29-03-2010
GEMITI
"Follia"
(Autoproduzione)
Time: (54:28)
Rating : 5.5
I Gemiti nascono nel 2003 come un duo votato a sonorità industrial/dark e, dopo numerosi cambi di formazione, inserendo strumenti tradizionali quali chitarra e batteria, raggiungono la stabilità con una line-up formata da quattro elementi. L'album "Follia", datato 2009, è il naturale conseguimento del lavoro svolto durante questi anni, iniziato con due EP ("Eros" e "In Trance") e proseguito con alcune collaborazioni ai film di Italo Zeus. Le influenze dichiarate dal quartetto di Capo D'Orlando spaziano tra Nine Inch Nails, Rammstein e Marylin Manson, passando per Cure e Depeche Mode, ma aggiungerei i Bluvertigo (nonché Subsonica e Ritmo Tribale più sullo sfondo) per il modo di accostare le liriche madrelingua a una musica non immediata e per una timbrica alquanto lamentosa e trascinata, spesso armonizzata in pieno stile Morgan. Liriche che affrontano il tema della malattia mentale in ogni sua accezione: dalla difficoltà dei rapporti interpersonali a quella di adattarsi alle convenzioni che ne conseguono, all'istintività sessuale repressa ("Il Momento Del Silenzio" e "Per Non Morire"), la paranoia ("Un'Altra Pelle"), la scissione dalla realtà ("Nuove Distorte Sensazioni" e "In Trance"); un cammino che sfocia nella violenza verso sé stessi e verso gli altri e che può essere controllata solo attraverso l'arte ("Teorie Disconnesse", "Quella Luce", "L'Assenza"). Tema assolutamente complesso, ma, come specificano i Nostri, senza alcun intento didascalico e moralizzatore. Purtroppo le velleità artistiche del testo in italiano si vanno spesso a scontrare con la musicalità dell'insieme e si ha la sensazione che alcuni versi siano un po' forzati, quindi non perfettamente adattati alla musica. Inoltre, come accennato sopra, il cantato di David appare eccessivamente sospirato e implorante, generando un fastidioso ascolto già dopo alcuni brani; si sarebbe potuto adattare questo stile vocale, alternandolo, come nella miglior lezione NIN, a urla sconnesse e viscerali o a parti baritonali più prettamente dark, in modo da garantire sensazioni più eterogenee durante l'ascolto di quello che è comunque un lungo dischetto (14 brani). La parte musicale denota comunque un buon livello tecnico e compositivo: ai riff taglienti di chitarra si sovrappongono ritmi alternati tra l'industrial metal anni '90 e un levare più danzereccio sullo stile dei Subsonica. I synth la fanno da padrone nella maggior parte delle composizioni, anche se spesso fanno un uso smodato di ruvidi campioni. Si distinguono il riff iniziale di "Nuove Distorte Sensazioni"e il coinvolgente refrain di "Un'Altra Pelle", che cattura l'attenzione grazie a un riuscito cambio di tonalità. Se "In Trance" appare invece come un tributo ai Bluvertigo nella strofa e a Marylin Manson nel ritornello, il fantasma di Trent Reznor aleggia ancora nel maestoso finale di "Modus Operandi" e nelle tracce conclusive di un album che forse solo con particolari accorgimenti alla voce avrebbe potuto dire qualcosa di più. Difficile dire in quale possibile mercato si possono collocare i Gemiti: non abbastanza pop da rientrare nel ristretto giro italiano, né abbastanza di nicchia per essere adulati da esigui ma fedeli gruppi di fans. Infine, ma non meno importante, non troppo originali per suscitare interesse in un mercato che ha continuo bisogno di sonorità ancora inespresse laddove non ci sia una perfetta omologazione a una scena costruita a tavolino (vedi movimento emo o simile robaccia per ragazzini). Da segnalare infine, per una band che si autoproduce e autofinanzia, l'ottima fattura dell'artwork.
Silvio Oreste