20-10-2009
DARKOUSTIX
"Fatal Underworld Crazy Kink"
(Autoproduzione)
Time: (54:36)
Rating : 6.5
Separatosi dalla metal band svizzera Trom, Fabrice (il nostro Darkoustix) si rimbocca le maniche per dare il via ad una nuova vita artistica, inquadrandola con quelle che sono le sue visioni. Innanzitutto cupe ed asfissianti, oppressioni che nascono nel quotidiano e prendono nuove forme verso gli spazi chiusi dell'Io, del cuore, ma anche dell'ambiente che lo circonda. Spesso la Svizzera contrappone l'immagine da piccolo idillio con quest'antitesi oppressa: le immagini di Giger sono simboliche nel rappresentare ciò che si cela tra valli soleggiate, ma anche anguste... un po' la parafrasi dell'esistenza umana. Questi territori Darkoustix li esplora senza risparmio, e nella sua opera prima imprime al sound la propria eredità metal, forzando il colore oscuro dei suoni verso un doom-goth che risponde in pieno a quel piccolo universo di confine tra Fields Of The Nephilim (o meglio ancora gli NFD nati da una loro costola), Killing Joke o Love Like Blood nelle loro depressioni musicali. Musica che ha sempre attirato un pubblico vasto, proveniente da fazioni tipicamente dark o metal: le tredici tracce del Nostro sono un ottimo connubio tra i due stili, mantenendo una rigorosa linea che a volte risulta troppo integra. Su questo Fabrice dovrà lavorare alquanto per conquistare consensi. Ottimo polistrumentista, sebbene ciò possa rappresentare il suo limite: nonostante le indubbie capacità strumentali, viene a mancare il confronto/scontro fra più menti pensanti ed ispirate, che potrebbero contribuire all'arricchimento del suono. Darkoustix per cercare le proprie affinità ha tutto il tempo che gli occorre: "Fatal Underworld Crazy Kink" rappresenta il suo attuale biglietto da visita, efficace a partire dalla masterizzazione come anche nella cura del libretto, in cui trovano spazio tutte le song dell'album. Il tema dominante è tastieristico/organistico, dove giri di basso e riff di chitarra creano il contrasto etereo/sotterraneo così caro a tante tematiche underground. Subito in "Bang Bang Bang" ed in seguito in "Open The Door" la sensazione di goth-rock sul filo estremo è possente: la voce cavernosa ha il sapore di una resurrezione forzata e condizionata da sospensioni da condurre a termine, quasi monotona per dare l'idea di una creatura poco umana, ma con ancora la luce lontana di sentimenti sfumati. Ancor più cupa "In The Name", traccia finale che non lascia nemmeno una tenue apertura di speranza all'ascoltatore: le caverne della voce, degli strumenti, sono ancora più profonde, antri dove la luce non può e non deve giungere. In questa traccia la musica di Darkoustix sposta il proprio baricentro verso la Galás di "Vena Cava", e proprio per la grande suggestione di questo brano sarebbe interessante trovare futuri sviluppi in tal senso. Tra i solchi a volte il suono si ripete senza innovarsi: se una miglioria immediata è d'obbligo, questa va vista nella sezione percussiva troppo statica, o ancora nella ricerca di diverse soluzioni della tastiera, per variare maggiormente la verve di Fabrice. Darkoustix è l'ennesimo nome che ci è dato seguire fin dal debutto, e vogliamo rivedere questo artista elvetico anche in futuro, nella speranza che egli intenda eliminare quella polvere metal figlia di stereotipi del genere (sia black, sia doom) per dare lustro alla propria musica: i contrasti, si sa, attraggono.
Nicola Tenani
http://www.myspace.com/darkoustix