15-02-2010
EVEN MORE VAST
"Would You Believe?"
(Pandaimonium/Audioglobe)
Time: (51:27)
Rating : 6.5
Se recensire un album fosse semplicemente ascoltare per una manciata di volte (e vi assicuro che nel mio caso è il minimo sindacabile) una serie di canzoni e poi darne un giudizio affrettato e semplicistico, costruendo mirabolanti artifizi pseudo-letterari per mostrare la propria raffinata scrittura e limitandosi ad alcuni inevitabili paragoni per guidare il lettore su sentieri meno impervi (come del resto molte altre testate si limitano a fare...), sarebbe tutto molto semplice e io starei qui a parlarvi dell'ennesimo capolavoro di un sottobosco florido e di ottima qualità nel panorama new wave italiano. Partendo dal presupposto che comunque ogni giudizio è sostanzialmente soggettivo, risulta inevitabile prendere a paragone gli album capostipiti del genere e interrogarsi se per lo meno il lavoro in questione si avvicini minimamente alle sensazioni che avevamo provato con essi, se la perizia tecnica e la produzione e, soprattutto, la qualità delle composizioni sia di alto livello o si scontri con il troppo spesso 'già sentito'. Senza per questo avere la pretesa di conoscere a menadito l'intero panorama nostrano, né di autocommiserarsi all'ormai consueta abitudine che tutto ciò che arriva da fuori sia di qualità migliore, continuo semplicemente a stupirmi di come si elogino dischi appena sufficienti o discreti. Forse per conflitto d'interessi, visto che molte testate giornalistiche scendono in campo anche nell'organizzazione degli eventi e nella promozione. Forse perché hanno un disperato bisogno di credere nel prodotto nostrano. Forse, ma vorrei non crederlo, perché qualcuno da dietro spinge affinché le recensioni siano fatte in un certo modo... Tutto questo discorso introduttivo è solamente in parte correlato al nuovo disco degli Even More Vast, ma vuole principalmente sottolineare come spesso vengano fatte recensioni positive solo per avere il consenso del gruppo o per la paura di esprimere onestamente le proprie emozioni. Sospinto da elogi e lodi su gran parte del web (analogamente a quanto accaduto con i Cadabra), e ammaliato da una distribuzione che comprende Canada, Stati Uniti e Messico, continuo ad ascoltare e riascoltare questo "Would You Believe?", nella speranza di convincermi che sia un ottimo disco. Purtroppo rimango dell'idea che definirlo con un aggettivo superiore a 'buono' sarebbe eccessivo. Cercando di sviscerarlo nel suo intimo, possiamo dire che l'attuale darkwave del trio aostano (che nel frattempo aggiunge il 'More' al precedente nome Even Vast) risulta notevolmente ammorbidita rispetto agli esordi, sembra talvolta ricercare situazioni più intime e delicate, accostandosi in parte a una sorta di dream-pop arioso di ampie vedute. "About You" è un'opener di tutto rispetto dove chitarre e tastiere si intrecciano in trame intriganti e la successiva "Pure" conferma l'idea di una new wave soffice e disincantata, pulita e genuina, per l'occasione coadiuvata dal violino di Gianfranco Degani. "Misbecoming" è uno degli spunti migliori, basata su una struttura più elaborata che a volte ricorda gli ultimi The Gathering. La successiva "Inly", episodio semiacustico, riporta tuttavia alla luce quelli che, dopo cinque tracce, appaiono i difetti di "Would You Believe?": basso poco presente e pulsante, drumming troppo semplicistico e ripetitivo e chitarra monocorde troppo legata al modello 'plettrata continua' tipico di Cure e Joy Division e dell'odierna no-wave. Da sottolineare invece il lavoro di Antonietta Scilipoti, suggestiva nelle trame vocali (che nei tratti più aggressivi possono ricordare gli Inkubus Sukkubus) e nei synth che sostengono le composizioni per la quasi totalità, dal momento che chitarra e basso non riescono a incidere. "Limelight" è un altro episodio ben riuscito. Il resto del disco si trascina avanti stancamente fino all'ultima traccia, il remix della succitata "Inly", francamente evitabile: conferma quanto sia fastidiosa questa ormai radicata abitudine di rifare versioni dance di alcuni pezzi, con il solo scopo di poter accedere ai dancefloor. Sembra di essere tornati alla fine degli anni Ottanta quando i gruppi heavy metal, per godere di maggior visibilità, sciorinavano ballad a ripetizione...C'è poi spazio per la cover di "Love Will Tear Us Apart" dei Joy Division, in una versione ai margini del gothic metal, tanto incalzante e trascinante nella parte iniziale quanto flebile e strascicata (e non ce ne voglia la brava Antonella) non appena inizia la strofa. L'assenza del timbro baritonale di Ian Curtis è come l'assenza dell'alcool nella birra... Detto questo, siamo sicuri che la Pandaimonium in Europa e la Reinassance oltreoceano riusciranno a pubblicizzare al meglio una realtà nostrana che comunque gode di ottima visibilità e continua da anni a esibirsi all'estero.
Silvio Oreste