20-10-2009
.WE.GOT.THIS.FAR
"Blunt Force Volume"
(Autoproduzione)
Time: (49:24)
Rating : 7.5
Dopo un singolo in formato 12" nel 2008 a titolo "Bludgeon", il duo di San Francisco composto da Oliver Marsh e Jason Ames-Silva prosegue il suo cammino realizzando in proprio il full-lenght di debutto "Blunt Force Volume": uno scommettere su sé stessi (peraltro fregiandosi di una pregevole confezione digipak) che ha portato alla prestigiosa inclusione nel recente ottavo volume della celebre compilation "Septic" e che è quasi subito valso ai Nostri un meritatissimo deal con Spiralchords/COP International. Il sound del duo californiano si muove agilmente nei confini (labili) di un eclettico electro-industrial-rock ruvido e distorto, tra chitarre graffianti e vocals piacevolmente estrose, e lo fa con una forte dose di carisma, andandosi a posizionare fra Nine Inch Nails, Roughhausen e Dismantled. La macchinosa intro "Breath Before The Plunge" cede presto il passo a "Like Dying", emblematica nella sua struttura a base di elettriche esplosioni muscolari e di un refrain ovviamente solido; il duo ama però mescolare le carte, costruendo architetture più ricercate della media del genere grazie ad un'abile mistura di chitarre più 'clean' e synth ben congegnati: solo con questa cura negli arrangiamenti è stato possibile creare, ad esempio, un brano dal groove 'sexy' come ".sedona" (scelto per il sampler di cui sopra, fra l'altro). Il punto di forza del duo è individuabile in una sicurezza dei propri mezzi che manca anche a nomi ben più longevi (il progetto in esame nasce solo nel 2006, ricordiamolo): in tal senso parlano chiaro momenti quali "Mistep" o ".endgame", non esenti da piacevoli beat danceable, e non sono da meno la più pesante ed acida "Bludgeon" o la sofferta e dura "Anywhere But Here". Ma il top è dietro l'angolo: ".so.this.is.doom" è il momento più intenso e drammatico del dischetto, e la sua struttura multiforme testimonia come i Nostri posseggano quel qualcosa in più necessario a confezionare un brano che non è esattamente alla portata di chiunque. Chiude bene "Someone Somewhere", guarda caso remixata dalle abili mani di Gary Zon, ovvero Dismantled. In una scena soffocata dalla pesantezza (in tutti i sensi, purtroppo) dei molti cloni dei Rammstein, fa piacere scoprire un act in grado di recuperare la benevola irruenza del rock e di traslarla in un contesto moderno, intrigante e foriero di buoni spunti, per un risultato maturo e sufficientemente personale.
Roberto Alessandro Filippozzi
http://www.myspace.com/wegotthisfar