffusa "Part Of This", ogni frangente dell'opera saprà coinvolgervi ed emozionarvi come solo gli artisti più sensibili ed onesti sanno fare. Assolutamente consigliato.
Roberto Alessandro Filippozzi